Contavo i mesi che mi separavano da quello in corso.
Ho iniziato a contarli dal momento stesso in cui ho versato
la quota di iscrizione, per la verità.
Giugno = fine della scuola, fine quindi pure della palestra.
Pensavo io, ingenuotta che non sono altro.
Ma ignoravo completamente il fatto che le palestre potessero
rimanere aperte anche d’estate, perché come dice il saggio uomo che la gestisce
“la forma fisica e la salute mica vanno
in vacanza”.
Mai verità fu più dura da digerire.
Le mie in vacanza ci sono state per una vita, se è per
questo.
Ma è pur vero che basta varcare quella soglia, dare un
rapido sguardo attorno, iniziare a faticare qualche minuto per trovarsi
invischiati fino al collo e farsi venire l’ansia al solo saltare una lezione.
Figurarsi pensare di
estraniarsi dalla lotta al sopraggiungere dei primi caldi.
Mica siamo a scuola!
L’unico limite è la
tua mente.
Recita un cartello di incoraggiamento all’ingresso della
stessa.
Farlo diventare il mio mantra mi pare una pretesa eccessiva, ma una
piccola spinta motivazionale di certo la dà.
Il vero, autentico, genuino ed efficace calcio nel didietro
per non mollare, però, lo sferra sempre il confronto con i miei attempati
compagni del corso della mattina.
Ed è così che, contrariamente a ogni mia più radicata
convinzione e stentando a crederci io per prima, sono ancora lì che sudo e
fatico con (più o meno) costanza e (altalenante) abnegazione per ben 3 volte a
settimana. Rinunciando perfino al mare, io che la stagione balneare la
inauguravo nel ponte del 25 aprile, sentendomi pure un filo in ritardo.
Chi l’avrebbe mai detto?
Due giorni di posturale, uno solo di ginnastica funzionale,
ma ormai mi sento lanciata verso una conoscenza approfondita e baldanzosa
perfino dei vari attrezzi.
Che peraltro hanno anche dei nomi propri.
Specifici.
A volte delle sigle, altre veri e propri scioglilingua,
ovviamente sempre in inglese.
Perché vuoi mettere Trx, con “cinghie da appendere al
soffitto”?
O Jump rope con la bucolica e agreste
“corda per saltare”? Che fa tanto Laura Ingalls mentre si scapicolla allegramente giù da prati in fior?
Ma con l’etimologia, signori, possiamo spingerci anche oltre
(che mica allenare i muscoli significa mettere a riposo il cervello!) e
scoprire così che Kettlebell, quell’inquietante peso di ghisa simile ad una palla di cannone con una maniglia
(cit.), che volendo si può anche variamente acchittare
per (cercare di) renderlo leggermente meno ostico ( quando proprio non ci si vuole vedere un ghigno sarcastico)
E che, sempre ovviamente, si presenta in differenti stazze
da 2, 4, 8 kg…direttamente proporzionali al grado di masochismo di ciascun
individuo… deriva nientepopodimenoche dal russo, dove pare abbia fatto la sua
comparsa addirittura ai primi del 1700, quando probabilmente l’uso che se ne
faceva era un filo diverso.
È per il medesimo desiderio di approfondimento che ho
scoperto che quando esco di casa al solo scopo di macinare quei 5-6 km a piedi giusto per
sentirmi con la coscienza un po’ più a posto quando mi avvento sull'ennesima coppa di
gelato, in realtà non cammino: pratico Fitwalking.
Altro che cavoli.
Ma oziosi e vergognosamente sedentari studi linguistici a parte, nonostante gli ormai
svariati mesi di frequentazione e la assoluta padronanza della materia
(…),quando ormai ero sicura di averli sperimentati sul campo proprio tutti,
ecco che qualche venerdì fa vengo per la prima volta introdotta in un nuovo,
fantasmagorico mondo, fino ad allora nemmeno lontanamente immaginato.
Quello appunto del Total Resistance Exercise (l’acronimo di
cui sopra), che consente di eseguire
esercizi in sospensione (in pratica appendendocisi letteralmente e in vario
modo).
Della serie: scapicollati ma con garbo.
Scròciati, ma con eleganza.
Ammazzate ma con
stile.
Una manciata di sopravvissuti all’anno appena trascorso:
siamo rimasti in 6.
E come dice uno dei due ometti del gruppo: li mejo. Per selezione naturale.
Del resto Darwin mica era un cretino.
Età media: sempre 70 anni, ma con un pregresso di attività
sportiva da far invidia alla Pellegrini e a Magnini messi insieme.
La più giovane: io
La più impedita: sempre io.
