"A casa non s'arriva mai, ma dove confluiscono vie amiche, il mondo per un istante sembra casa nostra" (H.Hesse)

lunedì 9 aprile 2018

Safari: istruzioni per l’uso


Quando si parla di parchi africani non è mai perfettamente chiaro di cosa si tratti. Da fuori potrebbero dare l’idea di qualcosa di triste, in cui gli animali siano rinchiusi, con poche differenze rispetto a uno zoo.
Ma i “parchi” come si intendono in Africa sono quanto di più lontano possa esistere dal concetto di zoo.
A cominciare dalla loro estensione: basti pensare che il Kruger Park è grande quanto tutto il Belgio!
Sono, in realtà, delle riserve naturali: enormi aree recintate con fili elettrificati dove gli animali sono stati radunati per varie ragioni, prima fra tutte quella di preservarli.
Molti di loro sono a rischio di estinzione e il bracconaggio per il commercio dell’avorio è ancora una piaga purtroppo molto diffusa. Quando fu istituito, nel 1931, l’Addo Elephant National Park contava soltanto 11 (undici!) esemplari di elefanti, gli unici sopravvissuti di tutti i vasti branchi che un tempo vagavano liberi nell’Eastern Cape. Attualmente sono 450, e non staremmo nemmeno qui a scriverne se all’epoca non fosse stato preso questo provvedimento.
L’altra ragione che ha portato all’istituzione di riserve naturali è quella di permettere che il territorio fosse abitabile senza il pericolo di imbattersi in un leone o un elefante che proprio mansueti non sono.
Per il resto, gli animali all’interno di questi veri e propri stati a loro dedicati vivono nella libertà più assoluta. E al loro interno vigono regole severissime invece per tutti gli umani che vi si recano allo scopo di intraprendere un safari con la speranza di fare più avvistamenti possibili.
Già perché non è come in uno zoo che uno prende, va e ha la sicurezza di sfilare davanti alle gabbie ammirando esemplari di ogni specie. Lì è questione di fortuna, molta pazienza e tante ore di noia nell’attesa che succeda qualcosa. Senza la certezza che qualcosa poi alla fine accada.

E LE RISERVE PRIVATE?
La differenza principale tra un parco nazionale a gestione statale e una riserva privata è innanzitutto la sua ampiezza: il territorio su cui si estende quest’ultima è estremamente più ridotto. Lo standard delle sistemazioni (a fronte anche di costi decisamente maggiori) è più elevato. L’aspetto negativo è che non si può girare autonomamente: il safari può avvenire soltanto sotto la guida di un ranger, a bordo dei loro mezzi. Gli avvistamenti però sono abbastanza garantiti…

QUALI SONO LE REGOLE ALL’INTERNO DEI PARCHI?
Poche ma chiare e molto ferree. La severità è massima con chi non le rispetta.
- nei parchi si può entrare come visitatori giornalieri o scegliendo di pernottarvi.
- si può guidare soltanto in orari ben precisi: dall’alba al tramonto, più o meno dalle 5:30/6:00 alle 17:30/18:00, dopodiché finiscono i giochi e si deve uscire dal parco o recarsi nel proprio alloggio presso il Main Camp (campo base).
Al massimo, dopo il tramonto, si può partecipare a safari notturni organizzati dai ranger e solo sotto la loro guida;
-la velocità massima consentita è di 40 km orari sugli sterrati, 50 sulle vie principali asfaltate;
- è assolutamente vietato scendere dalla propria auto (o sporgersi dal finestrino) ad eccezione che in zone opportunamente indicate e sempre comunque a proprio rischio e pericolo, come specificato dai tanti cartelli che ricordano, sempre, dove ci si trova. 

Perché nessuno assicura che un leone, un facocero o un elefante con prole non voglia passare di lì e magari sia nervoso, affamato o semplicemente spaventato, sempre nell’ottica dell’assoluta libertà in cui essi vivono.

ALTRE REGOLE NON SCRITTE
-Alla vista di un animale, provate a spegnere il motore. Per non spaventarlo, disturbarlo, mettergli ansia. Ma soprattutto per provare a mettersi in ascolto dei suoni della natura. Gli elefanti per esempio comunicano attraverso piccoli borbottii della pancia che è affascinante riuscire ad avvertire.
-Vale inoltre la regola di rimanere sempre in allerta anche mentre ci si perde nella contemplazione di una mamma con il suo cucciolo: il 99% delle volte i due, sempre nel caso degli elefanti, non sono mai da soli. Dietro c’è tutto il branco, che magari vuole spostarsi e la vostra macchina si trova esattamente sulla traiettoria che stanno seguendo.

