Per
raggiungere la località di Takayama, nella regione di Hida, prendiamo lo
Shinkansen fino a Toyama e poi uno spettacolare trenino locale con vista
panoramica (Hida 6, della Takayama Line)
da cui ammiriamo il paesaggio montuoso
seppure il tempo non preannunci nulla di buono.
Questa
regione è famosa in ambito culinario soprattutto per il prestigioso manzo di
Hida e poi per lo hoba-miso, pasta
dolce di miso grigliata direttamente al tavolo su una foglia di magnolia.
Ma al di là
delle sue prelibatezze gastronomiche, Takayama mi colpisce soprattutto per
l’atmosfera placida e romantica,
fatta di un rilassante panorama fluviale,
montagne circostanti, case tradizionali e tanti, tantissimi ciliegi.
Purtroppo la
pioggia battente non ci permette di apprezzarla fino in fondo e sul calare
della sera ci appare un po’ desolata considerando che alle 6 chiudono tutte le
attività e alle 9 fanno lo stesso anche tutti i ristoranti.
In compenso
alloggiamo in un meraviglioso ostello (K’s House)
che è una casa tradizionale giapponese, completa di tutto: cucina comune
attrezzata dell’impensabile e comprensiva di tè e caffè, area fumatori,
biblioteca, lavanderia (per 300 yen) e due computer a disposizione.
Alla casa si
accede rigorosamente scalzi: in una minuscola anticamera all’entrata si trovano
armadietti in cui lasciare le proprie calzature e una serie di ciabattine con
cui sostituirle per tutto il tempo di permanenza al suo interno. Sul retro,
passando dalla cucina, si apre un’uscita secondaria che dà su un minuscolo
spazio delimitato da stuoie di bambù: è l’area fumatori!
Ma prima di
uscire a fumare è d’obbligo sostituire le ciabattine da interno con altre “da
esterno”, sempre lì a disposizione.
L’atmosfera
è molto bella e rilassante.
Ad accoglierci troviamo Luca, novello sposo trasferitosi
dalle Marche, con cui scambiamo le prime parole in italiano da quando siamo in
Giappone e che, oltre a illustrarci il regolamento della casa, ci fornisce
molte preziose informazioni su dove mangiare e cosa vedere. Lo salutiamo non
prima di aver preso un paio di ombrelli, anche quelli a disposizione in gran
numero, all’entrata dell’abitazione.
La prima
tappa, per l’irrinunciabile seconda colazione della giornata, è presso una
panetteria poco distante, l’unica in tutta Takayama, un po’ difficile da
trovare perché nascosta e perché le vie sono senza nome. Luca ce la segnala su
una mappa che reca solo i nomi delle 3 vie principali: per il resto la troviamo
come in una caccia al tesoro, contando traverse e svincoli (per fortuna pochi).
Si chiama Koyama Pan, ma ha un’insegna
esclusivamente in kanji e la riconosciamo solo una volta sbattuti i nasi contro
la sua vetrina…
La ricerca è
però valsa la pena: ci rifocilliamo con 3 ottimi dolcetti (uno dei quali riempito
dell’ormai irrinunciabile marmellata di fagioli rossi) e due tazze di tè
offerte dalla gentilissima proprietaria in un linguaggio muto fatto digesti e
sorrisi.
La ricerca
successiva sarà quella di un 7eleven,
anche quello sperduto fra i vincoli labirintici, per fare scorta di acqua e
generi di conforto.
Per il resto
Takayama va vissuta così (possibilmente senza pioggia): girando fra i suoi
vicoli, attraversando i suoi ponti dai quali ammirare tanti, tantissimi sakura
ed entrando e uscendo dagli innumerevoli negozi di prodotti tipici e
artigianato locale soprattutto nella parte vecchia, Sanmachi-suji,
antico quartiere di mercanti gremito di fabbriche di
sakè, botteghe, caffè e case tradizionali perfettamente conservate.
Ci spingiamo
fino allo Hida Kokubun-ji, il tempio
più antico di Takayama nel cortile del quale svetta un ginko della veneranda
età di 1200 anni.
Rinunciamo invece, molto a malincuore, a raggiungere i
quartieri collinari di Teramachi e Shiroyama-koen, dove pare si trovino una decina fra templi e santuari e diversi sentieri che conducono
fino alle rovine del castello.
