Doha è una città onirica, un plastico lego in cui tutto è al
suo posto: ordinato, lucidato, perfetto.
A volte anche troppo perfetto.
Stazioni della metropolitana così grandi che tramite i sottopassaggi puoi arrivare da un quartiere all'altro, ma a differenza del Giappone, questi non sono costellati di negozi, punti ristoro, attività commerciali:
sono proprio solo dei lunghi, bellissimi corridoi, corredati di
bagni scintillanti e completamente gratuiti.
Tirati a lucido, asettici, splendenti, ma... desolatamente
vuoti
(che per una pendolare come me, costantemente pigiata in convogli stracolmi e costretta a bivaccare in stazioni sporche, con perenni lavori in corso, scale mobili rotte e graffiti sui muri, non rappresenta necessariamente un difetto. Casomai un motivo di riflessione).
Le persone che ci passano (e che quindi fruiscono della metro,
che sembra un salotto, il cui biglietto giornaliero costa 1,50 e sulla quale
esiste anche un vagone di prima classe! – per pochi centesimi in più) sono
estremamente poche rispetto alla loro capienza, a quello che potrebbero essere
e non sono.
Lo stesso accade nei centri commerciali: maestosi, scenografici
eppure quasi vuoti.
Di questi, un po’ come a Dubai, ce ne sono un po’ di tutti i
tipi: come quello che è una riproduzione di Venezia con canali, piazze,
palazzi, gondole e pure fiori alle finestre (finte).
Volendo fare un appunto: il cielo (pure quello ovviamente finto)
è un tantino scuro, per il resto è meglio di quello dell' Hotel Venetian a Las
Vegas (ma non del medesimo Mall a tema, che si trova a Dubai).
Insomma: pare che Venezia vada per la maggiore fra gli
ideatori di alberghi e centri commerciali…
A me diverte sempre molto vederli.
E poi i soliti contrasti arabi: questo romantico Mall in
questione è inglobato - non se ne comprende l'attinenza - in un enorme complesso (chiamato ASPIRE ZONE o anche SPORT CITY), di
circa 2,5 km quadrati, fatto di piscine (che due anni fa ospitavano i mondiali
di nuoto), campi da golf, da rugby, da ogni altro tipo di sport; prati
sconfinati con laghetti e paperelle, una
clinica ortopedica specializzata in medicina sportiva, un'accademia per il
reclutamento di talenti, lo stadio internazionale Khalifa e il più esteso
impianto sportivo coperto al mondo.
Se tutto ciò non fosse ancora sufficiente a dar prova di una
certa megalomania, basta alzare gli occhi al cielo per seguire la sagoma
sinuosa di The Torch, il grattacielo-
simbolo di Doha, alto 300 mt e dotato di una piscina a sbalzo che solo a
guardarla da sotto mette i brividi.
(comunque poi, per inciso, e per restare con i piedi per
terra, al Carrefour della finta Venezia vendono datteri sfusi di una bontà
assoluta)
Di Doha colpiscono gli spazi immensi e, contestualmente,
la sensazione, stranissima, di camminare per strada e essere
avvolti dal silenzio. Tante macchine e pochissimo rumore.
Ma non è l’unica particolarità.
Come quasi ogni città mediorientale che si rispetti (vedi Jeddah già 40 anni fa), vanta i monumenti più strani e assurdi, come un'ostrica gigante con la sua perla sul lungomare (per non tacere dei lampioni a forma di foglia di palma) o un pollicione dorato che sbuca dal pavimento del souk (..boh);
ma per essere al passo con i tempi sfoggia pure uno skyline di
grattacieli dalle forme più incredibili (e davanti le imbarcazioni tradizionali
in legno (proprio come a Dubai).
Per la verità, un giorno, chiedendo informazioni e
sobbarcandoci un’ora e passa di tragitto in metro, ci siamo spinti fino
all’estrema periferia dove sorge un altro gruppo di grattacieli con altre forme
ancora: a scatole sovrapposte, a zig zag, e poi una mezzaluna che si innalza da
terra, maestosa e sconfinata, che fa veramente impressione, soprattutto
buttando l'occhio ai balconi degli ultimi piani (la struttura ospita due hotel
di lusso). Anche questi affacciati sui colori del Mare arabico.
Il quale peraltro è contornato da più di 7 chilometri di
meravigliosa passeggiata.
Ecco, arrivare da un quartiere all' altro della città richiede
un certo tempo, viste le distanze abissali che li separano.
Chissà perché hanno deciso di costruirla così, con tutto lo
spazio a disposizione (il Mall più grande del Qatar, per esempio, è a 40 minuti
di metro dal centro, in pieno deserto), eppure non è che in città mancassero
gli spazi…
Ad accomunarli tutti comunque: la perfezione, l' ordine, lo
scintillio , la pulizia rigorosa.
Non una scritta, non una virgola fuori posto. Maniglie lucide,
vetri specchiati, pavimenti profumati, fiori sui lampioni.
Ogni quartiere, così come ogni grattacielo è studiato per
stupire, ammaliare, lanciare messaggi.
Dal Museo nazionale a forma di rosa del deserto,
alla biblioteca concepita come due fogli di carta ripiegati all'interno
che mentre raggiungi l'ingresso ti sembra di entrare in un libro;
fino all'atrio del
centro commerciale che ha il soffitto alto 30 mt per ospitare delle strutture
(ricoperte di piante vere) simili ad alberi, passando per un anfiteatro
affacciato sul mare.
E poi, in contrasto con tanta fantascienza, c'è il Souk Wakif,
luogo di ritrovo per la sera, con la polizia a cavallo e gli abitanti locali,
così come i turisti di altre zone del Medioriente, che girano
con i loro abiti, tutti apparentemente uguali
ma pieni di particolari diversi in base a stato civile, posizione
sociale, luogo di origine, così che in giro vedi solo bianco, nero e qualche
quadrettato rosso e bianco.
Doha è veramente una bella città, che merita più di una visita
fugace in poche ore di scalo.
È bella la sua atmosfera, i tramonti struggenti sul suo lungomare,
il suo essere una città-luna park in cui tutto è grande, sfarzoso,
esagerato.
Tuttavia, a differenza di Dubai, è una città che rimanda la sensazione di “vuoto”, di perenne attesa.
Doha è come una festa in cui è tutto pronto ma gli invitati
non arrivano.
Tutti gli stadi costruiti per i mondiali del '22 sono lì,
illuminati da giochi di luci che vederli da fuori è uno spettacolo ma poi sai
che nessuno ci entra, perché i mondiali
sono passati e di partite di calcio se ne giocano proprio poche qui.
Attesa.
Tanti grattacieli con i cartelli “Affittasi”.
Anche quelli: illuminati di notte, tirati a lucido, mantenuti
puliti e scintillanti.
Pronti per essere avviati!
Ma in attesa.
Manca la vita, soprattutto quella diurna: tanti bellissimi
locali dove mangiare la sera ma pochissimi, sparuti e sperduti
bar/chioschi/catene in cui prendere un caffè o anche solo una bottiglia d'acqua
di giorno.
Trovi per miracolo una gelateria davanti al museo nazionale
(non vende acqua). Con tanti, invitanti tavolinetti all'ombra di bellissimi
alberi.
Vuota.
E pensi: come minimo avrà un gelato vecchio di chissà quando.
Invece è freschissimo, vellutato, corposo, buono.
È tutto pronto qua a Doha.
Mancano solo gli invitati.
























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