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lunedì 22 maggio 2017

Come sto? – Pan di limone


Maggio, mese di comunioni.
Veniamo precettati giusto un paio di giorni prima di partire per il Giappone e no, mannaggia, la data non è fissata per uno qualsiasi dei 18 giorni in cui siamo fuori, bensì capita, a ciccio, proprio un paio di settimane dopo il nostro rientro.
Quindi non abbiamo scuse: ci tocca per forza andare.
Di domenica ovviamente.
A 150 km da casa nostra.
Festeggiata: la figlia del migliore amico dell’amato bene, impossibile declinare, a meno appunto di non essere ancora in viaggio, ma così non è.
Hai tutto per domani, sì? Calzini compresi? La camicia sarà stirata? -  chiedo la sera prima con un filo d’apprensione all’amato bene temendo che pure vestito e accessori siano dispersi in qualche scatolone ancora da aprire in attesa della chiusura, definitiva, dei lavori e di riappropriarci di tutta la nostra casa per intero.
Panico sul suo volto. Ma dura un attimo.
Credo di sì. Beh i calzini sicuramente. La camicia l’avremo (usa il plurale inopportunamente) rimessa via lavata e stirata dopo l’ultimo utilizzo, no? Che è stato, mi pare…..
Battesimo di Giulia, due anni fa” -  lo anticipo prima che si perda in infruttuosi tentativi di ripescare date.
E il vestito ti starà ancora bene, sì?” -  incalzo per suscitargli un minimo di ansia in modo da condividere la mia, frutto dell’ardua impresa di decidere fra diciotto abbinamenti e ventiquattro paia di scarpe ugualmente papabili, anche se solo impercettibilmente diversi.
Leggo smarrimento nei suoi occhi. Ma dura sempre un attimo.
Mica sarò ingrassato così tanto in due anni!
E ciò detto si immerge nei suoi lavoretti di casa senza nemmeno considerare di fare una prova abito, a differenza mia che invece nell’ultima settimana ho passato in rassegna, infilando e risfilando, tutto il guardaroba, di scarpe e vestiti, da cima a fondo.
Rischiando, sull’orlo della disperazione, di ritirare giù pure quello invernale, salvo correre a comprare qualcosa.
Naturalmente senza ancora aver deciso nulla. Nemmeno il colore dello smalto e figuriamoci quello del lucidalabbra.
Arriva la fatidica domenica mattina.
E scatta la consueta frenesia da cerimonia.
Il biglietto l’hai firmato? L’indirizzo della chiesa ce l’abbiamo? Ma era alle 10 o alle 10:30 ? (e considerando che non sta propriamente dietro l’angolo, pure la mezz’ora è vitale).
Dopo corse e corsette, smadonnamenti e sbuffate varie, ci ritroviamo, pronti e più o meno in ghingheri, in cucina.
Come sto? -  domando come da copione
Ma non gli do nemmeno il tempo di rispondere, che tanto non ne abbiamo. E passo al sodo:
Guardami, controlla e dimmi se è tutto a posto o se c’è qualcosa che ho dimenticato, che non va o che potrebbe andare meglio!
… e poi io faccio lo stesso con te – aggiungo per ingraziarmelo.
Giro su me stessa (un po’ in bilico sui tacchi e rischiando di scapicollarmi così, subito subito già nella sola fase di “perlustrazione”), gli intimo, con la sola forza di uno sguardo più che eloquente, di dirmi che non ci sono anomalie e anzi che è tutto più che perfetto.
Lui, che preferirebbe fingersi morto piuttosto che trovarsi in quella situazione, simula invece un’attenzione fin troppo profonda. Palesemente finta, ma nell’emergenza del momento va bene così.
Passo l’esame (ma va?).
Tocca a lui.
Non l’ho seguito nei preparativi, non so se effettivamente abbia trovato i calzini, ma a occhio e  croce la camicia l’ha trovata e pare pure stirata, le tasche della giacca sono regolarmente scucite (a differenza di quella imbarazzante volta lì) la cravatta è quella giusta…e sì, vabbè, io devo correre a prendere il cellulare che ho lasciato in bagno sopra.
Perfetto amore! -  gli urlo mentre, sfilati i tacchi, corro su scalza e a razzo e recuperare il telefono mentre lui va ad accendere la macchina.
Nonostante si parta in ritardissimo, non trovando nessuno per strada (anche perché chi è quello sfigato che, scientemente, di domenica mattina all’alba imbocca l’Aurelia in direzione Roma, anziché mare-sole-cremini?) riusciamo ad arrivare 5 minuti prima dell’inizio della messa e perfino a trovare posto in una vietta laterale alla chiesa.
Faccio per scendere, soddisfatta, quando lo sento sussultare poi imprecare.
Oddio che è?? – domando allarmata
Meno male che me dovevi controllà!!! -  bofonchia lui  questa volta sì, atterrito.
Lo guardo, ma non riesco a capire. Penso ai calzini (mica si sarà sbagliato così tanto da mettere quelli di spugna?).
La camicia ce l’ha. Le scarpe pure.
Beh? -  lo incalzo non sapendo cosa aspettarmi.
Me so’ scordato la cinta.
Per fortuna lui è uno di quelli che la giacca se la tiene fino alla fine.


