"A casa non s'arriva mai, ma dove confluiscono vie amiche, il mondo per un istante sembra casa nostra" (H.Hesse)

venerdì 25 luglio 2014

Se proprio insisti… - Cheesecake "quasi" light


Tale e tanta è stata la gioia di ritrovarmi all’improvviso ad avere del tempo tutto per me che mi è venuto istintivo, naturale, quasi vitale, lanciarmi in attività al limite dell’umana decenza.
Come per esempio quella di accendere il forno un giorno sì e l’altro pure, al punto da finire preda di crisi mistiche e sentir crescere forte e chiara dentro di me la voglia di polenta, crostini stracchino e salsiccia, strudel di mele e piatti rigorosamente invernali, possibilmente ipercalorici e vergognosamente grassicci.
O come quella di stirare, in pieno luglio, giusto in concomitanza con quel timido e fugace accenno di caldo vero, mentre imperversava il primo ( attesissimo, considerata la stranezza climatica di questa estate) passaggio di Caronte e il termometro sfiorava, allegramente,  i 35°.
Attività peraltro, da quel famoso momento in poi, subitaneamente abbandonata dalla sottoscritta e delegata vita natural durante, nei secoli dei secoli a venire, al volenteroso amato bene.
Che non aveva capito, sul momento, di aver azzardato una mossa incauta.
Della quale avrebbe pagato le amare conseguenze a vita.
Di essersi fregato per sempre, insomma.
Per tutto l’inverno infatti s’è stirato autonomamente camicie della divisa e magliette (sue e mie) uscite un po’ troppo stropicciate dai 1200 giri di centrifuga utili all’asciugatura col tempo brutto.
Di quelle da non poter proprio solo acciaccare col palmo della mano e sedercisi sopra con tutto il peso per “stirarle” alla buona.
Qualche volta s’è stirato pure una camicia mia, un pantalone messo lì, a caso, in attesa che qualcuno, sempre a caso, si prendesse la briga di poggiarlo sull’asse, passarci sopra la piastra rovente, sbuffarci quattro-cinque svaporate e riportarlo così all’antico splendore.
Insomma, sono stata completamente sollevata dal compito di prendermi cura della montagna di panni da stirare (e pure da raccogliere dallo stendino perché a quel punto uno approfitta, coglie l’attimo e tende a levarsi di dosso, in un sol colpo, più mansioni possibile).
Che poi, come li ritira lui, i panni dallo stendino, come li ripiega, come li rimette a posto…io non potrei mai!
Raggiungere vette così alte di perfezione.
E quindi ecco il tutto è finito per diventare assolutamente, esclusivamente, compito suo.
Insostituibile e inarrivabile.
Tanto che io ho dimenticato perfino come si carica la caldaietta del ferro da stiro (“Ma te lo ricordo io, se vuoi”, si offre sempre speranzoso l’amato bene. E io approfitterei pure di tanta generosità se non fosse che, appunto, non mi sognerei mai di toglierli il primato faticosamente raggiunto dei 5minuti a camicia, non uno di più!)
Tuttavia, dicevo all’inizio, tale e tanta è stata la gioia di ritrovarmi un po’ di tempo libero in più e così innato e duro a morire il desiderio di prendermi ogni tanto amorevolmente  cura di lui, che un bel giorno, l unico, dal solstizio d estate in poi in cui abbia fatto veramente caldo, alle ore 14:35, mentre la casetta ardeva come la cupola imbiancata di un forno a legna, le candele in bagno trasudavano autonomamente olii aromatici e le piante in balcone avvizzivano senza scampo sotto i raggi implacabili del sole, gelsomino siciliano compreso, io, caricata l’acqua nella caldaietta, sguainata l’asse da stiro, inforcavo decisa la spina del ferro da stiro nella prima presa utile.
Sbuffi di vapore presero a investirmi senza pietà, avvolgendo e inghiottendo in una nuvola calda, densa e fumogena, tutto il poco ossigeno rimanente.
Ma sprezzante del pericolo e con adamantina dirittura morale, affrontavo indomita ogni successiva azione.
Colletto, polsini, staffe per i gradi, taschino, lo spazio fra i bottoni…via via la camicia prendeva la sua forma originaria e le pieghe si spianavano sotto i colpi della piastra rovente, da mke sapientemente guidata.
E più spianavo più mi sentivo realizzata, felice, soddisfatta, in una parola: a casa.
Ritrovando gesti dimenticati, azioni rimosse, movimenti accantonati per tanto, troppo tempo.
In attesa del ritorno dell’amato bene, per mostrargli tutta orgogliosa la buona azione quotidiana.
Sguardo sbigottito, bocca spalancata per la sorpresa, incredulità dipinta sul volto:
“No!! Hai stirato?!?!
Annuisco con sguardo fiero e aria superiore, alzando appena un sopracciglio.
(non è necessario specificare di aver impiegato quaranta minuti buoni per arrivare a un risultato apprezzabile…)
Una camicia.
 Di tutto punto.
Trovami una piega e ricomincerò da capo”, lo sfido ebbra si soddisfazione e di indomito valore.
Ci pensa solo un attimo, e getta la spugna
No, no è che domenica vojo annà ar mare: così fai piove tutta la settimana! Lascia sta che ce penso io!!
Basta davvero poco a ridefinire ruoli, distribuire equamente i compiti di casa e far passare il tutto per scelte autonome e per niente condizionate.

