"A casa non s'arriva mai, ma dove confluiscono vie amiche, il mondo per un istante sembra casa nostra" (H.Hesse)

mercoledì 6 novembre 2013

Dall'Abc, con tutto il cuore, semplicemente - Ricciola al cartoccio



Invitare a cena Gabriele significa dare sfogo a tutte le più riposte perversioni in tema gastronomico.
Abbattere ogni più tenace tabù culinario.
Sconfinare verso lidi di indicibile peccaminosità.
E mentre per tutti i giorni della settimana, compresi quelli prima e dopo le feste comandate, si sta attenti a bilanciare i nutrimenti, soppesare le calorie, bandire i grassi, soffocare sul nascere ogni velleità cibaria che sconfini nell' anche-solo-vagamente-poco-sano, quando c’è lui ogni regola viene abbattuta.
Cadono le difese.
Si rompono gli indugi.
Sprofondano gli argini.
Così, in un crescendo di grassi esclusivamente saturi e contenuti ricercatamente ipercolesterolemizzanti, s’è partiti timidamente col furbissimo pollo semifritto dell’Arabafelice (spacciato indebitamente per fettina panata proprio a lui che della materia è un fine purista - ma ha apprezzato-), transitando, poco più audacemente per un quarto di cinghiale da lui medesimo fornito, fino ad arrivare alle vette di una leggerissima, quasi evanescente amatriciana old style condita solo di puro e autentico grasso di guanciale come gusto e tradizione comandano.
E io, fanatica della mia cucina senza grassi-senza burro-senza niente, fautrice dell’utilizzo esclusivo dell’olio extravergine d’oliva e nemica giurata di ogni vago accenno a un grasso minimamente diverso, in questi piatti robusti e corposi non mi ero, prima del suo arrivo ormai abituale in casa nostra, mai cimentata.
Tanto che l’amato bene, fierissimo trasteverino da sette generazioni, ne aveva ben donde di dirmi che forse era il caso che prima di lanciarmi in sofismi e arzigololamenti speziati e orientaleggianti imparassi a cucinare le basi, l’Abc, le fondamenta della vera cucina romana.
La quale, bontà mia, conosco davvero poco o niente.
Stavolta quindi, a sostegno della necessità di intraprendere seriamente approfonditi studi in materia, Lui aveva richiesto la pasta alla carbonara.
Nientedimeno.
Che ce vo?
Ma si sa invece che i piatti più insidiosi sono proprio quelli apparentemente più facili...
Difatti, dopo aver tentato inutilmente di svignarmela, convincendo l'irremovibile amato bene a ripiegare su quella famosa versione light e ben riuscita della pasta in questione, mi sono messa di buona lena a cercare, studiare, informarmi, apprendere, rubare segreti, carpire trucchetti.
Trovandomi davanti una marea di versioni, ognuna ovviamente spacciata per quella “autentica”.
Con sottigliezze apparentemente di pochissimo conto come:
- guanciale o pancetta (è nell'amatriciana che ci vuole esclusivamente il guanciale, ma provate a vedere se per la carbonara esiste uguale certezza assoluta…)
- cipolla sì/cipolla no
- quanti tuorli e quante uova intere
Un’unica certezza mi derivava dalle scarsissime esperienze passate: no panna e no latte, la cremina si fa solo con uova e pecorino, tutto lì.
Peccato per un piccolo dettaglio: me non piacciono le uova. 
Non ne sopporto l’odore, mi stomaca vederne l’albume (che mi fa pensare a una gallina col raffreddore), a malapena tollero la vista di una frittata che mangio solo se bruciacchiata, a riprova che l’uovo sia stracotto, neutralizzato, quasi evaporato.
Come si può dunque cucinare una cosa partendo dal presupposto che se ne aborrisca proprio l' ingrediente principale?
Come se dicessi: domani cucino la trippa e la sola vista di quella pezza bianca e porosa mi faccia tremar le gambe.
Ecco a me questo effetto non lo fa la trippa ma lo fanno le uova utilizzate crude.
E nella carbonara si sa, sta tutto lì: nella velocità con cui si amalgamano la pasta appena scolata, la pancetta appena rosolata, il pepe appena macinato, con tutto quell’odore, inconfondibilmente marcescente di uovo (che deve rapprendersi appena e solo con l'ausilio del calore della pasta...quindi crudo, dai, parlamose chiaro!), che sale su dal fondo del tegame.
Morale? M’è venuta una schifezza.
Almeno per gli standard cui ambiziosamente tendevo e tutte le mie aspettative e i buonissimi propositi.
Eppure ce l’avevo messa tutta.
L'aspetto poi non era nemmeno così negativo

Ma è bastato il tempo di impiattarla per farla rinsecchire un po', asciugare troppo e tutto il resto era slegato: i sapori distanti, l'armonia del piatto persa nei meandri di tutte le elucubrazioni per realizzarlo....
Troppo tecnicismo e poco cuore forse.
Sta di fatto che, in ogni caso,se la so' magnata lo stesso.
Ma ora è una sfida aperta. Che prima o poi vincerò (stay tuned), a costo di andare a lezione da un romano verace per farmela insegnare (sempre perchè le cose io per bene o...).
La cena in questione, comunque, ha dato come frutti meravigliosamente graditi i doni in natura con cui si è presentato l'ospite di riguardo, Gabriele per l'appunto:
-3 bellissime penne di fagiano per la sottoscritta come ricordo di una battuta di caccia
- un vassoio di golosissime minipaste
ma soprattutto......

una ricciola e un piccolo tonnetto pescati solo poche ore prima da suo padre.
Profumo intenso di mare, di estate, di buonissimo.
E qui proprio tanto, tantissimo cuore, puro amore e assoluta dedizione nel cucinarla...per un risultato che parlava da solo: altro che carbonara!!!
E per la cucina romana pazienza, c'è sempre Trastevere...