La pioggia ci frena e la stanchezza dei 6 giorni
precedenti trascorsi a macinare chilometri, ci fa vedere come un miraggio il
desiderio di goderci l’accogliente casetta giaponnese.
Prima di
ritirarci però passiamo davanti al Takayama
Yatai Kaikan, il museo in cui sono esposti, a rotazione, i 23 carri
cerimoniali (Yatai) che sfilano durante il Matsuri,
festa tradizionale che si svolge in primavera e in autunno.
Si tratta di carri
in legno laccato dai colori sgargianti,
completi di marionette meccaniche che eseguono coreografie grazie agli
otto manovratori al loro interno. Ma anche questo, ahimè, è chiuso!
Ci limitiamo
a sbirciare uno dei carri da dietro un enorme portone su una via retrostante,
prima di rimboccare la strada di casa,
riconsegnare gli ombrelli, lasciare le
scarpe (fradicie) negli armadietti fino al mattino dopo e goderci una dormita
ristoratrice, cullati dal ticchettio della pioggia sul tetto.
Per
raggiungere Tokyo, il giorno successivo, riprendiamo il treno locale fino a
Toyama, dove finalmente torniamo a vedere il sole e in attesa della
coincidenza, osserviamo la vita locale
gustandoci la nostra ormai solita, irrinunciabile
colazione…
Mamma mia, con te giro tutto quel mondo che non potrò mai vedere, grazie sei formidabile e complimenti per le foto, sono veramente belle.
RispondiEliminaBuona settimana
Mandi
Grazie sempre a te, Rosetta. Sono felice di portarti in viaggio con me. Tanti baci!
EliminaGrande che belle foto, il tempo non è stato molto bello ma ha dato un atmosfera con molto fascino, grazie per averle condivise con noi
RispondiEliminaAlla fine anche la pioggia ha il suo fascino, almeno in certe località. Poi beh, sarebbe stato bello anche visitare la parte in collina! Grazie a te, Gunther
EliminaCerco sempre di farmi condizionare poco dalla pioggia in viaggio. Purtroppo succede e lo so che vedere un posto col sole è un'altra cosa. Comunque dalle foto mi sembra proprio che la trasferta sia in ogni caso valsa la pena! Che belli quei ciliegi in fiore!
RispondiEliminaFabio
Anche con la pioggia è assolutamente valsa la pena! Anzi ti dirò, Fabio: vedendo certi luoghi ci siamo detti che il Giappone dovrebbe essere incantevole anche d inverno, con la neve...(ma senza pioggia!)
Eliminai ciliegi sì, sono veramente poetici.
Grazie Buon weekend!
cosa sono quei dolcini?
RispondiEliminaps. la tua visita "bagnata" mi ricorda tanto la mia a Varsavia: volevo morire!
Eh mi ricordo che l avevi raccontata..mannaggia! Che poi uno dice: quando mi ricapiterà di tornare in questi luoghi?! E quindi sì, la pioggia è proprio una piaga.
EliminaDunque quei dolcetti invece invece sono cose buonissime dal nome un Po complicato: Imagawayaki. È una pastella che viene messa dentro stampi di ferro e riempita in vari modi (marmellata, crema), ma i più buoni secondo me sono proprio quelli della foto con marmellata di fagioli rossi che ho scoperto di amare alla follia! Non sono molto dolci e assomigliano un po' ai pancakes, tanto per darti un'idea.
Un bacione fede!
Due cose mi hanno colpita più di tutto il resto: l'albero plurimillenario innanzitutto, segno non solo di aria buona ma soprattutto del rispetto dell'uomo nei confronti della natura, e poi la marmellata di azuki, perché da sempre mi incuriosisce e che prima o poi voglio fare! Detto questo, lo sai, ti invidio sempre di più... che spettacolo di viaggio :)
RispondiEliminaUn abbraccio!
Anche io vorrei tanto fare la marmellata di azuki, ma ho ancora troppa nostalgia!! Comunque è buonissima, davvero sorprendente! Sul rispetto dell uomo per la natura (e non solo di questa) in Giappone sono autentici maestri.
EliminaAbbracci e baci a te, Tatiana!
Ottimo reportage complimenti informazioni utili e impeccabili
RispondiEliminaBuon lunedì
Grazie mille! Buona giornata a te
EliminaOttimo racconto e splendite foto! Grazie per avermi fatto sognare!! Dario tuo fratello!!!!!
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