E quindi,
anche quest’anno, siamo tornati a Creta.
Da quando
l’ho salutata, l’anno scorso, non ho visto l’ora di tornarci, ma certo non
avrei mai creduto possibile rimetterci piede con una pandemia in corso.
Specie dopo
le notizie incontrollate (ma frammentarie e spesso fuorvianti) che dalla Grecia
in generale hanno iniziato ad arrivare da metà agosto in poi, unitamente a
quelle di altri 3 paesi (perciò quasi mai specifiche). Non è stato facile
partire, per tanti motivi a cominciare dalla cancellazione di un volo prenotato
8 mesi fa. Ma ci siamo aggrappati a questo progetto con le unghie e con i
denti. Non per cieca testardaggine o per superficialità.
Ma
studiandoci dati, numeri, percentuali ogni giorno. E normative per entrare/uscire
dal paese. Alla fine abbiamo decretato di sentirci abbastanza tranquilli, posto
che un’attenzione così alta e un controllo così serrato non erano previsti
nemmeno partendo per qualche isola italiana dove erano in atto veri e propri
focolai. Parto allora a raccontare dalla fine, da come sia stato possibile
viaggiare in tempi di pandemia applicando regole imposte (da entrambi i paesi)
e altre personali dettate dal buonsenso.
Per entrare
in Grecia quest'anno è (tuttora) richiesto un QR Code, che arriva via mail alla
mezzanotte del giorno di partenza, dopo aver compilato, almeno 24 ore
prima, il "PLF" ( Passenger
Locator Form), ossia un modulo contenente le proprie informazioni di viaggio
per essere schedati ed eventualmente rintracciati. Questo costituisce un
documento di viaggio vero e proprio da tenere con sé fino al rientro. A
campione si può essere selezionati per effettuare il tampone all'arrivo ad
Atene (dove noi abbiamo fatto scalo, sia all’andata che al ritorno, e dove
erano dislocate una decina di postazioni con personale medico). Non abbiamo
visto centri Covid dedicati invece nel piccolo aeroporto di Creta, dove
comunque arrivano voli diretti, specie dalla Germania.
Al rientro
in Italia, poco prima dell’arrivo, vengono consegnati, a ogni passeggero,
un’informativa che spiega come per legge si sia obbligati a sottoporsi a
tampone entro le 48 ore successive all’arrivo e dei moduli da compilare con i
propri dati, l’aeroporto di provenienza e il numero del volo e del posto.
Questi moduli sono ritirati alla fine dal personale di bordo e consegnati
direttamente alla Polizia di Frontiera.
All’arrivo
si viene accolti da personale addetto, in un percorso guidato, a partire dal
tunnel di uscita dall’aereo fino all’area ritiro bagagli, dopo il quale ci si
reca nella sezione Covid all’interno dello stesso Terminal 3 (l’unico
attualmente attivo di Fiumicino).
L’organizzazione
è capillare, impossibile sbagliare. Poi sta alla coscienza di ognuno recarsi lì
o uscire direttamente (è possibile anche questo perché non si è sotto sequestro
e il tampone lo si può effettuare, a scelta, direttamente in aeroporto, negli
stand attivi fino alle 19; oppure al drive in sempre di Fiumicino, situato
nell’ex parcheggio lunga sosta e aperto 24h; o ancora presso qualsiasi Asl
della regione che figura nell’elenco dei centri Covid, sempre entro le 48 ore
successive allo sbarco). Importante ricordare che non si è sotto sequestro,
questo è vero, ma si è firmata una dichiarazione in cui ci si impegna a
effettuare il tampone, nel luogo prescelto, entro le 48 ore…
Noi abbiamo
scelto di farlo direttamente in aeroporto. Una volta lì, muniti di carta di
imbarco e tessera sanitaria, ci si mette in fila e si compilano altri moduli ancora
con dati personali, codice fiscale, numero del volo e posto a sedere
(quest’ultimo è importante perché anche se qualcuno dei posti vicini dovesse
risultare positivo si viene avvisati).
Si aspetta
il proprio turno in una fila indiana con distanziamento, si prende un numeretto
(che serve solo per il ritiro del risultato) e ci si siede davanti a una
gentile dottoressa in scafandro che fa abbassare poco la mascherina sotto il
naso e infila dentro questo un bastoncino abbastanza lungo e molto fastidioso.
