Da marzo ho
smesso di andare in palestra.
Il che
avrebbe potuto tranquillamente significare uno stato di abbrutimento generale,
con mattinate senza sveglia, ciondolamenti da perdigiorno e olimpiadi di
pigrizia.
E invece no!
Da quel dì, della
chiusura di tutto il chiudibile, io mi sono data regole ferree di sana cura del
corpo. All’inizio incerta e controvoglia, ma pur sempre ligia a una rigidissima
tabella di marcia autoimposta comprendente:
10 minuti di
riscaldamento
30 minuti di
attività intensa
10 minuti di
rilassamento/stretching/passaggio in rassegna di contratture varie e ossa rotte
eventuali.
Tutti
cronometrati (i minuti, non gli accidenti) ed equamente suddivisi per gruppi
muscolari. Tanto per non lasciare nulla al caso.
Prima
affidandomi ai ricordi freschi di tutti gli anni di assidua frequentazione poi,
a mano a mano che questi si dissolvevano insieme alla voglia di fare,
scartabellando video tutorial messi gentilmente a disposizione dall’istruttore
ai tempi in cui vedersi non era possibile.
Forzandomi,
torturandomi proprio.
Fino a creare
una routine palestricola di tutto rispetto della quale oggi non potrei più fare
a meno.
Con questo
non posso certamente dire che faccia salti di gioia al suono della sveglia o mi
rotoli dalla felicità quando arriva la domenica sera sapendo che mi aspettano 5
giorni di “sana routine”. Eppure ancora tengo duro.
Mi alzo
un’ora prima (perché del tempo di ricognizione generale su me stessa e l’ambiente
circostante non riesco a fare a meno neanche rimanendo dentro casa), NON faccio
colazione, mi preparo, srotolo il tappetino, avvio il cronometro e metto su una
colonna sonora che ben mi disponga (nella fattispecie è sempre la stessa e
parte precisamente con Flashdance per approdare a Top Gun…si accettano insulti
e consigli) e alle 8 in punto comincio.
Roba che il
mio istruttore sarebbe fierissimo di me, se solo sapesse e non ricordasse
invece che a lezione arrivavo sempre un quarto d’ora dopo.
A 3 giorni
di solitario e malinconico allenamento ne seguono poi 2 (gli ultimi della
settimana lavorativa) fatti di 7 km di camminata veloce alternata a corsa, che
mi portano fino al mare e segnano la conclusione del programma di allenamento.
Sabato e
domenica liberi e felici.
Del come
riesca a farlo senza cedere non mi è ancora dato di capire fino in fondo. Sarà
l’età che avanza e lo spettro del metabolismo che rallenta. Fatto sta che non
salto un giorno.
Ma in realtà
ho un progetto ben preciso.
Il record
mondiale di plank lo detiene un 62enne rimasto in posizione 8 ore, 15 minuti e
15 secondi.
Ecco, io
ambisco a scavalcare il mio minuto e soprattutto i 3 secondi seguenti.
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La prima
volta che ho assaggiato una pumpkin pie eravamo a Boston e faceva freddissimo. Mi
era piaciuta da morire e da quel viaggio mi ero riportata le spezie per rifarla.
Sono dovuti però passare 10 anni prima che mi decidessi e a questo punto mi è
venuta voglia di farla in versione vegana e senza zucchero. Il risultato ci è
piaciuto così tanto che appena finita l’ho fatta nuovamente aggiungendo alla
base due cucchiai di cacao! L’ispirazione arriva da qua,
con qualche piccola modifica.
Ingredienti (per uno stampo da 22 cm)
Per la
base
250 gr di
farina di farro
120 ml di
acqua
3 cucchiai
di olio di riso (o extra vergine d’oliva)
3 cucchiai
di fecola
3 cucchiai
di sciroppo d’acero
½ cucchiaino
di lievito per dolci
½ cucchiaino
di cannella
Per la
farcitura
450 gr di
polpa di zucca cotta al forno (io la taglio a fette e la metto, con tutta la
buccia, su una placca ricoperta di carta forno cuocendola a 180° finché,
infilzandola con una forchetta, non risulti morbida)
200 gr di
yogurt di soia
4 cucchiai
di sciroppo d’acero
½ cucchiaino
di spezie miste in polvere (cannella, zenzero, chiodi di garofano, noce
moscata)
1 cucchiaino
di farina di riso
Procedimento
Preriscaldare
il forno a 200°.
Setacciare
in una ciotola le farine con il lievito e la cannella. Aggiungere l’olio,
l’acqua e lo sciroppo d’acero e impastare fino a ottenere un composto omogeneo.
Coprirlo con la pellicola e lasciare riposare in frigo almeno mezz’ora.
Nel
frattempo preparare il ripieno. Togliere la buccia alla zucca e frullarla
insieme allo yogurt, alle spezie e allo sciroppo d’acero. Aggiungere il
cucchiaio di farina se dovesse risultare troppo acquosa. Deve avere la
consistenza di una crema spalmabile.
Oliare uno
stampo da crostata e stendervi direttamente all'interno, con le mani, l’impasto
della base. Riempirlo con la crema di zucca e infornare a 200° per i primi 10
minuti, poi a 180 ° per altri 30. Lasciare raffreddare completamente prima di
gustarla.
Note:
- si conserva in frigorifero per 3-4
giorni.
- raggiunge la consistenza ottimale e
un gusto più armonico dopo una notte di riposo.