"A casa non s'arriva mai, ma dove confluiscono vie amiche, il mondo per un istante sembra casa nostra" (H.Hesse)

martedì 6 novembre 2012

Il regale banchetto (Parte I) – Maltagliati al ragù bianco di cinghiale


“Organizziamo una cena da voi: porto il cinghiale e TU ce lo cucini!”
L’amico di mio fratello (quello delle fettine panate) è, tra le altre cose, un cacciatore provetto oltre che un gran buongustaio nonché…un inguaribile ottimista.
A vedere la prospettiva un po’ meno positivamente era la sottoscritta, chiamata a comporre quella cena che solo a sentirne il protagonista principale mi si drizzavano (gli ormai corti) capelli in testa.
Cinghiale? Appena cacciato? ….E come se fa?!
Ma soprattutto: perché proprio io?!
Finora ne aveva portato (in quantità) a casa dei miei, dove tutti contenti eravamo andati a gustarlo, in grandi tavolate, solo a cose fatte, quando cioè era bello pronto e e servito in tavola.
Occhio non vede cuore non duole e il pranzo era buonissimo.
Aggirando, naturalmente, tutto l’ostacolo (e anche un po' il ribrezzo, diciamocelo) della sua preparazione.
Poi, come spesso accade, mentre ancora stai lì a interrogarti sul perché e sul percome, ti ritrovi parallelamente invischiato fino al collo e catapultato direttamente sulla linea di partenza di una certa faccenda molto spinosa.
Come appunto cucinare un cinghiale, ma prima ancora trattarlo a dovere.
(“Non ti preoccupare, già sta in freezer a “snervare”, mia madre lo ha tagliato e pretrattato poi ti do tutte le indicazioni”).
E mi viene in mente la mia amica Toscana, il cui consorte, da Lucca si spinge a Grosseto e poi giù fino da noi, ai confini con il Lazio a caccia di cinghiali; e che lei tiene opportunamente lontano da casa fino a che non ha completato l’opera di pulitura del bottino di caccia, di sé stesso e soprattutto dei panni indossati per compiere tutte queste operazioni.
Ma cuore di mamma evidentemente corre in aiuto.
Io invece ho voglia di sottrarmi, in fondo basta poco: "no grazie, tiettelo".
Ma poi mi viene in mente anche la mia amica marchigiana la cui nonna, fin da piccola, le ha insegnato ad allevare conigli e buttarli in pentola quando è ora, con poche parole e una logica assolutamente stringente: “Fija mia, te lo magni te? E allora lo devi pure sapè trattà!”.
Motivo tutto sommato estremamente valido per decidere una volta per tutte di convertirsi al vegetarianismo.
Oppure ad affrontare le cose guardandole dritte negli occhi, magari per scegliere  (innanzitutto) e per farlo con un pizzico di consapevolezza in più.
Perché a me il cinghiale effettivamente piace tanto. Certo non lo mangio tutti i giorni, ma se capita non mi tiro indietro. Così come il salame, la mortadella, le salsiccette, il prosciutto, il lardo di colonnata, la lonza, le coppiette e perfino la coppa.
Ma certo l’ho sempre mangiato bell’e pronto. In comodi sughi sparsi generosamente su pappardelle appena tirate. O in grossi e succulenti pezzi immersi in paradisiaci sughetti pieni di aromi.
Senza pensare proprio mai di mettermi lì a maneggiarlo e cucinarlo.
Semplicemente chiudendo gli occhi e oplà: trovandomelo comodamente bello che pronto.
E quindi a conti fatti, dando, desolatamente, tutto per scontato, esattamente come dice la nonna marchigiana.
Fissiamo l’appuntamento il primo giorno utile di quel lungo ponte appena trascorso, che di meglio non mi poteva venire in mente di fare.
Ma è Halloween e una cena degli orrori, in fondo, ci sta tutta.
Allora ti porto tutto martedì sera!