-Spostarsi lentamente, farsi da parte, cercare di essere meno d’intralcio possibile.
-Prestare attenzione anche a ciò che succede a livello strada, anche se sembra completamente libero. Ma anche gli escrementi degli elefanti pullulano di vita. 

E l’asfalto non è mai vuoto.

- Superfluo ricordare di non abbandonare rifiuti né dare da mangiare ai babbuini (questi ultimi tra l’altro non sono affatto mansueti), uccelli, facoceri o piccoli springbock che vagano liberi nelle aree di sosta e si spingono a  volte molto vicino alle persone.

COS’è IL MAIN CAMP?
All’interno dei parchi si sviluppa un ulteriore micromondo dedicato agli umani, in cui sono loro ad essere “ingabbiati”. Il campo base infatti è a sua volta recintato, sempre con fili elettrificati che impediscono l’accesso agli animali (almeno ai più grandi!) e in cui quindi, volendo, si può girare anche a piedi (ma la luce al calare della sera è pochissima e in alcuni parchi, come per esempio L’Huluhluwe-Impholozi, alle 10 in punto vengono spenti tutti i gruppi elettrogeni e l’unica salvezza, per chi ancora non fosse abbastanza stanco, è una torcia…). All’interno di questo recinto, oltre agli alloggi, si trovano generalmente un distributore di benzina, un minimarket fornito di tutto, compresi gelati e sacchetti di legna per fare il braai (barbecue, che per i sudafricani è una vera istituzione) oltre a una enorme quantità di souvenir e infine un ristorante.

DOVE SI DORME?
I parchi, così come gli alloggi al loro interno, sono interamente gestiti dallo Stato e quindi risultano perlopiù spartani, senza troppi fronzoli ma molto ben tenuti ed equipaggiati di tutto (compresi attrezzi per la cucina, bollitore, tostapane, a volte forno a microonde).

Si può scegliere fra varie opzioni: dal semplice posto tenda al bungalow di legno o muratura, con o senza bagno privato, fino alle classiche rondavell (case circolari africane). Per chi scegliesse sistemazioni senza angolo cottura sono a disposizione cucine comuni, dotate di piastre elettriche e lavandini.
Molti bungalow sorgono in posizione panoramica, su alture che affacciano su pozze d’acqua in cui vanno ad abbeverarsi gli animali e quindi offrono spettacoli continui.
Ma sono proprio le sistemazioni che vanno più a ruba e comunque, in ogni caso, conviene prenotare con molto anticipo (anche un anno!) perché essendo relativamente pochi gli alloggi e molto alte le richieste, è facile imbattersi nel tutto esaurito, specie nei periodi che coincidono con festività locali.

In alcuni alloggi i cucinotti sono esterni e sia il frigorifero, sia le ante degli stipetti sono legate con catene per via dei babbuini.
I secchi dell’immondizia hanno pesantissimi sistemi di apertura ad hoc per lo stesso motivo e cartelli sparsi invitano a non lasciare fuori dalla porta scarpe o altri oggetti che potrebbero diventare il divertimento di qualche scimmietta.

COME PRENOTARE?
Comodo e di agevole navigazione il sito di riferimento: https://www.sanparks.org/
Ovviamente in inglese, ma la lista dei parchi è in ordine alfabetico e per ognuno è disponibile una mappa con la distribuzione degli alloggi suddivisi per tipo e fascia di prezzo.

QUANTO FERMARSI?
Quanti giorni dedicare a un parco dipende ovviamente dall’itinerario che ci si è prefissati e dalla grandezza dello stesso. Sicuramente una delle scelte da ponderare bene è se alloggiare al suo interno o fuori ma almeno, in quest’ultimo caso immediatamente nei pressi di uno dei suoi gate principali. Alloggiare all’esterno dei parchi pone la questione della fila per entrare al mattino e soprattutto priva dell’emozione impareggiabile di trascorrere la notte nella savana, fra rumori e versi di animali. Finora noi abbiamo sempre scelto di dormire all’interno dei parchi. Nel Kruger abbiamo trascorso 9 giorni, suddivisi tra Sud (Skukuza) e Centro (Oliphants), cambiando quindi anche alloggio  e nonostante ciò ci è rimasto il cruccio di non essere riusciti ad arrivare fino alla punta nord. Volendo, dal centro ci saremmo potuti spingere fino all’estremo nord, al confine con lo Zimbabwe, ma nell’arco della giornata a disposizione bisogna calcolare i tempi di andata e soprattutto quelli di ritorno, per riuscire a essere nuovamente alla base per quando scatta l’ora x in cui non si può più guidare e se ci si imbatte in qualche animale da osservare, il tempo può dilatarsi o fermarsi del tutto…
All’Hluhluwe-Impholozi invece abbiamo alloggiato una sola notte in tenda partecipando a un safari notturno (freddissimo) e con scarsi avvistamenti. Troppo poco per esprimere un giudizio obiettivo.

