Abbiamo una
cucina piccola: lunga e stretta.
Facciamo
colazione sul piccolo pianale angolare.
L’amato bene
in piedi (…boh), io su un piccolo sgabello a 3 scalini che uso,
alternativamente, come ausilio per sopperire alla mia scarsa altezza e,
appunto, come seduta.
Quell’angolo
lì è costantemente occupato: finita la colazione riapparecchio subito con
tovaglioli nuovi, posate pulite e, la sera dopo cena, anche tazze e piattini
lavati.
Così, tanto
per A) non far perdere tempo a lui la mattina alle 5.30 ancora impastato di
sonno a cercare tutti gli attrezzi; B) dare a me un’illusione di coccole e
attenzioni quando, con comodo, mi sveglio un paio d’ore dopo.
Come se
qualcuno si fosse alzato prima di me e avesse deciso, in completa autonomia, di
farmi una sorpresa apparecchiando di tutto punto.
Una specie
di amico immaginario con funzioni però di modica utilità.
Solitamente
ci lascio anche il barattolo dell’orzo solubile e la scatola di latta con le
fette biscottate.
L’amato bene
però è un tipo preciso. E il suo inquadramento militare, come una inevitabile
deformazione professionale, lo porta, ogni giorno finita la colazione, a rimettere
via quel barattolo di orzo e a riporre la scatola di latta: a far sparire,
cioè, ogni singola traccia del suo essere stato lì.
Così la mia
illusione di coccole/amico immaginario/colazione pronta svanisce prima ancora
che io la possa vivere.
Ma taccio.
Che già mi bastano gli sguardi vacui di quando gli chiedo di prendermi qualcosa
in un determinato punto della casa e improvvisamente ho la sensazione di condividerne
lo spazio con un ospite di passaggio. Quelle volte in cui a una domanda tipo: “amore per favore mi prenderesti la farina
nell’armadio a muro?” ti guarda come se gli avessi chiesto la formula della
quadratura del cerchio e annaspando ti risponde con un’altra, perspicace
domanda: “l’armadio a muro quale?”,
incapace di distinguere fra gli unici due di cui disponiamo: uno adibito a
dispensa, l’altro contenitore del suo guardaroba. Manco del mio.
Mi voto quindi
all’ “educazione” attraverso l’esempio. Rimettendo puntualmente lì ogni cosa:
orzo, piattini, tazze e scatola di latta. Riapparecchiando per bene fin dal
mattino, sperando che un’illuminazione improvvisa lo porti, un giorno non
troppo lontano, a fare altrettanto.
Lasciando
l’angolo perennemente pronto.
E insisto
sul tema specialmente nel fine settimana, quando è meno stanco, più attento(?),
più ricettivo (??).
Ma passano i
giorni, le settimane, si alternano le stagioni.
E quando
scendo io a fare colazione la scatola delle fette biscottate continua a
ritrovarsi sulla mensola e il barattolo di orzo nel suo stipetto. Rimessi
diligentemente a posto.
Finché, una
mattina, la rivoluzione.
Un brivido
di commozione prende a scorrermi sotto pelle.
Non posso
credere ai miei occhi:
La scatola
di latta abbandonata sul pianale.
(l’orzo al
suo posto, ma una cosa alla volta…)
Ma non in un
punto qualsiasi: esattamente sul piattino (pulito) che non ha seguito la tazza
sporca nel lavandino.
La scena va
interpretata.
Forse un
rebus.
Probabilmente
un messaggio in codice.
Perché
proprio sul piattino?
Decido di
tacere aspettando nuove mosse.
Il mattino
successivo la scena si ripete: scatola di latta su piattino pulito.
Quasi
un’installazione artistica.
Mi vorrà
dire che stanno per finire le fette biscottate?
Che devo
proprio assaggiarle perché sono fantasmagoriche e vuole condividerle con me?
Che non si
possono mangiare ma lui continua a immolarsi per non dover buttare via del
cibo?
Basta mi
arrendo: non sono capace di decrittare il messaggio, capire la metafora,
leggere fra le righe, interpretare il simbolismo.
Risolvere il
rebus.
Io, misera
pensatrice senza ali mi arrendo davanti all’acume di lui, fuoriclasse degli
indovinelli.
Gli mando,
ingoiando l’amara sconfitta, un messaggio whatsapp, chiedendogli lumi.
