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venerdì 7 marzo 2014

Il gioco è una cosa seria - Ciambellone ciocco-cocco allo yogurt



Con  i bambini funziona così.
Le mamme lo sanno, ma anche le tate.
Queste ultime anzi, preposte a occuparsi di loro essenzialmente per il lato ludico di tutta la faccenda, oserei dire, sperando di non peccar di presunzione, che lo sanno ancora meglio.
Un gioco non è un gioco.
Un gioco diventa abitudine, rituale, piccola ossessione e reiterata mania.
Si va a periodi, e ci si immerge talmente tanto e con tutte le scarpe nelle varie questioni che tutte le ore di tutti i giorni di tutti i mesi di un intero anno, trascinati per mano dai piccoli gnomi, si fatica a credere di poter vivere in un mondo diverso.
C’è il periodo di Winnie Pooh, dove la cameretta non è più il luogo dove si va a dormire, ma il ben più attraente Bosco dei Centro Acri, dove puoi incontrare e interagire solo con i suoi abitanti e ogni mugugno, ogni sillaba a stento pronunciata, ogni gridolino entusiastico riporta inevitabilmente all’orsetto goloso (sempre alla ricerca di un vasetto di miele), all’asinello I-Ho (con vezzoso fiocco rosa sulla punta della coda che fa a cazzotti con il suo temperamento imbronciato e costantemente sull’orlo della depressione), al maialino Pimpi (e la sua voce in falsetto), al saltellante Tigro (tutt’altro che feroce), al saggio gufo Uffa (sempre con il libro sotto l’ala e pronto a raccontare storie), al previdente coniglio Tappo (che siccome nella vita non si sa mai, intanto si coltiva il suo orticello di carote), fino al piccolo canguro di nome Ro che anziché camminare o saltare come tutti i canguri del mondo, sonnecchia perlopiù nel marsupio della sua mamma (Canga, nota produttrice di fantasmagorici biscotti con gocce di cioccolato per tutta la banda).
(dal web)
Poi si cresce un po’ e si passa al periodo della macchinine, dei motori rombanti e delle gare fra bolidi, alle prese con la Piston Cup e ricevendo in dotazione, secondo l’umore gnomesco della giornata, al massimo uno sbrindellato Cricchetto
(dal web)
o un goffo, seppur simpatico, trabiccolo come Fillmore
(dal web)
 che certo non possono competere con lo scintillante Saetta mc Queen.
(dal web)
 Che almeno avessi avuto un Francesco Bernoulli,
(dal web)
me la sarei potuta giocare meglio, ma il punto è proprio quello: devo perdere. E fingermi costernata, abbattuta, sconfitta pesantemente.
(io comunque preferisco sempre  il giapponese Shu Todoroki ma soprattutto la di lui fidanzata, esperta danzatrice Kabuki).
(dal web)
Col passare del tempo, nel volgere dei mesi, si passa a giochi più impegnati, certificati, sostenuti da volumi, dispense e tomi a riguardo.
Tanto da guardarsi indietro con un pizzico di nostalgia, a quando i dialoghi erano soltanto un botta e risposta di due, quattro parole al massimo: “Ciao sono Pimpi!” “Ciao sono Tigro!!” “Giochiamo insieme?” “Sì!!”
Punto, che il vocabolario di un bimbo di 2 anni mica è tanto più esteso.
Ma poi lo diventa.
Si amplia, si arricchisce, si gonfia, si stratifica.
Ed è emozione pura.
Ma anche nuovo impegno.
I giochi si fanno sempre più seri.
(dal web)
Che maneggiare dinosauri non è questione da niente: bisogna sapere se sono erbivori e carnivori come minimo.
Se volano, nuotano o corrono.
Se dispongono di colli lunghi, corni appuntiti, placche ossee o protuberanze del cranio che li fanno sembrare panettoni venuti male, ma guai a dirlo.
Se combattono a testate, codate, morsi, zampate o beccate.
E poi essere pronti e molto preparati sui nomi.
Che va bene le grandi famiglie, ma la precisione innanzitutto ed è una bella differenza quella che intercorre tra un Triceratopo e un Protoceratopo.
E un Polacanto mica è uguale a un qualsiasi altro Ornitischio, pur se con qualche somiglianza (guardare, osservare, fermarsi a riflettere….non lo vedi che questo ha la coda con una specie di sasso all’estremità?!).
Imparare innanzitutto che, nonostante l’aspetto non proprio rassicurante, non sono “mostri” ma dinosauri, animali preistorici.
