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martedì 3 aprile 2018

Minuti contati - Trancetti di riso integrale, cioccolato e pere (senza zucchero)



Poca roba in realtà, ma qualche decorazione anche per Pasqua l’abbiamo finalmente ritirata fuori. Coniglietti, ovetti, pulcini e fiori di pesco del resto giacevano intoccabili da svariati anni a questa parte, fra traslochi, cambi di casa, lavori in corso e altre simili piacevolezze.

Questo però era l’anno giusto per poterli ritirare fuori con agio.

Tuttavia, essendomene ricordata abbastanza tardi, era anche l’ennesimo compito che mi ero prefissata di portare a termine il giorno di venerdì santo.
La mattina per la precisione.
Che con il fatto di lavorare il pomeriggio pare chissà quanto tempo a disposizione io abbia al mattino.
Ma la verità è che tra stendi i panni, vai in palestra, predisponi qualcosa per cena, fai la spesa, una doccia magari, cambiati, mangia, ritira lo stendino sotto la veranda, scapicollati a prendere il treno -ricordandoti di chiudere il gas prima di uscire, sennò ritorna pure indietro- in realtà i minuti sono sempre, rigorosamente, contati.
Venerdì scorso ancora di più, avendo per la domenica di Pasqua, poco meno di una decina di persone a pranzo e volendo portare a termine almeno l’oneroso compito della spesa.
I minuti dunque andavano contati e smistati ancora più selettivamente: 35 per il supermercato, 15 per la frutteria, 20 per tornare a casa e rimettere tutto a posto, giocando a Tetris fra i ripiani del frigorifero.
Ma venerdì mattina non ero l’unica ad aver avuto questa idea e il supermercato rigurgitava di gente che, esattamente come me,  “voleva portare a termine almeno l’oneroso compito della spesa” per potersi rintanare, l’indomani, in clausura nella propria cucina e uscirne all’alba del giorno dopo.
Ed è proprio quando vai di corsa che fra te e l’obiettivo si frappongono centomila ostacoli.
Non ultimi quelli più impensabili. Tipo incontrare persone con molto tempo libero davanti e tanta voglia di parlare.
I 35 minuti da poter dedicare al supermercato erano destinati inevitabilmente ad aumentare scoprendo di avere la bellezza di 11 persone in fila prima di me al banco del salumiere.
Ma sono poi di fatto raddoppiati avendo incontrato mezzo paese lì convenuto. Per la precisione, nell’ordine: due amiche della palestra che non vedevo da prima di partire per il Sudafrica e che volevano sapere tutto del viaggio raccontarmi le ultime catastrofi occorse nella propria vita dall’operazione alla prostata del marito di una delle due (comprensive di dettagli del postoperatorio), ai guai articolari della seconda; e una ex vicina di casa estremamente socievole che mi ha resa edotta di tutte le più sfiziose novità concernenti i miei ex condomini. Il tutto mentre con un occhio seguivo le interessantissime conversazioni e l’altro spuntavo meticolosamente la lista della spesa tastando carciofi e infilando mele nei sacchetti.
Beh dai, tutto sommato posso rimandare la doccia a stasera e recuperare almeno venti minuti, mi incoraggiavo ingenuamente, ancora ignara di ciò che mi aspettava.
È stato proprio quando stavo per guadagnare la cassa, e la ventina di persone in fila, infatti che mi sono sentita chiamare con voce flebile ma accorata.
Girandomi con timore ho scoperto che in realtà era “solo” un amico d’infanzia dell’amato bene. Noto per essere un tipo di poche parole e scarsi convenevoli. Almeno con lui.
Gli sorrido, lo saluto calorosamente, gli faccio tanti auguri di buona Pasqua e faccio per passare oltre, quando sento bloccarmi dalla domanda fatidica.
“Come va?”
Che non è una domanda.
È un’esortazione a ricambiare l’interessamento.
La chiave per aprire la sua diga.
Il chiavistello da scardinare per dargli agio di raccontarmi tutta per intero la sua vita. Le sue disgrazie, le sue sfighe.
Siamo partiti dai moti studenteschi del ’68.
Passando per il lavoro che non si trova, la crisi dei valori e la maleducazione imperante.
Per arrivare a parlare delle recenti elezioni, del Papa e delle minacce internazionali del terrorismo.
O meglio: lui a parlare.
Quello di poche parole.
Lo schivo.
Il sedicente sociopatico.
Io a chiedermi il perché ci si sia dati tutti appuntamento qui oggi.
E a guadagnare centimetri per sottrarmi al martirio e per mettermi, almeno, in fila alla cassa.

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In realtà doveva essere un plumcake, solo che al momento di infornarlo ho sbagliato stampo, usando il più grande. Visto che lo avevo sporcato non avevo voglia di cambiare e ricominciare tutta la trafila di oliatura e infarinatura, così mi sono lanciata alla cieca! Ottenendo (ma va’?) una tortina bassa bassa che ho tagliato in… trancetti.
Posso garantire comunque che il sapore ha egregiamente compensato la mancanza di appeal….
(voi usate uno stampo per plumcake piccolo!)
Per questa ricetta ho preso spunto dalla bravissima Consuelo, che tempo fa aveva pubblicato una torta con le mele dalla quale ero rimasta colpita perché completamente senza zucchero. Io ne ho fatta una versione con le pere, la cannella e la salsa tahin al posto dell’olio.

Ingredienti
200 gr di farina di riso integrale
200 gr di latte di riso
160 gr di pere (ma vanno bene anche mele) al netto degli scarti 
100 gr di cioccolato fondente al 75%
10 gr di tahin (o di olio di semi o di riso)
2 cucchiaini di polvere lievitante bio
1 cucchiaino colmo di cannella in polvere

Procedimento
Spezzettare il cioccolato e metterlo, insieme alla cannella, in un pentolino con il latte di riso. Lasciarlo sciogliere a fuoco dolce mescolando spesso.
Sbucciare le pere, tagliarle e metterle nel robot da cucina per frullarle insieme alla tahin e poi al latte con il cioccolato.
Setacciare la farina con il lievito, e unire i due composti mecolando bene.
Versare in uno stampo oliato e infarinato e cuocere in forno preriscaldato a 180° per 20 minuti.



3 commenti:

  1. Ma dai! Con le pere e le altre piccole varianti deve essere ancora più gustosa e sappi che non mi dispiace nemmeno l'idea del trancetto ^_*
    Ho sofferto con te al supermercato perchè mi trovo inesorabilmente nella stessa situazione quando ho i minuti contati..
    Un abbraccio e spero tu abbia trascorso delle serene feste, almeno una volta uscita dal super :-)

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  2. E' la legge della natura per la quale più vai di fretta più trovi quello che va a due all'ora in macchina, fai l'incontro che mai avresti pensato di fare e tutto ciò che le forze sovraumane hanno pensato per te! :-D
    Mi piace quando a decidere di una preparazione è lo stampo! :-D Alla fine ci si adatta et voilà, i trancetti :-) L'importante è che fossero buoni :-)
    Che tu mica ti eri già abituata ai ritmi della savana, la giungla metropolitana (o di qualunque realtà) è sempre peggio :-)

    Fabio

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  3. Ciao, sembra buono, mi sono unita ai tuoi follower, se vuoi farlo anche tu su https://michelaencuisine.blogspot.it grazie

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