Si incontrano
un po’ sempre le stesse persone in un piccolo paesino come questo.
Al
supermercato, in spiaggia, dal dottore: le facce sono più o meno quelle.
Tranne che
nei mesi estivi in cui, riempiendosi anche di villeggianti, si finisce per
perdersi di vista tra la mole di visi nuovi.
Poi arriva
settembre.
E i buoni
propositi e la sempre traballante, vacua e inafferrabile intenzione di tornare
in palestra.
Ma è proprio
quando sei proprio lì lì sul punto di giocarti l’ennesima giustificazione per
non farlo che ti capita di incontrare le “signore della palestra”.
Quelle delcorso mattutino, un po’ attempatelle, ma così giovanili e piene di energia che
hanno sempre il potere di sorprendermi oltre che farmi sentire pure gli
acciacchi che non ho.
Ci
incrociamo al bar: arrivano lievi con le loro tenute sportive, i capelli
freschi di messi in piega, grandi occhiali da sole a mo’ di cerchietto e
ordinano un caffè macchiato. Fine. Nient’altro di tutto quello che, languido e
tentatore, occhieggia dalla vetrina della pasticceria.
Le guardo da
seduta, mentre scrollo via dalla bocca gli ultimi granelli di zucchero della
bomba con la crema. Quasi vorrei nascondermi, ma non faccio nemmeno in tempo a
pensarlo che mi vedono ed è un attimo cadere sotto la raffica di baci,
abbracci, parole e consigli materni.
Ho l’ardire
poi, siccome sono le 11 e ci sono ancora 30°, di afferrare al volo una
cartolina dalla borsa e usarla per farmi aria.
Segnando la
mia fine.
“Che fai te
sventoli? Non me dì che stai già in menopausa? Allora guarda: stai attenta a
mangià, perché mo mette su chili è n’attimo. Poi: controlla la pressione, il
cuore, le ossa, che l’osteoporosi è na brutta bestia. E pe finì esci, svàgate,
perché certe volte succede pure che se va in depressione”
Lo sventolio
si arresta a mezz’aria, la cartolina quasi mi scivola dalle mani.
In un
secondo mi sono vista attaccata al telefono con il Centro Unico di Prenotazioni
a depennare, a mano a mano, la lista di tutti gli esami del caso. Ma non ho il
tempo di avermene a male.
La giovane
delle due (79 anni) incalza: “te sei segnata in palestra?” e sento la crema
della bomba bussarmi nello stomaco, il fritto depositarsi sul girovita, lo zucchero
semolato impennarmi la glicemia, i sensi di colpa affacciarsi sul baratro della
depressione. E quella vocina interna, bastarda e pignola, che urla per
sottolineare che lei me lo aveva ricordato pure che lo sgarro di questa
settimana lo avevo già fatto l’altra sera col gelato, quindi di prendermi
ALMENO soltanto un vegano al miele. Tanto per non farla proprio sporca.
“Stavo
giusto andando a informarsi sui corsi” balbetto accartocciando nella mano il
tovagliolo con dentro le prove schiaccianti della mia irresolutezza “tu hai già
ripreso?”
Domanda
assurda.
“Eeeeee da
mo! Se po’ dì che n’ho mai smesso perché pure agosto che era chiusa ho fatto
ginnastica ao stabilimento”
Come non
pensarci?
Mica come
me, che oltre ad aver smesso da giugno, faccio (facevo: da oggi in poi me ne
guarderò bene!) mensilmente queste pazzie di concedermi un piccolo sgarro ma
con tutti i crismi. E le attenzioni: di mattina così lo smaltisco; associandoci
proteine così la glicemia non s’impenna troppo; rinunciando a qualcosa a pranzo
per compensare…tanto che alla fine una colazione al bar, tra calcoli e infinito mercanteggiare, stanca più di una
seduta di Total Body (più o meno).
Tento di
sviare il discoro sull’amica, dall’aria meno aggressiva, più dolce e delicata,
che fino a questo momento è rimasta muta limitandosi ad assentire, di tanto in
tanto, con il capo. Beh lei è anche più grande: di anni ne ha 82, deve essere
l’età a renderla più pacata, meno impetuosa. Sicuramente più indulgente e meno
incline a queste manie odierne di cura del fisico.
“Anche tu hai già ricominciato la palestra?”
“No
quest’anno non vengo, mi annoia tanto”
Ohh,
finalmente un volto amico! Una con cui si può parlare, un’umana, che al bar
ordina solo un caffè nero, vabbè, ma al contempo è pigra. Esattamente come me.
Refrattaria al fitness.
“Ho deciso
di fare acquagym!”
Basta mi
arrendo.
@@@@@@@@@@@@@@
Con questa
torta invece i sensi di colpa sono ridotti al minimo (e a parte la qualità -davvero pessima- delle foto, vi assicuro che è buonissima). Niente burro, niente
uova, nemmeno un grammo di zucchero, ma in compenso le proteine dell’avena e la
consolazione del cacao. Per incontrare serenamente tutte le amiche della
palestra ;-)
Ingredienti
500 ml di
latte di riso o altra bevanda vegetale
2 banane
mature
10 datteri
½ bacca di vaniglia
150 gr di
farina di farro integrale
100 gr di
farina di riso bio
50 gr di
fiocchi di avena polverizzati
50 ml di
olio di riso
1 cucchiaio
di cacao amaro
1 cucchiaino
di all spicy
1 cucchiaino
di cannella
1 bustina di
lievito
Procedimento
Preriscaldare
il forno a 180°. Per prima cosa frullare insieme il latte di riso con le
banane, i datteri e i semi di mezza bacca di vaniglia. In un’altra ciotola
setacciare insieme le farine, le spezie e il lievito. Unire i due composti e
aggiungere i fiocchi di avena. Mescolare con cura e versare metà impasto in uno
stampo oliato e infarinato. Unire all’altra metà il cacao e, se necessario, un
dito di latte di riso. Versare nello stampo anche il composto al cacao,
distribuendolo casualmente su quello chiaro e infornare la torta per 40-45
minuti circa.
Ma tu pensa solo una cosa: loro sono arzille solo perché pensionate e non hanno un cavolo da fare tutto il giorno. Vorrei vederle dopo otto ore di ufficio, tsè! Quindi comunque sei più figa tu che ce la metti tutta nonostante tutto :) (tiè e ciapa là, come diremmo noi)
RispondiEliminaE ora passo a vedermi il dolcetto che, come al solito, sarebbe più che perfetto per trasgredire senza piangere dopo cinque minuti pensando alla bilancia!
Un bacio mia tentatrice salutista!
Tatiana bella mia mi era sfuggito questo tuo commento e le tue belle parole di incoraggiamento! hai ragione: fanno presto loro a tirarsela così, senza avere niente da fare tutto il giorno!! Ahahaha. Un bacione grandissimo a te, buona settimana <3
Elimina