Prima in una
narice poi nell’altra. Questione di una manciata di secondi comunque. Dopodiché
ci si sposta poco distanti per aspettare (circa mezz’ora) il certificato con il
risultato del test e la riconsegna della tessera sanitaria (e no, in questa
mezz’ora non si può uscire a fumare una sigaretta!). Ritirato tutto ci si reca
all’uscita e, mostrando il tagliando, si può finalmente uscire (sempre che il
test sia negativo; in caso contrario si seguono le indicazioni della asl per
mettersi in quarantena).
MA COME è
STATO, REALMENTE, PARTIRE IN TEMPO DI COVID?
Personalmente non ero preoccupata per l’aereo: viaggio ogni giorno in treno per lavoro, con persone che si abbassano la mascherina per parlare al telefono o sbuffare. In aereo è vero che non c’è più il distanziamento fra sedili (e dalla ripresa delle scuole nemmeno più sui treni), ma è altrettanto certo che la mascherina non è opzionale e che si può contare su un sistema pensato per far circolare aria al 50% presa da fuori e al 50% da dentro, ma filtrata (mediante filtri Hepa, gli stessi delle sale operatorie) allo stesso modo per 20-30 volte all’ora (ogni 2-3 minuti). Qui per approfondire.
Mi impensieriva di più lo stare negli aeroporti dove però ho trovato controlli serrati, sia a Roma che ad Atene.
Con personale che richiamava i pochi casi di mascherine abbassate, disinfettanti disposti ovunque, percorsi di distanziamento nei bagni, alle file per il check-in, o per il controllo al metal detector.
In tutto questo fa un certo effetto vedere gli espositori del
Duty Free completamente vuoti di tester ma anche dei prodotti stessi…
E UNA VOLTA
SUL POSTO?
Ognuno, a
parte standard minimi di decenza comune, ha una concetto personale di igiene e
pulizia. Così come è assolutamente personale la percezione di ciò che nella
situazione attuale fa sentire più tranquilli.
Io sono
partita con al seguito (nel bagaglio da stiva) un flaconcino da 100ml di soluzione
idroalcolica (70% alcol e 30% acqua) per spruzzarla, all’arrivo in ogni nuovo
albergo, su cuscini, riversina e testiera del letto. Poi sul posto ho comprato
delle salviettine disinfettanti che all’arrivo passavo su ciò che negli
alberghi difficilmente viene pulito: maniglie, interruttori, telecomandi,
pulsante di scarico del wc.
Alla fine mi
allargavo e in realtà passavo salviettine anche su ogni altra superficie
“presumibilmente” già pulita (comodini/scrivanie/tavolinetti
esterni/rubinetteria).
Lo standard
di pulizia degli alberghi è diverso dagli studios (che sono miniappartamenti
dotati di angoli cottura) o da alcuni di essi, dunque abbiamo trovato
eccellenze come alberghi che ci consegnavano chiavi sanificate dentro bustine monouso
e telecomandi incellofanati e realtà in cui invece la pulizia dei bagni era
sommaria e doveva essere necessariamente rivista, ma con un piccolo sforzo
personale e molte salviette igienizzanti ci si metteva l’anima in pace.
Avendo
cambiato 8 volte alloggio ho potuto avere una panoramica ampia di come ognuno
affronti la questione, in buona fede o meno.
RISTORANTI
Posto che il nostro stile di vita in vacanza in Grecia sia andare a cercare posti il più isolati possibile, è vero anche che, se per pranzo ci arrangiamo con pasti veloci, a cena andiamo sempre al ristorante.
Tolti i casi
delle 3 maggiori città dell’isola, Iraklio, Retimo e Chania, dove comunque
vigeva l’obbligo di mascherina anche all’aperto e dove abbiamo visto locali pieni
di giovani allegramente assembrati, siamo andati a caparci ristorantini un po’
più defilati (questo non per il Covid ma per la nostra naturale inclinazione
all’asocialità spinta e all’amore per le offerte un po’ meno turistiche).
Di 15
ristoranti che abbiamo girato soltanto 1 aveva biancheria sui tavoli e si
limitava a cambiare il telo superiore come da prassi in tempi però normali.