Fortuna ha voluto che quel giorno il mio treno fosse (per una volta benedetto) gravemente in ritardo e che ad accogliere le due bestiole (quella viva e quella accoppata) si trovasse solo l’amato bene al quale avevo dato precise istruzioni sul come e dove mettere la seconda, dopo aver liberato spazio nel piccolo freezer ed essermi preventivamente raccomandata di recapitarmene una quantità umanamente gestibile, che un cinghiale intero non avrei proprio saputo dove riporlo né quando consumarlo.
E confesso che all’arrivo non ho avuto il coraggio di aprire subito: transitavo lì davanti facendo la vaga e felice di non avere niente, al momento, da riporre in freezer.
Con calma e circospezione ho affrontato la cosa solo la sera seguente, quando era necessario passare la carne dal congelatore al frigo e dedicarmi alla lettura e alla traduzione di confusi appunti scarabocchiati su un foglietto volante: la ricetta!
ma non doveva scriverla per bene e lasciartela insieme al bottino di caccia?
Sì ma dice che non ha avuto tempo così mi ha dato le indicazioni a voce. Ma io ho scritto tutto, eh?!!”.
Peccato che il tutto non comprendesse la fase della marinatura, quella della pulitura, quella della preparazione vera e propria e che, sempre il Tutto, consistesse semplicemente in quattro punti compresi fra:  “scongelarlo la sera prima” e “cuocerlo finché la carne non diventa tenera”, passando per le due, forse un tantino meno lapalissiane, prescrizioni di “ sciacquarlo bene sotto l’acqua corrente”, “togliere tutto il grasso e tagliarlo a pezzi prima di metterlo a marinare nel vino BIANCO”.
Poi, quante ore dovesse starci ammollo, quali erbe e aromi e odori dovessi aggiungerci, come dovessi cuocerlo…non erano questioni per lui meritevoli di approfondimento.
Ma un’indicazione anche un po’ sorprendente me l’aveva data: il vino doveva essere bianco e io, che a occhi chiusi avrei scommesso su una bottiglia di rosso corposo, sono rimasta di stucco, decidendo subito di accordare una totale fiducia.
Così, partendo da quell’unico punto fermo come una zatterina in mezzo a un mare in tempesta, mi sono messa a studiare e a reperire informazioni in internet e sui miei libri di cucina (in verità un po’ carenti di informazioni “tecniche”. Della serie: ricette tante ma dettagli su tutte le operazioni preliminari praticamente nulle. Oppure molto discordanti).
Ancorandomi con le unghie e con i denti a quell’unica indicazione anche laddove leggevo (e accadeva nove volte su dieci) che il vino ci andava rosso.
Ma era l’unica informazione di un certo rilievo fornitami, non poteva essere pure sbagliata!
Su tutto il resto ho preso un po’ qui un po’ lì, traendo conclusioni personali e confezionando una ricetta sulla base dei nostri gusti, pasta compresa.
Non lunga ma corta.
Non pappardelle ma maltagliati, grossi “stracci” di pasta ruvida e porosa.
Spessa e corposa.
E la resa dei conti è stata una giornata intera passata in cucina (perché sì, il tempo ci vuole), la preziosa collaborazione dell’amato bene che ha provveduto a mettere a bagno la carne, sgrassarla, tagliarla, mettere da parte il pezzo più grosso per ricavarne un trito per la pasta.
Ma soprattutto, il personalissimo e rilevante risultato finale è stato quello di aver imparato ad apprezzare il cinghiale ancora di più, con una consapevolezza maggiore da “esperienza sul campo”, che mai mi sarei immaginata di gustarmelo pure, una volta affrontata di petto tutta la questione.
Per finire poi con gli apprezzamenti esterni, il più lampante dei quali sono stati i 3 piatti divorati dal fornitore del bottino, che in realtà ha accompagnato la pantagruelica abbuffata con una considerazione serafica ma molto appagante:
se te lo porto altre 2 volte finisce che lo fai mejo de mi madre”.
Ho gongolato, certo, scorgendo il mio ego svolazzare fra vette altissime.
Ma a fronte di tutto il lavoraccio pregresso credo di poter sopportare tranquillamente anche un ragguardevolissimo secondo posto….

