Maggio, mese di comunioni.
Veniamo precettati giusto un paio di giorni prima di partire
per il Giappone e no, mannaggia, la data non è fissata per uno qualsiasi dei 18
giorni in cui siamo fuori, bensì capita, a ciccio, proprio un paio di settimane
dopo il nostro rientro.
Quindi non abbiamo scuse: ci tocca per forza andare.
Di domenica ovviamente.
A 150 km da casa nostra.
Festeggiata: la figlia del migliore amico dell’amato bene,
impossibile declinare, a meno appunto di non essere ancora in viaggio, ma così
non è.
Hai tutto per domani,
sì? Calzini compresi? La camicia sarà stirata? - chiedo la sera prima con un filo
d’apprensione all’amato bene temendo che pure vestito e accessori siano
dispersi in qualche scatolone ancora da aprire in attesa della chiusura,
definitiva, dei lavori e di riappropriarci di tutta la nostra casa per intero.
Panico sul suo volto. Ma dura un attimo.
“Credo di sì. Beh i
calzini sicuramente. La camicia l’avremo (usa il plurale inopportunamente) rimessa via lavata e stirata dopo l’ultimo
utilizzo, no? Che è stato, mi pare…..”
“Battesimo di Giulia,
due anni fa” - lo anticipo prima che
si perda in infruttuosi tentativi di ripescare date.
“E il vestito ti starà
ancora bene, sì?” - incalzo per
suscitargli un minimo di ansia in modo da condividere la mia, frutto dell’ardua
impresa di decidere fra diciotto abbinamenti e ventiquattro paia di scarpe
ugualmente papabili, anche se solo impercettibilmente diversi.
Leggo smarrimento nei suoi occhi. Ma dura sempre un attimo.
“Mica sarò ingrassato
così tanto in due anni!”
E ciò detto si immerge nei suoi lavoretti di casa senza
nemmeno considerare di fare una prova abito, a differenza mia che invece
nell’ultima settimana ho passato in rassegna, infilando e risfilando, tutto il
guardaroba, di scarpe e vestiti, da cima a fondo.
Rischiando, sull’orlo della disperazione, di ritirare giù
pure quello invernale, salvo correre a comprare qualcosa.
Naturalmente senza ancora aver deciso nulla. Nemmeno il
colore dello smalto e figuriamoci quello del lucidalabbra.
Arriva la fatidica domenica mattina.
E scatta la consueta frenesia da cerimonia.
Il biglietto l’hai
firmato? L’indirizzo della chiesa ce l’abbiamo? Ma era alle 10 o alle 10:30 ?
(e considerando che non sta propriamente dietro l’angolo, pure la mezz’ora è
vitale).
Dopo corse e corsette, smadonnamenti e sbuffate varie, ci
ritroviamo, pronti e più o meno in ghingheri, in cucina.
Come sto? - domando come da copione
Ma non gli do nemmeno il tempo di rispondere, che tanto non
ne abbiamo. E passo al sodo:
Guardami, controlla e
dimmi se è tutto a posto o se c’è qualcosa che ho dimenticato, che non va o che
potrebbe andare meglio!
… e poi io faccio lo
stesso con te – aggiungo per ingraziarmelo.
Giro su me stessa (un po’ in bilico sui tacchi e rischiando
di scapicollarmi così, subito subito già nella sola fase di “perlustrazione”), gli
intimo, con la sola forza di uno sguardo più che eloquente, di dirmi che non ci
sono anomalie e anzi che è tutto più che perfetto.
Lui, che preferirebbe fingersi morto piuttosto che trovarsi
in quella situazione, simula invece un’attenzione fin troppo profonda.
Palesemente finta, ma nell’emergenza del momento va bene così.
Passo l’esame (ma va?).
Tocca a lui.
Non l’ho seguito nei preparativi, non so se effettivamente
abbia trovato i calzini, ma a occhio e
croce la camicia l’ha trovata e pare pure stirata, le tasche della
giacca sono regolarmente scucite (a differenza di quella imbarazzante volta lì) la cravatta è quella giusta…e sì, vabbè, io
devo correre a prendere il cellulare che ho lasciato in bagno sopra.
Perfetto amore!
- gli urlo mentre, sfilati i tacchi,
corro su scalza e a razzo e recuperare il telefono mentre lui va ad accendere
la macchina.
