"A casa non s'arriva mai, ma dove confluiscono vie amiche, il mondo per un istante sembra casa nostra" (H.Hesse)

venerdì 25 agosto 2017

Tokyo la pazza


Più avveniristica di Dubai, più eterogenea di Kuala Lumpur, più pazza di Las Vegas, più ordinata di Singapore, più affollata di Pechino, più efficiente di Hong Kong…più incredibile di qualsiasi altra metropoli al mondo, Tokyo è riuscita, con le sue mille anime, a scalzare perfino New York dalla cima della mia personale classifica delle città preferite.
L’ho amata da subito, mettendomi in coda insieme a una moltitudine di altre persone per salire le scale mobili all’uscita della metropolitana.

Piena all’inverosimile, rigurgitante, traboccante, eppure incredibilmente silenziosa ed accogliente. Dove la naturale claustrofobia è soppiantata dallo stupore di ritrovarsi tutti lì, concentrati in pochi metri quadri e realizzare che ognuno cerca di essere meno d’intralcio possibile agli altri, senza sgomitare, senza spingere, semplicemente occupando il proprio spazio vitale e non un centimetro di più, nel rispetto assoluto di quello degli altri.

Tokyo ha mille volti, uno per ogni suo quartiere, perché è grande, sconfinata.
Ma c’è un filo rosso che li attraversa tutti ed è quello dell’altissimo senso civico dei suoi abitanti.
Una megalopoli come tante altre, all’apparenza e se vista in superficie. In realtà diversa da tutte le altre e assolutamente unica, se osservata in profondità.
Innanzitutto per il contrasto nettissimo tra la quantità di gente che la attraversa in ogni quartiere a ogni ora del giorno e il senso di sicurezza e perfino, incredibilmente, di relax che regala.
Non mi era mai capitato infatti di girare in una grande metropoli senza avere l’ansia di mettere costantemente mano al marsupio per controllare che ci fosse tutto, dai soldi ai documenti, alle carte d’imbarco per i voli successivi.
A Tokyo giri, cammini, ti confondi tra la folla, ti immergi in questa e ti accorgi di quanto pur inglobata in un fiume di gente in movimento perenne ti senti tranquilla e al sicuro.
Nessun rumore molesto, a parte i jingle dei semafori che con suonerie diverse avvertono quando fermarsi e quando procedere.
Perfino un corteo di manifestanti qua procede pacato e discreto...

Niente schiamazzi, nessuna gomitata ansiogena che ti spinge a cercare riparo, a camminare rasente ai muri. Nessuna suoneria che riecheggia. Nessuna voce umana che superi il normale tono di conversazione.
Sembra paradossale definirla una città silenziosa, considerando tutti i neon e i maxi schermi con le pubblicità e i video a getto continuo.
 Ma è nelle brevissime pause tra le une e gli altri che ci si rende conto che in fondo, silenziosa, Tokyo lo è per davvero. Che se non ci fossero tanti schermi giganti le automobili non si sentirebbero lo stesso, così come la gente che passa, cammina, si incrocia, esce, entra, sale, scende, in un flusso ininterrotto che comprende tutti gli strati di questa stranissima città.
Già perché Tokyo non è solo ciò che si vede in superficie: le strade, i negozi, i locali, le bancarelle, i templi e i megastore, le sale da Pachinko (il gioco d’azzardo più diffuso in Giappone) e le miriadi di luci al neon.

Basta scendere una scalinata che porta alla metropolitana per trovarsi in un’altra, speculare dimensione.
Sotto la città infatti ne scorre un’altra parallela fatta di incroci, lunghissimi viali, scale mobili e tapis roulant. Altrettanto affollata, altrettanto efficiente e in perenne movimento. Una stratificazione infinita che dilata lo spazio, il tempo e il fascino incredibile di questa sconfinata megalopoli.


 Servono mappe per orientarsi, serve cercarle e consultarle.

 Per capire poi che uno stesso luogo è raggiungibile sia camminando in superficie sia percorrendo tutto il sottopassaggio fra una fermata metro e l’altra.

 Magari fermandosi a guardare i negozi o a mangiare. E pensando che proprio sopra la testa scorre un’altra via, con altra gente, altri negozi…

I lavori in corso hanno il minore impatto possibile. 