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Sia per il ragù sia per il secondo piatto (di cui parleremo prossimamente) sono partita da un brodo vegetale così composto: una pila di acqua fredda con dentro

1 carota grande
1 bella costa di sedano
1 cipolla tagliata a metà
1 patata
1 pomodoro inciso a croce sulla sommità
Un ciuffo di prezzemolo
1 cucchiaio di sale grosso

Che servirà ad allungare il ragù per mantenerlo morbido durante la cottura e per cuocervi la pasta una volta tolti tutti gli odori.

Preparazione
- La sera prima di cucinarlo ho passato il cinghiale dal congelatore al frigorifero e la mattina successiva 
l’ho messo a bagno nel lavandino pieno d’acqua per togliergli residui di ghiaccio e sciacquarlo bene.
- L’ho scolato e sistemato su un tagliere abbastanza grande
- Ho tolto via quindi tutto il grasso (era il pezzo del costato quindi pieno di grasso da lasciare invece qualora si intendesse cuocerlo sulla brace: in quel caso sarà necessario per mantenere la carne morbida e comunque scolerà via durante la cottura. E a quel punto c’è chi provvede a mettere sotto un pezzo di pane abbrustolito per ricavarci una bruschetta con i fiocchi ma questa è un’altra storia…).
- L’ho tagliato in grossi pezzi e messo a marinare per 4 ore in una ciotola molto capiente con:

una bottiglia di vino bianco
1 bel ramo di rosmarino
1 cipolla
1 spicchio d’aglio
Una decina di bacche di ginepro leggermente pestate
Due foglie d’alloro spezzate a metà

Trascorso questo tempo ho preso la parte più polposa del pezzo, buttando via tutto il liquido della marinata (che serve a togliere l’odore forte di selvatico) e usando vino nuovo per la cottura, e l’ho tritata al coltello per ricavarne la polpa sufficiente a farne un ragù

Ingredienti (per 5-6)
500 gr di maltagliati
250-300 gr di polpa di cinghiale tritata
1 costa di sedano
1 carota
1 cipolla piccola
2 foglie di alloro
½ bicchiere di vino bianco
2 cucchiai di doppio concentrato di pomodoro
Brodo vegetale
Olio extravergine d’oliva
Sale
Pepe

Procedimento
Con l’aiuto della mezzaluna fare un trito fine di carota cipolla e sedano,
 quindi metterlo a soffriggere dolcemente in mezzo bicchiere d’olio insieme anche alle foglie d’alloro spezzate a metà. Quando l’olio sarà caldo, e prima che tutto prenda colore, unire la carne e farla rosolare bene sempre a fuoco moderato. Sfumare con il vino e alzare per qualche secondo la fiamma per farlo evaporare, quindi aggiustare di sale e pepe, unire i due cucchiai di concentrato di pomodoro sciolti in altrettanti bicchieri di brodo
 e cuocere semicoperto per circa un’ora, allungando con il brodo, se serve, badando bene che il composto non asciughi mai troppo e anzi resti morbido e “sugoso” per condirci la pasta, considerando che è all’uovo.
Una volta pronto togliere le verdure dal brodo con l’aiuto di una schiumarola e cuocervi direttamente la pasta secondo i tempi di cottura riportati sulla confezione. Scolarla bene e condirla con il ragù di cinghiale evitando di ripassare tutto in padella perché asciugherebbe troppo.
Finire con un giro d’olio e servire subito accompagnata da parmigiano o (molto meglio) pecorino.

16 commenti:

  1. Ciao Luna! :) E' stato un lavoraccio, immagino... ma la soddisfazione è stata grande, complimenti! Sei stata bravissima, mi sa che io non ce l'avrei fatta! :D Questo piatto di maltagliati è di un invitanteeeee.... che fame! :) Un abbraccio, buona giornata!