@@@@@@@@@@


Dice che le due regole fondamentali per gustare bene il pesce (a parte che sia fresco, meglio ancora se appena pescato…) siano: lavarlo bene e cuocerlo poco.
Io ne aggiungerei una terza, che è quella di condirlo pochissimo, quasi niente, per non confonderne il sapore, perché questo esploda nelle narici e poi in bocca all’apertura del cartoccio e quando si assapora il primo boccone.
Un’estasi, una poesia: il mare dentro!

Ingredienti (per 2 persone)
1 ricciola freschissima di circa 7-800 gr
1 rametto di rosmarino
1 spicchio d’aglio piccolo
1 fettina di limone (ovviamente bio) con tutta la buccia
Un accenno di sale
Un accenno di pepe
Un filo d’olio extravergine d’oliva

Procedimento
Praticare sulla ricciola un taglio lungo la pancia partendo dalla base della testa: eviscerarla con cura e sciacquarla sotto l’acqua corrente, quindi metterla per qualche minuto a scolare “a pancia in giù”.
Nel frattempo lavare il rametto di rosmarino, sbucciare lo spicchio d’aglio e  dividerlo a metà, scegliere la teglia in cui sistemarla e accendere il forno a 180°.
Tamponare leggermente la ricciola con della carta da cucina e praticarle 2-3 taglietti trasversali su un fianco, condirla all’interno con il sale, il pepe, l’aglio, il rametto di rosmarino e la fetta di limone. 

Sistemarla su un rettangolo di carta forno, cospargerla con un filo (ma proprio un filo) d’olio, coprirla con un altro rettangolo di carta forno e chiuderla alle due estremità come se fosse una caramella.


Cuocere in forno per 20-25 minuti al massimo, non di più.


8 commenti:

  1. E' così che io amo il pesce, infatti quando qualcuno mi dice che sono brava a cucinarlo rispondo che sono brava a comprarlo perchè, se il pesce è buono fa tutto da sè. La carbonara mi sembrava buona , io l'avrei mangiata di gusto. Un bacione.

    RispondiElimina
  2. Ahahaahahah ma dai.. dalla foto non è male! Se vuoi ti faccio dare lezioni da ric.. lui è quellod ella cucina 'gnrante romana.. e fa una carbonara da paura!!!!!! Buonissima invece la ricciola.. qui in casa.. pure quella cucina Ric..Ok..allora ti chiederai.. ma io che cacchio cucino??? Tutto il resto! ;-) bacioni e buona giornata :-)

    RispondiElimina
  3. ..anche io la carbonara me la sarei magiata volentieri...il pesce sto imparando a cucinarlo perchè in Italia aveva dei costi proibitivi e ne consumavamo pochino...Ora invece è ben inserito nel menù settimanale...ma io ho parecchia strada da fare ancora per prepararlo come vorrei....
    Un abbraccio abbraccioso!!!

    RispondiElimina
  4. Ho mangiato una fetta di ricciola ai ferri e devo dire che non mi è paciuta ma non per la ricciola ma per il modo di cotturo preferisco quella fattami dal mio amico ristoratore di Sapri sul tipo acqua pazza elaborato una squisitezza,. Ai ferri non rende diventa stopposa almeno quella che ho mangiato io. Buona giornata....

    RispondiElimina
  5. Ecco, la ricciola la mangio eccome, invitante, buonissima cucinata al cartoccio, ma se mi parli di carbonara io scappo, perchè quell'odore di uovo (crudo, diciamolo pure, anche se Luca dice che è praticamente cotto) mi fa venire la nausea. No, non riuscirei mai a mangiarla, invece tu pensa che è il piatto preferito di Luca (che se ne ha voglia se lo cucina da sè ed è bravissimo a farla, ha la sua ricetta personale e brevettata. Se gliela cucinassi io l'uovo si ridurrebbe a stracciatella, una scusa per assaggiare anche io il piatto finito).
    Baciotti da Sabrina&Luca

    RispondiElimina
  6. i piatti di una volta non sono facili da fare perchè non badavano molto all'estetica ma al sapore, in cucina a volta ci vuole la passione e il cuore, pero ti sei rifatta con la ricciola uno dei migliori pesci del mare mediterraneo

    RispondiElimina
  7. post troppo troppo divertente !!! condivido con te l'avversione per le uova soprattutto se crude !!!!! la carbonara la faccio a modo mio e sostituisco le uova con un cucchiaio di formaggio spalmabile che sciolgo con un poco d'acqua e un pizzico di zafferano e ti assicuro che visivamente è uguale.....il tuo pesce è meravigliosamente preparato complimenti....un abbraccio e buon we...

    RispondiElimina
  8. Buonissima la ricciola al cartoccio! *-* Non la faccio molto spesso, però mi piace!!
    Ottima anche la pasta mmhh ** mi hai fatto venire fame!
    Un abbraccio,
    Incoronata.

    RispondiElimina

Grazie della visita, lascia un segno del tuo passaggio, sarò felice di risponderti

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...