Nonostante si parta in ritardissimo, non trovando nessuno
per strada (anche perché chi è quello sfigato che, scientemente, di domenica
mattina all’alba imbocca l’Aurelia in direzione Roma, anziché
mare-sole-cremini?) riusciamo ad arrivare 5 minuti prima dell’inizio della
messa e perfino a trovare posto in una vietta laterale alla chiesa.
Faccio per scendere, soddisfatta, quando lo sento sussultare
poi imprecare.
Oddio che è?? –
domando allarmata
Meno male che me
dovevi controllà!!! - bofonchia
lui questa volta sì, atterrito.
Lo guardo, ma non riesco a capire. Penso ai calzini (mica si
sarà sbagliato così tanto da mettere quelli di spugna?).
La camicia ce l’ha. Le scarpe pure.
Beh? - lo incalzo non sapendo cosa aspettarmi.
Me so’ scordato la
cinta.
Per fortuna lui è uno di quelli che la giacca se la tiene
fino alla fine.
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Versione estiva
del pan di arancio. Profumatissimo e dal gusto intenso di limone. Ho usato
farina di farro, zucchero di canna e latte di soia: potete sostituire con
farina 00, zucchero semolato e latte vaccino come meglio preferite. E proprio a
non volersi far mancare niente lo si può farcire con una crema, a base di acqua,
o ricoprire di glassa, sempre al limone ;-)
Ingredienti
400 gr di farina di farro
260 gr di zucchero di canna
190 gr di polpa di limoni (circa 3 medi)
Scorza grattugiata di 1 limone
120 ml di olio di semi
120 ml di latte di soia (o altro tipo di latte vegetale)
3 uova
1 bustina di lievito
Procedimento
Grattugiare la buccia di un limone e metterla da parte.
Sbucciare gli altri e pelarli al vivo, avendo cura cioè di togliere ogni
traccia di parte bianca, quindi tagliarli a pezzi, eliminare i semi e,
raggiunto il peso necessario al dolce, frullarli con il robot da cucina o un
minipimer.
In una ciotola sbattere le uova con lo zucchero e un pizzico
di sale. Unire progressivamente l’olio e il latte continuando a mescolare.
Aggiungere anche la polpa e la scorza precedentemente grattugiata dei limoni;
da ultimo, incorporare al composto la farina e il lievito setacciati.
Versare tutto in uno stampo oliato e infarinato e cuocere a
180° pe circa 45 minuti.
ahahah sono sempre un macello i preparativi di queste cerimonie. Io ce l'ho domenica, per fortuna vicina vicinissima che più non si può, anche il ricevimento, credo il più vicino della storia, quasi da andarci a piedi :-)
RispondiEliminaOttima, come sempre, la torta all'arancia.
Fabio
Ammazza!! E così non vale però! Per noi invece, abitando fuori Roma ogni cerimonia è un incubo già solo per la traversata! La torta però è al limone, Fa'😂!
EliminaGrazie, un abbraccio
ahahaha mi ricordo le mie ora finalmente tutto tace requiem....
RispondiEliminaOttimo questo pan d'arancio.
Ho scritto all'amica giapponese di Osaka e dato il tuo link è stata felicissima di leggerti e mi ha ringraziato tanto dandomi anche del "lei" si vede che era emozionata.
Buona serata
Wow che bello, sono io a emozionarmi sapendo di essere letta da una persona di Osaka!! Anzi, puoi dirle di farmi presente se per caso scrivo inesattezze del suo paese, in questo e negli altri post sul Giappone che seguiranno! Grazie edvige, un bacione buona serata a te(la torta è un pan di limone:versione estiva del pan d'arancio!)
EliminaOh mamma, certo che da poco rientrati e già vi toccano queste sfacchinate :-P x me è molto più faticoso un battesimo/cresima/cerimonia varia che scalare l'Everest!! Figuriamoci dopo il vostro tour intensivo del Giappone!!
RispondiEliminaDai che almeno la colazione dopo sarà stata stellare ^_*
A chi lo dici Consu! anche io preferirei scalare l'everest piuttosto che presenziare a cerimonie e soprattutto dar vita a tutti i preparativi che le precedono! Un bacione grande
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