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Devo assolutamente comprarmi uno stampo a cerniera da 22 cm di diametro. Perché questa torta qua l’ho fatta nel solito stampo da 26, ma per me la cheesecake, fredda o calda, light o ipercalorica che sia, deve essere alta almeno almeno 3 dita.
E quindi ecco, per stavolta è andata così, ma voi usate pure uno stampo più piccolo, che il risultato sarà ancora più goloso!
Da preparare rigorosamente il giorno prima, o al massimo la mattina molto presto per il dopo cena.

Ingredienti (per uno stampo a cerniera da 26 cm di diametro)

Per la base:
300 gr di biscotti tipo digestive
100 gr di burro

Per il ripieno:
500 gr di yogurt greco Total 0%
200 gr di Philadelphia balance 3%
70 gr di zucchero a velo
5 fogli di colla di pesce
Un goccio di latte

Per decorare:
1 vaschetta di more
1 vaschetta di ribes rosso
1 vaschetta di mirtilli

Procedimento
Tirare fuori il panetto di burro dal frigo e lasciarlo ammorbidire.
Mettere a bagno la colla di pesce in acqua fredda.
Preparare innanzitutto la base, imburrando uno stampo a cerniera per poi ricoprirlo interamente di carta forno che in questo modo resterà ben distesa su fondo e bordi.
Raccogliere i biscotti in un sacchetto di plastica e prenderli a matterellate finchè non si sbriciolino grossolanamente. 
Dopodichè, unire il burro ormai morbido e impastare il tutto fino a ottenere un impasto simile a sabbia bagnata (e appiccicaticcia).
Disporlo sul fondo dello stampo, schiacciare col palmo della mano per livellare bene la superficie e riporre in frigo.
Mettere lo yogurt e il philadelphia in una ciotola capiente, unire lo zucchero a velo e lavorare qualche secondo con le fruste elettriche.
Mettere due dita di latte in un pentolino su fuoco basso e non appena sarà tiepido, unirvi la colla di pesce strizzata. Farla sciogliere mescolando con cura e unire al composto di yogurt e formaggio.
Riprendere la base dal frigo e disporvi sopra la crema, livellando bene con il dorso di un cucchiaio inumidito e lasciarla in frigo a rassodare tutta la notte.
Al momento di servirla, passare la lama di un coltello intorno al bordo dello stampo, aprire la cerniera e decorare la torta a piacere con i frutti di bosco o altro.

3 commenti:

  1. Aahahahahahhaha ma come hai il tuo amore che stira.. e tu in un giorno rovente pensi di stirare?? ma che te posino! Io son fortunata in altris ensi invece.. Ric usa camicie che non hanno bisogno di essere stirate.. più che altro a lui non frega poi molto.. e che chiul!!!!!!!!!!!!!!! Le magliette non le stiro mai.. ovvero. si stirano con il calore delle mie belle manine quando le piego! Quindi io stiro solo pantaloni che grazie al cielo non è che si lavano tutti i giorni .-D... Ottima invece la tua cheese cake.. mi piace molto... baci e buon w.e. :-)

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  2. Se Michele stirasse mi guarderei bene dal provarci anche solo una volta ,,,non è che posso approfittare del tuo e spedirti un pò di roba? la cheesecake è da sturbo...

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  3. molto incantevole la torta con yogurt greco ma molto divertente il racconto di vita casalinga mi ha molto divertito e anche fatto riflettete

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