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    1. Grazie Vale cara, pure io pensavo che non ce l'avrei mai fatta poi in realtà è stato più semplice di quel che pensavo (ma il lavoro "sporco" l'ho fatto fare all'omo de casa!!! ;-)
      bacioni, buon fine settimana

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  2. O_O... no comment!!a parte la pazienza per scrivere questo post.. ma per la bravura.. si..si.. bravura nel cucinare sto ragù! Porca vacca che tocco de pezzo di cinghiale che ti sei ritravata in casa!! Io non avrei saputo proprio dove mettere mano! Te la sei cavata benissimo.. un duro lavoro che ha ripagato! Troppo buona la carne di cinghiale.. ragù.. salsiccette!!! ahahaahha che fame Lunaaaaaaaa... baci e buona giornata :-)

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    1. Beh, sulla lunghezza del post meglio soprassedere che quanto a stringatezza sai bene che non è il mio forte!!!! E qui, che ci volevano tante parole per spiegare capirai...sono andata a nozze...nun me pareva vero!!!
      Quanto invece al tocco di cinghiale tu pensa che ho pregato e scongiurato che me ne portasse poco e ho tirato un sospiro di sollievo quando l'ho visto perchè tu non hai idea dei pezzi di brontosauro che di solito porta ai miei!!
      Grazie tante Cla, ti mando baci!

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  3. Ho scoperto da poco che adoro il conghiale, quindi immagino che questo piatto sarà buonissimo!

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    1. Allora siamo in due! Piace tanto anche a me, certo te lo gusti di più se lo trovi bello e pronto, ma cucinarlo regala grande soddisfazione!
      Grazie! Buon fine settimana

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  4. Luna - Cinghiale 1-0. Io avrei subito telefonato a mio cognato che ha una trattoria e cucina regolarmente il cinghiale, ma senza indicazione precise mi sarei arresa. Sei stata bravissima. Buona giornata.

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    1. Mannaggia Annarì: a saperlo avrei telefonoto pure io a tuo cognato per farmi dare istruzioni!!! Beh, chi meglio di lui che lo cucina regolarmente.
      ecco io invece non sapevo proprio a chi rivolgermi, soprattutto per le informazioni pratiche circa il "pretrattamento".
      Grazie dei complimenti!! baci grandi, buon fine settimana!

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  5. Ma l'avete pure fotografata la bestia?!?!? Siete fantastici!!!
    Tu come sempre coraggiosa a lanciarti. Questa del cinghiale potrebbe essere paragonata all'esame di laurea....superato egregiamente!!!! Anche perché tesora il sugo di cinghiale è proprio buono. Sono sicura che ne sarà valsa la pena!!!!
    Un kiss e buona giornata.

    p.s. la prox volta una crostata tutta per te ;-)

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    1. Fede mia madre mi ha detto la stessa cosa: "pure la carne ammollo nel lavandino hai fotografato?!"
      Sì mi pareva talmente strana sta cosa che la dovevo per forza immortalare!! E soprattutto non capita tutti i giorni di avere un quarto di cinghialozzo nel freezer!
      Senti, se non proprio la crostata che magari è più impegnativa, anche una teglia di muffins vanno bene, eh?! tipo gli ultimi che hai fatto, con il cioccolato per esempio....
      Grazie dei complimenti cara panzetta bella, tanti bacioni e buon fine settimana!!!!!

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  6. quanto lavoro ma il risultato finale appaga tutta la fatica...gran bel piatto,allungo la manina?:D

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  7. che bontà ragazza, quando mi inviti a cena?!!? Un abbraccio SILVIA

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    1. Quando vuoi silvietta, ma solo se mi porti una fetta di quella meravigliosa crostata di visciole!!
      Baciotti, buon fine settimana

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  8. Sono passata nell'orario sbagliato: m'è venuta una tale fame che non arriverò mai alla pausa pranzo!

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    1. Allora ci vuole uno spuntino! Ci smezziamo una fettona di sacher?!
      baci, buon fine settimana!!

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