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giovedì 22 giugno 2017

Hiroshima. E tutto ciò che siamo


È sabato di buon ora quando da Kyoto prendiamo lo shinkansen per Hiroshima, o Hirossimà, come dicono i giapponesi.

Due ore di viaggio in cui dormo un po’ e penso tanto.
Non so bene cosa aspettarmi, quale possa essere il volto attuale di una città che ha subito la devastazione della bomba atomica. Nemmeno troppo tempo fa, a ben pensarci: appena 72 anni.
E poi, cos’è una bomba atomica?
La giornata è bellissima, il sole caldo e il cielo senza nemmeno una nuvola.

Appena fuori la stazione di arrivo prendiamo, oltre a una mappa del centro, il tram n.2 (il biglietto si fa direttamente a bordo, prima di scendere, e costa 160 yen, circa 1,30€) che in una ventina di minuti scarsi ci conduce direttamente davanti al Parco della pace.

Dai finestrini del tram scorgiamo grandi viali, molto verde e bei corsi d’acqua. È una città vivace e allegra, dall’aria rilassata e accogliente.

Dove tutto però ruota attorno a un tragico passato e tutto è rinascita da un evento nemmeno immaginabile.



 La sagoma della Cupola della Bomba 
atomica si staglia davanti agli occhi appena scesi.

 Un moncone. Lo scheletro annerito di un edificio che doveva essere bellissimo, prima che la bomba lo colpisse direttamente.

  Quello che era il Centro Espositivo Industriale e la sua cupola rimasero in piedi, ed essendo uno dei pochissimi resti della zona dell’epicentro dell’esplosione, si decise di conservarne i ruderi come monumento commemorativo, fino a che poi, una ventina di anni fa, l' edificio fu dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. Essenzialmente è il simbolo vivo e toccante della tragedia, un monito duro, che gela e fa ammutolire.
Ma non è l’unico.
Appena al di là del fiume si estende il Parco della Pace attraversato da una serie di sentieri che conducono ad altrettanti monumenti commemorativi. Decidiamo di partire da quello più toccante, il Monumento per la Pace dei bambini, dedicato a Sadako Sasaki.

Chi alle medie ha letto Il gran sole di Hiroshima, ritroverà le mille e oltre gru di carta che la bambina di 11 anni aveva deciso di fare una volta scoperto di essere malata di leucemia in seguito all’esposizione ai raggi della bomba atomica, lanciata nove anni prima. In Giappone la gru è simbolo di longevità e Sadako era convinta che, se fosse riuscita a realizzare l’obiettivo che si era prefissata sarebbe guarita.  A portare a termine l’impresa dopo che lei morì furono i suoi compagni di classe e oggi, intorno a questo monumento, sono deposte migliaia di gru di carta di ogni colore e dimensione, provenienti dalle scuole giapponesi e di tutto il mondo.

 Lo sguardo si perde tra le forme e i colori di questo luogo che è un pugno nello stomaco e insieme un inno alla vita come solo i bambini sanno intonare.



Poco più avanti si erge il Tumulo della Bomba Atomica, nella cui cripta sono sepolte le ceneri di migliaia di vittime non identificate.

Ogni sentiero riconduce a un laghetto, al centro del quale sorge il Cenotafio di cemento che riporta il nome di tutte le vittime accertate della bomba.

 Questo fa da cornice alla Fiamma della Pace, che arde ininterrottamente e verrà spenta solo quando sarà distrutta l’ultima arma nucleare esistente al mondo.

L’approdo finale del parco è il Museo della Pace,


 in cui si snodano percorsi informativi sul potere distruttivo delle armi nucleari 


e sono conservati oggetti recuperati dopo l’esplosione. 

Un orologio fermo alle 8:15, ora dello scoppio della bomba, un set di bicchieri di vetro fusi insieme, un cestino della merenda deformato e carbonizzato.

 In una sala apposita vengono proiettate immagini (molto forti) degli effetti sulle persone, sui luoghi, sull’ambiente.
Quando usciamo siamo senza parole e guardiamo con occhi diversi quella fiamma che arde ancora.
Ci rimane un ultimo edificio da visitare: la Sala Nazionale della Pace, cui si arriva attraverso una scalinata a chiocciola che sembra condurre nelle viscere della terra. Le luci sono soffuse e il silenzio totale acuisce le emozioni. La sala è circolare e lungo tutte le pareti  è raffigurato il panorama di Hiroshima all’epoca della tragedia, con i nomi dei suoi quartieri. Nemmeno la fontana al centro produce alcun rumore, a parte un morbido scivolare dell’acqua che simboleggia un’offerta alla memoria delle vittime, mentre la fontana stessa rappresenta l’ora in cui fu sganciata la bomba. Nella sala adiacente sono raccolti i nomi e le fotografie delle vittime dell’esplosione e alcuni monitor riproducono le testimonianze dei sopravvissuti.
Dalle tastiere sottostanti si possono inserire nomi e fare ricerche mirate.
Riemergiamo in superficie e torniamo a respirare a  pieni polmoni, rendendoci conto che certi posti li visiti in apnea.
 Rimbocchiamo il sentiero per tornare all’inizio del nostro percorso, lì a quella cupola che è monito e simbolo dell’insensatezza umana.







10 commenti:

  1. Questo luogo incute in me tanti sentimenti contrastanti...splendido come sempre il tuo reportage!
    Grazie cara, mi nascondo sempre volentieri nella tua valigia ^_*

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  2. Grazie di queste immagini del giappone anche se un po toccanti è giusto che siano cosi, buona continuazione

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    1. Hiroshima è una bella città che purtroppo però è impossibile scindere dal suo passato. Grazie Gunther buona giornata

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  3. Sono luoghi così carichi di significato che solo a leggere il tuo racconto vengono i brividi. Ed ancora di più se pensiamo che ancora oggi qualcuno vorrebbe usare questo tipo di armamenti. La storia dovrebbe insegnare ed invece...

    Fabio

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    1. Infatti caro Fabio: visitando quei luoghi non si può fare a meno di penare ai dibattiti e alle minacce assurde di qualcuno nel presente. E ti chiedi se sia mai veramente possibile che la storia non abbia insegnato nulla.
      Un bacione, buona giornata

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  4. Grazie per questo reportage.. mamma mia..mi son venuti i brividi.... Mi dispiace che la storia non insegni un ciufolo :-( Ti abbraccio...

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    1. è che certi individui sono proprio lontani dalla realtà, figuriamoci imparare dalla storia... ti abbraccio anche io, grazie a te claudietta buona settimana!

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