Visto che siamo pochi
facciamo le cinghie! Annuncia tutto baldanzoso l’istruttore appendendo
ganci al soffitto con l’aiuto dei due baldi assistenti uomini dell’età di cui
sopra.
Ci disponiamo in tre su ogni lato, lui in mezzo per spiegare
e mostrare come se fa.
I primi due esercizi
scivolano via abbastanza tranquillamente sfiorando appena il rischio di aggrovigliarsi
nei fili penzolanti.
La fatica è tanta, ma la soddisfazione impagabile: ho
imparato una cosa nuova, non sono (ancora) caduta, non mi sono incriccata, non ho fatto magre figure, tutto
sembra procedere per il meglio.
Ma l’agguato è dietro l’angolo.
Al quinto esercizio
l’incauto mi si piazza esattamente davanti.
Non sa della mia sbadataggine.
Ignora come qualsiasi cosa, anche la più pregiata,
soprattutto la più fragile, meglio ancora se non mia, quindi con danni
conseguenti da pagare, sia solita cadermi dalle mani, rovinare a terra,
rompersi in mille pezzi.
Ho decimato interi servizi di piatti, miei e in case altrui.
Fatto fuori infinite serie di bicchieri, nei ristoranti come
nei bar, in patria come all’estero e perfino in Cina.
Schiantato a terra soprammobili di vetro soffiato così come
pesanti cornici di ceramica.
Spaccato vasi di terracotta e infranto miriadi di tazzine di
porcellana.
Sparso chili di farina, riso, pasta e biscotti nel tentativo
maldestro di aprirne i pacchi.
Rovesciato piante e divelto ante di credenze e mobiletti per
esserci caduta sopra dopo aver inciampato.
Sono riuscita a rompere perfino il gancio che tiene su il
tavolinetto apribile dell’aereo.
Ma stavolta la cosa è seria.
Non è tanto la maniglia in plastica rigida che tengo (per il
momento) saldamente (se fa pe dì) tra
le mani a preoccuparmi, quanto il gancio che la sovrasta, quel moschettone che,
in mano a me, potrebbe diventare una seria arma contundente, se lanciata a una
certa velocità, da una certa distanza.
Stringo ancora di più la presa, mentre rivolgo preghierine
sparse a tutti i santi del paradiso e cerco di ripetermi che
non deve sfuggirmi, non deve sfuggirmi, non deve sfuggirmi
Anche se, razionalizzo, al momento sono di spalle e tutt’al
più finirebbe in faccia a me.
Certo non sarebbe una gran figura, ma almeno non avrei
qualcuno sulla coscienza.
“Ok, stop, giratevi
verso di me”
….ed è nella fase della rotazione che accade.
Mi sfugge (perché mica è colpa mia se l’esercizio prevede di
girarci senza lasciar andare la cinghia e possibilmente senza attorcigliarcisi
all’interno) , prende velocità, le maniglie oscillano, il gancio penzola
pericolosamente, il mondo sembra
fermarsi.
Ecco, sicuramente lo uccido.
Trattengo il respiro, chiudo gli occhi, esco dal mio corpo.
Finché la sua voce che impartisce ordini non mi riporta alla
realtà.
Allora non l’ho fatto fuori!!
e non mi pare nemmeno ferito.
e non mi pare nemmeno ferito.
“Mi sono spostato
prima di dirvi di girarvi: so che possono sfuggire”, rassicura lui con
apparente nonchalance, ma anche l'inespressa e malcelata gioia per il pericolo appena
scampato.
Sì, ora sa anche che nel mio caso questa non è un’ipotesi,
ma una certezza assoluta.
E io so che nemmeno in palestra posso essere sicura di non
combinare guai.
Talvolta la consapevolezza è già qualcosa però.
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Si chiama polpettone ma della carne non c’è traccia: solo verdure, uova e formaggi. E pare
che da quelle parti lo facciano un po’ con tutte
le verdure: una volta infatti mi pare di averlo fatto anche io usando però le
zucchine al posto dei fagiolini. Una rivelazione! Specie per chi, come me, non
gradisce particolarmente le uova, non mangia volentieri la carne, adora i
piatti unici e predilige cose che prendi, metti in forno e via., pure con 40°all'ombra.
Un trafiletto su un giornale, una ricetta presa al volo e
adattata a gusti , esigenze e disponibilità di ingredienti in frigo.