E la
risposta non si fa attendere.
“Ma no amò,
lo faccio per te: la lascio lì, che tanto l’indomani devo rifà colazione e così
non la stai sempre a mette a posto e io a ritirà giù”.
In quale
preciso momento di tutti questi anni ci sia arrivato, non è dato capire.
@@@@@@@@@@@
Due
ingredienti (tre a voler proprio strafare dolcificandolo un po’) e un
frullatore: è tutto ciò che serve per fare questo gelato.
Voglia
improvvisa: oplà, si può soddisfare in men che non si dica senza bisogno di
uscire a comprare una gelatiera né sentirsi minimamente in colpa visto che è
senza uova, senza lattosio, senza zucchero.
Il risultato
è quello di un gelato supercremoso, facilissimo da fare e davvero buono. Ho
visto la ricetta qui,
poi ho ridotto le dosi e l'ho adattata a quello che avevo nell'armadio a muro, quello della dispensa ;-)
Ingredienti (per due coppette)
2 banane
mature
100 g di
fragole
succo di
mezzo limone
2 cucchiai
di sciroppo d’acero (la ricetta originale prevedeva succo d’agave o malto di
riso)
Procedimento
Sbucciare le
banane e tagliarle a rondelle. Mondare le fragole, lavarle e tagliare anche
queste a cubetti. Irrorare la frutta con il succo del limone e riporla in freezer per 4-5 ore o, meglio ancora, una notte intera.
Trascorso
questo tempo versarla nel frullatore, dolcificarla eventualmente con lo
sciroppo d’acero e frullarla per 3-5 minuti fino a ottenere una crema morbida e
omogenea.
Distribuirla
nelle coppette e decorarla a piacere con gocce di cioccolato, foglioline di
menta, granella di mandorle o nocciole.
Nota:
- naturalmente, ferme restando le banane (che sono quelle che donano la consistenza cremosa), questo gelato può essere realizzato con qualsiasi altro tipo di frutta.
buonissimo questo gelatino !!!!!! E fighissimo tuo marito , c'è chi non ci arriva mai !!!!!! Bacioni luna bella
RispondiEliminaah tu dici meglio di niente insomma...ahahaha. Bacionia te, Lisetta cara
EliminaAdoro il nana ice cream e nel mio freezer non mancano mai le banane frullate :-P
RispondiEliminaCome sai sono diventata mamma da appena 9 giorni ed il tempo a disposizione è davvero molto poco ma ci tenevo a lasciarti un piccolo saluto e un augurio di felice we <3
Ma tu sei fantastica, Consu! Con un cuccioletto appena nato riesci a ritagliarti del tempo per passare nel tuo e negli altri blog...meravigliosa!! Tanti bacetti a entrambi
Elimina(non sapevo si chiamasse così, questo gelato!)
bello mi piace tanto questa versione veg lo sciroppo d'acero ci sta benissimo
RispondiEliminaGrazie Gunther! Più che altro è pratico e davvero molto versatile.
EliminaBuona fine settimana!
Almeno riesci a mangiarci su quel tavolo, mentre io non faccio in tempo a sgomberarlo dal (suo) ciarpame che, incurante del fatto che io sia con la tovaglia in mano, si riappropria del medesimo spazio per buttarci dell'altra roba incasinando di nuovo tutto: cioè io tolgo e lui mette! E la mattina, da diciotto anni, continuo a trovare in bella vista il barattolo dei biscotti che non mangio perché non mi piacciono, quindi mi sa che è meglio rassegnarsi... se in tanti anni ancora non l'ha capito che li detesto probabilmente ho perso ogni speranza! Altro che acume... :)
RispondiEliminaUn abbraccio!
Ahahaha, voi mi fate morire dalle risate. A me viene da ridere già solo quando vedo che lo hai taggato in qualche foto di posti belli in cui andare in viaggio e immagino il siparietto che ne nascerà di lì a poco.
EliminaMagari in dialetto!! Siete troppo forti!
Abbraccia te, tanti baci
Io sono un po' uomo per queste cose, insomma non sono particolarmente sveglia.
RispondiEliminaLasciagli biglietti tipo post it con indicazioni chiare, tipo "non toccare" "secondo ripiano" "lascialo qui"
E alla fine mi toccherà fare proprio così....io finora avevo confidato nell intuito, ma...
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