E ce ne sono di buoni e di cattivi.
Guai a provare a semplificare i nomi  ricorrendo a vezzeggiativi: un animale con zampe pinnate, bocca lunga e dentata, che vive nell’acqua non è un “coccodrillo” ma un Liopleurodonte.
Le protuberanze sulla schiena di uno Stegosauro non sono “spine” ma placche ossee.
Un Pachicefalosauro non ha uno scolapasta rovesciato in testa, come potrebbe sembrare di primo acchito, ma una conformazione cranica tale che gli consente di vincere i suoi nemici (e guai a chiamarla “cucuzzella”, quella testa lì).
Poi bisogna essere scaltri nello stabilire forza e potenza: un T-Rex avrà (quasi) sempre la meglio.
Tuttavia un branchiosauro col suo lunghissimo collo (sempre secondo i giorni e l’umore) potrebbe dargli del filo da torcere.
E se poi ci si imbatte nella visione di un film dedicato, che ha come protagonista un certo Aladar, può essere benissimo che un semplice Iguanodonte diventi di colpo il più forte di tutti.
Come? Con quali armi a disposizioni? Ma se è uno scricciolo al confronto?, verrebbe naturale a una mente adulta chiedere anche alterandosi un po’.
Un bambino però queste domande non se le pone, non si fa di questi problemi, non si arrovella in inutili cavilli.
È così e basta.
Almeno per oggi, poi domani è un altro giorno.
E intanto per quel giorno voi, anche se declassati e depotenziati, improvvisamente ridotti a mammolette e senza più un briciolo di appeal, potrete finalmente maneggiare un T-Rex o un brachiosauro: approfittatene!
Imparate i suoni, i richiami, i vocalizzi distinti per specie.
Siate pronti a venire corretti e riportati sulla retta via.
Sappiate che quando il branco si mette in fila è per andare a cercare acqua.
Non fate domande sciocche, non proponete giochi da poppanti.
Proposte come “mettiamo i dinosauri tutti in fila e li contiamo?” verranno accolte con sguardo compassionevole e qualche volta una carezza di conforto
Anche una concessione, a volte: “e vabbè, famola contenta questa va”, che certo non vi farà cantare vittoria.
Ma i giochi dei bambini insegnano tante cose:
la capacità di astrazione
la fantasia totalizzante
la leggerezza
la serietà delle cose più piccole, apparentemente futili
il qui e ora
Ed è un arricchimento costante.
Un unico rammarico alberga ancora di tanto in tanto nel mio animo inquieto.
Nella mia lunga carriera di tata, mi sono occupata di maschi e di femmine.
Ma queste ultime sempre secondogenite.
Bimbette specialissime e indipendenti.
Determinate e furbette.
Che ovviamente, essendo seconde, devono imparare presto a  cavarsela da sole, a farsi spazio, a guadagnare la loro dose di attenzioni e di gratificazioni.
Che con la scusa che “il grande è geloso” rischierebbero, altrimenti, di rimanere nell’ombra.
E quindi sono sempre pronte a rubare con gli occhi, ad assorbire dai fratelli maggiori, veri e propri eroi mitologici ai loro occhi, ogni gesto, ogni azione, ogni piccolo particolare che possa farle assurgere allo stesso livello di prestigio, con la capacità straordinaria però di lasciar andare quello che non serve.
Quanto più i fratelli maggiori sono accentratori e all’occorrenza piagnucolosi, tanto più loro saranno scaltre, intraprendenti, oltremodo simpatiche e all’occorrenza anche un po’ cinichelle.
(L’eroe sta piangendo? ok, è il momento giusto per fregargli il suo dinosauro preferito e scappare!)
E di certo non si piegheranno a giocare con un bambolotto, un servizio di tazzine di porcellana o le pentoline con la frutta e la verdura di stoffa dell’ikea.
Per essere proprio al passo con i fratelli maggiori, saltando a piè pari la fase del Bosco dei Cento Acri devono, anche loro, imparare presto a destreggiarsi con dinosauri, brandendoli come armi letali e accompagnando ogni gesto con sonori e cavernosi ruggiti.
Pur con l’aria angelica e i boccoli al vento.
È per questo che continua, negli anni, a rimanere frustrato il mio desiderio di armeggiare nuovamente una Barbie.