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Versione estiva del pan di arancio. Profumatissimo e dal gusto intenso di limone. Ho usato farina di farro, zucchero di canna e latte di soia: potete sostituire con farina 00, zucchero semolato e latte vaccino come meglio preferite. E proprio a non volersi far mancare niente lo si può farcire con una crema, a base di acqua, o ricoprire di glassa, sempre al limone ;-)

Ingredienti

400 gr di farina di farro
260 gr di zucchero di canna
190 gr di polpa di limoni (circa 3 medi)
Scorza grattugiata di 1 limone
120 ml di olio di semi
120 ml di latte di soia (o altro tipo di latte vegetale)
3 uova
1 bustina di lievito


Procedimento

Grattugiare la buccia di un limone e metterla da parte. Sbucciare gli altri e pelarli al vivo, avendo cura cioè di togliere ogni traccia di parte bianca, quindi tagliarli a pezzi, eliminare i semi e, raggiunto il peso necessario al dolce, frullarli con il robot da cucina o un minipimer.
In una ciotola sbattere le uova con lo zucchero e un pizzico di sale. Unire progressivamente l’olio e il latte continuando a mescolare. Aggiungere anche la polpa e la scorza precedentemente grattugiata dei limoni; da ultimo, incorporare al composto la farina e il lievito setacciati.
Versare tutto in uno stampo oliato e infarinato e cuocere a 180° pe circa 45 minuti.




6 commenti:

  1. ahahah sono sempre un macello i preparativi di queste cerimonie. Io ce l'ho domenica, per fortuna vicina vicinissima che più non si può, anche il ricevimento, credo il più vicino della storia, quasi da andarci a piedi :-)
    Ottima, come sempre, la torta all'arancia.

    Fabio

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    1. Ammazza!! E così non vale però! Per noi invece, abitando fuori Roma ogni cerimonia è un incubo già solo per la traversata! La torta però è al limone, Fa'😂!
      Grazie, un abbraccio

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  2. ahahaha mi ricordo le mie ora finalmente tutto tace requiem....
    Ottimo questo pan d'arancio.
    Ho scritto all'amica giapponese di Osaka e dato il tuo link è stata felicissima di leggerti e mi ha ringraziato tanto dandomi anche del "lei" si vede che era emozionata.
    Buona serata

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    1. Wow che bello, sono io a emozionarmi sapendo di essere letta da una persona di Osaka!! Anzi, puoi dirle di farmi presente se per caso scrivo inesattezze del suo paese, in questo e negli altri post sul Giappone che seguiranno! Grazie edvige, un bacione buona serata a te(la torta è un pan di limone:versione estiva del pan d'arancio!)

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  3. Oh mamma, certo che da poco rientrati e già vi toccano queste sfacchinate :-P x me è molto più faticoso un battesimo/cresima/cerimonia varia che scalare l'Everest!! Figuriamoci dopo il vostro tour intensivo del Giappone!!
    Dai che almeno la colazione dopo sarà stata stellare ^_*

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    1. A chi lo dici Consu! anche io preferirei scalare l'everest piuttosto che presenziare a cerimonie e soprattutto dar vita a tutti i preparativi che le precedono! Un bacione grande

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