Di seguito dunque gli ingredienti che ho usato io, con le
loro quantità, ma devo dire che mi sono regolata a occhio, in base alla teglia
che avevo (una pirofila in pirex di forma ovale, abbastanza grande). Le patate
sono un’aggiunta rispetto alla ricetta, ma leggendone altre ho scoperto che
comunque ci vanno; ho diminuito le uova che in origine erano 4; ho omesso i 2
rametti di maggiorana previsti perché non li avevo e per lo stesso motivo ho
sostituito i pinoli con le mandorle. La ricetta prevedeva di frullare tutto, ma
questa volta non mi andava l’effetto omogeneizzato e ho preferito tritare grossolanamente.
Le uniche foto rubate all’assalto famelico sono di pessima
qualità per ovvie e superiori ragioni.
Ingredienti
2 patate grandi
3 uova
2 scalogni
50 gr di parmigiano
50 gr di pecorino
50 gr di mandorle (o pinoli)
Qualche cucchiaio di pangrattato tostato
Sale
Pepe
Olio extravergine d’oliva
Procedimento
Mettere a bagno una parte delle mandorle (sono quelle che
andranno in superficie e servirà a non farle bruciare). Mondare i fagiolini,
lavarli, lessarli per circa 15 minuti e dopo averli scolati, tagliarli a
pezzetti. Lessare anche le patate, sbucciarle e farle raffreddare, quindi
tagliarle a dadini. In una padella scaldare dell’olio con lo scalogno tritato,
aggiungere i fagiolini e le patate, insaporire con sale e pepe e con il resto
delle mandorle tritate grossolanamente.
Far intiepidire un po’; nel frattempo accendere il forno a
180°, oliare uno stampo e cospargerlo di pangrattato. Unire al composto le uova
mescolando bene, quindi versarlo nello stampo. Livellare la superficie,
spolverizzare con altro pangrattato, disporre sopra le mandorle tenute a bagno,
scolate e asciugate; un giro d’olio e in forno per circa 30 minuti.
Come si dice da queste parti "lui sa dove dorme il polpo" altrimenti non sarebbe ancora così baldanzoso ma con le ossa rotte e segni di cinghiate. Ah che bello leggerti di prima mattina, mi fai morire ogni cosa nel tuo racconto diventa divertente e ti attacca al video come pochi libri (kindle altrimentri il parallelo non regge) sanno fare. Bello anche il polpettone, bella idea, fresca e invitante. Un bacione e un abbraccio di quelli stritolosi.
RispondiElimina<3<3<3<3<3
EliminaBello iniziare la giornata con i tuoi apprezzamenti: grazie!!!!!
Ganzo il detto delle tue parti: me lo rivenderò sicuramente!
Abbracci a te, di quelli stritolosissimi, certo!
e buon weekend
Quante risate mi fai fare!Sei proprio comica quando racconti della palestra,mi fai morire !In palestra ci dpvrei andare anche io ho la schiena a pezzi ma non mi decido mai ,ciao e buona domenica.
RispondiEliminaGrazie Malida! Guarda, se non fossi stata spinta da un evento che mi ha costretta a fare iniezioni di voltaren per una settimana, dopo il quale ho deciso che DOVEVO fare qualcosa per la mia schiena e se non prendessi costantemente il lato comico di tutta la faccenda...in palestra, ti assicuro, non andrei meni nemmeno io!!!!
EliminaPerò guardiamo i lati positivi:
la schiena ringrazia
si trovano spunti per nuovi post
si fanno amicizie impensabili
si ride perfino!!!
Dai coraggio, deciditi e a settembre iscriviti anche tu (magari nella mia stessa palestra, così andiamo insieme!!!!!)
Tanti bacioni e buon fine settimana!
Ma sei un disastro!! un vero pericolo epr te e pergli altri!! ahahahahaha dai..a parte gli scherzi.. ti capsico bene.. più o meno son sbadata come te! Fortuna che non hai ucciso nessuno hihihihhi... Ottimo il tuo polpett..ops.. io direi più frittatona!!!!!! mi piace con fagiolini e patate.. baciotti e bun sabato :-)
RispondiEliminaMi chiedo anche io perchè non lo chiamino frittatona, sto coso che non assomiglia nemmeno lontanamente a un polpettone. Magari qualche lettore genovese ci potrà rispondere!! Ma nome a parte, per me è stata una rivelazione, mi è piaciuto troppo!
Eliminaquanto alla sbadataggine...giusto ieri mi sono azzoppata andando a sbattere il piede con tutta la violenza possibile contro uno stipite mentre passavo l'aspirapolvere: nun poi capì!!!
Tanti bacioni claudiè, buon fine settimana!!!
bbonooo!!
RispondiEliminaConfermo!! baciii
Eliminaciao ti ho scoperta per caso e ne sono felice perchè le tue ricette sono golosissime quindi hai conquistato una nuova fans se ti va vienimi a trovare sul mio blog spicchidelgusto
RispondiEliminaa presto elisa