Con tutti i suoi vestiti, le scarpe, gli accessori, il camper e la casa rosa a 3 piani.
Ken e Skipper a fare da contorno.
Le bambine moderne non ci giocano più.
Mica come noi che creavamo un vestito da sposa con i tulle delle bomboniere e scintillanti abiti da sera con i fazzoletti di stoffa delle nonne.
Certo, se fossi stata bambina in questa epoca, avrei esagerato proprio e la mia Barbie l'avrei portata pure da questo parrucchiere/salone di bellezza per bambole che ho visto a New York!



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Niente di particolarmente innovativo rispetto a una 7 vasetti, che come al solito da queste parti diventano 9, 10, in alcuni casi pure 11….ma la torta allo yogurt è di quelle che non tradiscono mai, che tornanoutili in tante situazioni, che puoi declinarle in mille modi diversi senza stancarti mai.
Perfino farci una "Sacher"
Una premessa è doverosa: la parte cioccolatosa, nel caso di questa torta è veramente accessoria e se ne potrebbe tranquillamente fare a meno, soprattutto per i puristi dei sapori delicati e a maggior ragione per gli amanti del cocco.
È che un po’ di cioccolato non guasta mai, ma già da sola, è così buona, così profumata, così morbida che tra colazione, merenda e confortini vari, tempo una giornata e finisce: garantito.

Ingredienti (per uno stampo da 26 cm di diametro)
- 4 uova intere
- 2 vasetti di yogurt al cocco (imbattibile quello della marca che “fa l’amore col sapore….”)
- 3 vasetti di farina 00
- 2 vasetti di farina di cocco
- 2 vasetti di zucchero
- 2 cucchiai colmi di cacao amaro in polvere
- 1 vasetto di olio di semi di girasole
- 1 bustina di lievito in polvere
- 1 bustina di vanillina
- 1 pizzico di sale

Procedimento
Preriscaldare il forno a 170°. In una ciotola capiente sbattere molto bene le uova con lo zucchero e il pizzico di sale finché non diventano bianche e spumose. Unire lo yogurt e il latte, quindi aggiungere progressivamente la farina setacciata con il lievito e la vanillina, continuando a mescolare. Aggiungere da ultimo il cocco e versare il composto in uno stampo oliato e infarinato, lasciandone 1/3 nella ciotola.
Amalgamare a questa piccola parte i due cucchiai di cacao e versare sopra il composto bianco. Cuocere per circa 35-40 minuti, secondo il forno.
Fare sempre la prova stecchino.




4 commenti:

  1. La fase dinosauri da me è durata poco poi sono arrivati i supereroi, la differenza tra bene e male, i combattimenti, la fine orrenda del cattivo. Ora è la fase delle carte yugioh e partite interminabili dove io potrei essere un robot tanto non ci capisco nulla ma tanto vale...devo perdere e basta. In contemporanea c'è il ballo, sudori infiniti per cercare di batterlo a just dance con la wii. Però giuro mille volte questo che le Barbie, o Violetta ...sarà perchè sono sempre stata un maschiaccio?.
    La ciambella è classica ma sempre piacevole, quella consistenza soffice che mi fa colazione o un tè delle 5. Baci baci.

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  2. "il gioco e' l'attivita' piu' seria per un BAMBINO".Giocare e' crescere!!!!!Complimenti per il ciambellone!buon we

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  3. Ahahahahaah nella prima parte del post hai descritto alla perfezione le fasi del nostro nipotino.. che ora ha quasi 5 anni.. ed è nella fase dinosauri!!! Le bimbe.. sino ad ora.. nessuna tra i miei amici..solo maschietti.. Io morirei per toccare ancora una Barbie.. ma davvero non ci giocano più le bimbe moderne? :-( che tristezza.. meglio essere vissuta nel lontani anni 80 allora :-D.. Ottima la 7..8..9...10.. ecc.. vasetti! Bella versione cocco e bicolore.. smack e buon w.e.

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  4. allora, ti piace vincere facile? chi potrebbe resistere alla primo odore goloso di casa, quello del ciambellone?
    mia madre era una pippa nei dolci, le veniva bene solo il creme caramel, e capisci bene che la mattina a colazione diventa impegnativo...
    ma ricordo con tenerezza e gola quel paio di volte in cui si è sbagliata ed ha procreato un dolce da fare a fette... ricordo l'odore del cremor tartaro...

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