Passano quasi inosservati, per la velocità con cui li realizzano, per l’organizzazione capillare con cui li affrontano. E ci si chiede come sia possibile che in una città così immensa tutto funzioni, tutto scorra.
Apprendiamo solo da internet che il giorno 29 aprile 2017 la metropolitana di Tokyo per la prima volta è rimasta chiusa per ben dieci minuti a causa delle scellerate minacce provenienti dalla vicina Corea del Nord.
Dieci minuti. Gestiti a impatto zero.

Di  Tokyo non racconterò cosa vedere e dove andare. 
Tokyo è semplicemente da vivere e assaporare, lasciandosi andare ed emozionandosi il più possibile, assorbendo e incamerando innanzitutto la sua straordinarietà.

 La stessa per cui un attimo ti trovi ad attraversare l’incrocio più trafficato al mondo
Shibuya

 e quello dopo, all’improvviso, la folla si dirada, i neon si spengono, i suoni diventano sempre più lontani e all’improvviso sei immerso in un bosco dai contorni quasi magici.
Ueno koen


Di mattina spazi con lo sguardo all’insù per immensi grattacieli,

 accanto a manager e impiegati in giacca e cravatta e la sera mangi gomito a gomito in locali striminziti e fumosi con gente del posto.

 Forse la stessa di quella mattina. Forse i due volti della medesima città.
Un giorno ti aggiri per il mercato di pesce all’ingrosso più grande del mondo,

 schivando mezzi 


e casse contenenti ogni sorta di creatura marina che ti passano sulla testa

 e quello dopo respiri l’aria mistica del tempio più frequentato della città, fra fumi d’incenso e fiumi di gente raccolta in preghiera.

Aggiungi didascalia

E in un inevitabile flashback, ti rendi conto che il giorno prima al mercato Tsukiji non hai avvertito l’odore del pesce, ma perfino lì, incredibilmente, solo efficienza, compostezza e pulizia. Divise tutte uguali, odore di disinfettante e perizia chirurgica nelle mani di chi sfilettava il pesce.

Ripensi al palazzo imperiale, che sbuca tra le foglie di alberi secolari davanti a un panorama contemporaneo di acciaio e vetro.
Palazzo Imperiale

Poi ti trovi a fare un biglietto per la linea Yurikamome,

 il treno senza conducente che da Shinbashi conduce sull’isola artificiale di Odaiba, nella baia di Tokyo.
Odaiba Kaihin-Koen

 E per godertela ancora di più decidi di scendere 3-4 fermate dopo quella centrale,

 nei pressi del Tokyo International Sight, per tornare indietro a piedi, lungo viali sconfinati, 

centri commerciali grandi quanto una città, con cieli finti e architettura barocca, 
Diver City Tokyo Plaza
costruzioni avveniristiche che sembrano sfidare le leggi della fisica.


 Ti rilassi sulla spiaggia,mescolandoti alla folla domenicale

Odaiba Kaihin-Koen
passeggi sul molo


 e incontri perfino Miss Liberty!

 (dopo che appena un paio di giorni fa sei salito pure sulla gemella nipponica della Tour Eiffel…).
 
Tokyo Tower
(e che sei incappato in una vitale, seppur anacronistica Oktoberfest)


Cammini per Yanaka, bellissimo quartiere con case tradizionali e una moltitudine di templi disseminati qui e là; e un attimo dopo di trovi nel quartiere di Aki Habara, fulcro degli appassionati di anime e manga, a passeggiare fra personificazioni di questi e altri strani individui.

Decidi di riprendere fiato nel parco di Ueno, fra templi e chioschetti di cibo, prima di gettarti nella folla di Asakusa, per vivere il contrasto fra la salita sulla Tokyo Sky Tree 
Tokyo Sky Tree
e l’atmosfera mistica del Senso-ji, il tempio più visitato di Tokyo (e se cercate souvenir dai prezzi abbordabili dopo aver girato inutilmente tutto il Giappone salassati dal costo della vita locale, siete nel posto giusto! Approfittatene e fatene incetta!).
Cercando tutt’altro ti trovi a passeggiare lungo una strada tutta dedicata alla cucina (Kappabashi dori, nota e indicata sulle mappe anche come Kitchen Street), con negozi dedicati e suddivisi scientificamente per categoria: la bottega dei coltelli, quella che vende solo padelle, l’altra rigurgitante stampi per dolci dalle forme più incredibili.
Fino a incantarti davanti alle vetrine di sampuru (dalla storpiatura dell’inglese sample),