Tutti gli altri, più accorti, apparecchiavano con tovagliette di carta usa e
getta dopo aver sanificato il tavolo con prodotti appositi. Non posso dire che
ci fosse la stessa attenzione per il menu cartaceo (vietato nel nostro paese e
sostituito da menu digitale con QrCode). Ma una scrupolosa igienizzazione delle
mani (con flaconcino messo a disposizione su ogni tavolo praticamente in tutti
i ristoranti) successiva alla sua consultazione colmava questa falla.
Non ci è mai
capitato, nemmeno nei posti più sperduti dell’isola, un cameriere che non
portasse la mascherina.
In molti
casi di cucine a vista abbiamo potuto constatare come anche i cuochi e il
personale di cucina le indossassero. Perfino correttamente.
Non abbiamo
mai riscontrato problemi di vicinanza eccessiva dei tavoli, che rispettavano il
distanziamento anche in un locale minuscolo come quello che ormai conosciamo
dallo scorso anno a Lendas. Casomai si prendono prenotazioni e si fanno turni
diversificati.
Ho
constatato dunque un generale, scrupoloso rispetto per le regole pur nelle
mille difficoltà di un paese che vive essenzialmente di turismo.
Come il
nostro, certo.
Poi a questa
rigida osservanza delle regole corrispondeva magari la strafottenza di qualche
turista che entrava spavaldamente senza mascherina. Come ovunque, in ogni paese
del mondo.
Ho trovato,
in generale, solopoco più complicato viaggiare in questo periodo.
Come quando
si parte per l’Africa, o per altre destinazioni difficili, e si alza di qualche
grado la soglia di attenzione e di scrupolosità.
Ma è bello e
importante sapere di poter uscire dai propri confini.
Fisici e mentali.
Povero mondo come siamo messi.
RispondiEliminaSono però contenta che tu abbia ugualmente poturo viaggiare nonostante tutte le peripezie,
Grazie per il tuo dettagliato reportage.
Mandi
Grazie a te Rosetta,di esserci sempre. Povero mondo...dici proprio bene. Quando sono al supermercato a fare la spesa e vedo tutti (per fortuna) con la mascherina penso esattamente questa frase....nei prossimi post racconterò le cose belle di Creta! Un bacio grandissimo.
EliminaMandi
Dove vivo io nessun ristorante ha il qr code: hanno optato tutti per la plastificazione dei menù...
RispondiEliminaQuando sono stata in valle d'aosta e la cameriera mi ha lasciato un quadratino sul tavolo sono rimasta molto stupita: per fortuna la mia amica aveva l'app per leggerlo :)
La prima volta (a luglio al lago di Bolsena) é preso un colpo anche a me! Poi mi vergognavo di chiedere lumi, allora ho fatto una rapidissima ricerca in internet, mi sono scaricata la aol al volo e da allora mi sento orgogliosissima di me😂. Cmq sì, molti hanno scelto di plastificare, altri le lavagnette, altri ancora a voce..ma devo dire che il sistema del Qr Code è proprio comodo!
Elimina*la app (al volo)
EliminaAnche noi quest'anno avevamo in mente di tornare in Grecia ma la situazione ci ha bloccati e siamo rimasti nella nostra Toscana. Mi fa piacere leggere che avete potuto viaggiare in sicurezza e, indubbiamente, le tue scrupolose attenzioni sull'igiene (extra) delle camere, è stata oculata!
RispondiEliminaCerto avere un duenne che tocca tutto e si mette tutto in bocca è complicato da gestire ma spero che il prossimo anno le cose cambieranno e potremo goderci una vacanza fuori confini!
Grazie come sempre per tutte le info che trovo utilissime <3
Bentornata <3
Beh no, con un bambino piccolo decisamente non mi muoverei nemmeno io. Già è difficile conciliare la percezione di pericolo di due adulti e si discute spesso per questo, figuriamoci seguire anche un bambino che appunto, giustamente mette in bocca tutto e scopre il mondo così. Ho scoperto in questo periodo che davvero ognuno ha la propria sensibilità e la propria visione sul concetto di igiene, di scrupolosità e magari quello che è giusto per qualcuno è esagerato o fuori luogo per qualcun altro, e insomma, è davvero difficile già solo in coppia.
Eliminacomunque...verranno tempi migliori per viaggiare! Grazie cara Consu <3