Diciamo quindi che due notti sono il minimo indispensabile. Perché il primo giorno serve più che altro a orientarsi, pianificare un itinerario, prendere confidenza con l’esperienza del safari. E sapere per esempio, se si gira autonomamente, che consultare le bacheche con gli ultimi avvistamenti, esposte nel Main Camp è utile a dare quantomeno un indizio su dove dirigersi. 

Piccolo inciso dolente: gli unici a non poter essere segnalati sono gli avvistamenti di rinoceronti, perché il fenomeno del bracconaggio per il corno di questi animali, nonostante i parchi siano ben protetti e sorvegliati, è purtroppo ancora molto alto. Assurdo, vergognoso ma purtroppo vero.

COME FUNZIONA?
Il safari si può condurre autonomamente con il proprio mezzo o acquistando escursioni di gruppo guidate e svolte generalmente all’alba o al tramonto e della durata complessiva di 3 ore. In alcuni casi sono disponibili anche escursioni a piedi che, almeno una volta nella vita, vale assolutamente la pena di vivere.

 Indispensabile munirsi di una mappa e sulla base di quella, scegliere il percorso. I parchi sono attraversati da strade asfaltate che collegano gli ingressi principali, i rest camp e le varie aeree di sosta. Dalle strade principali poi si dipartono una serie di sterrati che girano in loop o si ricongiungono alla via asfaltata dopo qualche chilometro. 

Inutile dire che gli sterrati sono quelli in cui è possibile fare più avvistamenti, ma poi gli animali vanno dove vogliono, quindi una regola generale non c’è.

Diciamolo: il safari di per sé, almeno fino a quando non ci si trova al cospetto di qualche animale, è quanto di più noioso possa esistere. Giornate intere fatte di lunghe ore di macchina, a velocità estremamente ridotta, aguzzando la vista, senza magari che succeda niente, può mettere a dura prova i nervi assai tirati di noi poveri animali di città, abituati ad avere tutto e subito.
Poi però accade. Qualcosa si muove. Un elefante attraversa la strada, la testa di una giraffa spunta dalla cima di un albero, un branco di babbuini  si sparpaglia sull’asfalto.

E lì, ci si dimentica di tutto. Le emozioni ripagano delle lunghe ore di attesa, del caldo, dell’ansia, della noia.
Da lì, ogni sensazione entrerà in profondità, scaverà dentro e non si desidererà altro che di continuare a girare e girare.



11 commenti:

  1. Bel viaggio bel safari grazie l'ho fatto volentieri stando qui seduta ma ho goduto nelle immagini. Un abbraccio e buona settimana.

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  2. Non ho mai pensato ad un safari con queste prospettive..molto interessante e dettagliati (ed utili) i tuoi suggerimenti ^_^
    Grazie cara e felice settimana <3

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  3. Bellissimo quel gattono all'inizio. Un post completissimo che dà il senso del safari a chi non ne ha mai fatto uno. A volte capita anche che gli animali ci sono, ma semmai non abbiamo quell'attenzione e quell'ochhio allenato per vederli. Ci vuole anche quello ed un buon binocolo :-D
    Però che bello il contatto diretto con la natura ed i suoi animali!

    Fabio

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    1. Giusto Fabio:un buon binocolo è fondamentale e questo ho dimenticato di dirlo! Vero anche che molte volte gli animali, elefanti compresi, te li ritrovi vicino e nemmeno te ne ero accorto!
      E sì, viverli da vicino nel loro ambiente è davvero un'emozione unica.
      Buona giornata, grazie!

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  4. incantata dalle tue foto, riesco solo a dire: "un sogno"!!

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    1. È simile a un sogno, tanto è incredibile, hai proprio ragione Fede!

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  5. Che esperienza favolosa grazie di tutti i consigli ed emozioni che ci hai fatto vivere

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