 le riproduzioni di cibo in cloruro di vinile, fatte così bene da aver bisogno di toccarle con mano per capire che non sono vere.
E c’è veramente di tutto: dagli orecchini-patatine intinte nel ketchup,

 alle cover per I-Phone, 

fino a modelli a grandezza naturale e iperrealistici di torte, alimenti e piatti pronti.
Ti imbottigli nella metropolitana insieme a loro per tornare in albergo e sorridi pensando che la tua fermata è Shinjuku, affollatissimo quartiere dove sorge l'omonima stazione ferroviaria, nota per essere la più trafficata al mondo con giusto quei 3 milioni di pendolari che vi transitano ogni giorno...
Shinjuku

E il tuo albergo non è nemmeno lì, ma nel limitrofo quartiere a luci rosse: mai in nessun’ altra città del mondo ti sarebbe venuto in mente pensando alla sicurezza e ad altre paranoie.

Ecco, in Giappone anche il quartiere a luci rosse è tranquillo e discreto: vivibile a sera tarda così come alle prime luci dell’alba senza incontrare altro che spazzini e qualche rarissimi clochard.

Rientri in albergo e guardi questa fantastica città dalla minuscola, strettissima finestra accessibile solo salendo dal letto.

 Rifletti  sul concetto di “stanza piccola” realizzando che non ti era del tutto chiaro prima di aver visto una camera d’albergo in Giappone. 

Esserti lavato nei suoi minuscoli bagni, aver sistematicamente aperto, richiuso, scavalcato e usato come supporto le valigie e gli zaini, senza averli mai potuti disfare durante tutti e quindici giorni.
Perché no, non ci sono armadi nelle stanze giapponesi. Un appendiabiti e un paio di stampelle a testa: di più non c’entrerebbe.
E pensi che in fondo non potrebbe essere altrimenti. Che la città è grande, immensa, smisurata e loro sono tanti, tantissimi, innumerevoli, quindi lo spazio è poco e va sfruttato al massimo.
Shinjuku

E in tutto, in ogni suo aspetto, riconosci appieno quel Giappone-ossimoro descritto mirabilmente da Fabio Geda.
 Un luogo, quasi fantascientifico, in cui si incontrano e convivono pacificamente: “ipercontemporaneità e ipertradizione. Computer e animismo. Grattacieli antisismici e tempietti shinto. Treni ad alta velocità e laghetti con le carpe”.

Praticamente: un mondo a parte.
Tombini con immagine di Hachiko





12 commenti:

  1. Grazie cara, con te e la mia fantasia, faccio dei viaggi fantastici ed è tutto merito tuo.
    Mandi

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    1. Grazie a te, cara Rosetta, di seguirmi sempre! Ti abbraccio con affetto❤

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  2. Tokyo è davvero la città che non ti aspetti! Grazie x le tue foto e le tue emozioni .-)

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  3. Un bellissimo reportage su tokyo, grande lo condivido su facebbok, grazie

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  4. chissà se mai riuscirò ad andarci... buona giornata, Luisa!

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  5. E' veramente un mondo a parte. Mi chiedo perché lo stesso grado di ciciviltà non ci possa essere un po' dappertutto. Vivremmo molto meglio! Il fatto che ti sia piaciuta più di New York che pure per me è al top della classifica, mi incuriosisce ancora di più!

    Fabio

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    1. Mi piacerebbe infatti confrontarmi su questo argomento! Devi andarci, Fabio, così ne parliamo! Beh, non che io abbia smesso di amare New York, però ecco, Tokyo ha in più la particolarità, straordinaria ai miei occhi, di essere "silenziosa", quasi rilassata, il che la rende unica fra le grandi metropoli. Oltre ad essere molto varia e bellissima. Non riesco a dimenticarla e mi ha lasciato dentro una fortissima voglia di tornarci!

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  6. È tornato da poco mio figlio da Tokio, ma queste tue foto sono meravigliose, complimenti
    Grazie della visita sei molto gentile
    Un abbraccio a presto
    Maurizio

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    1. Ma grazie a te, Maurizio, di essere passato a trovarmi nel mio blog e dell'apprezzamento. I complimenti alle mie foto, da uno che fa il fotografo, hanno un valore altissimo!
      Grazie ancora, buona giornata

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