La fuga di san Valentino, organizzata dall’amato bene, è
stata tutta all’insegna della praticità per vicinanza, durata e spostamenti,
anche se nel volgere di un giorno e mezzo abbiamo scoperto luoghi, a due passi
da casa, di cui quasi ignoravamo l’esistenza.
Passeggiare nel Sacro
bosco di Bomarzo è costruirsi un racconto facendo vivere e interagire le
gigantesche statue in peperino che lo popolano.
Un’ora di passeggiata, in un percorso obbligato tra saliscendi,
sentieri nascosti e terra battuta in cui si fanno incontri dei più disparati,
tra cascate,
fontane e orche fameliche che
spuntano dalle acque.
Case pendenti (in cui camminare è una divertente sfida all’equilibrio!)
Tartarughe giganti
ed elefanti con tutto il baldacchino che spuntano fra gli
alberi.
Ma anche orchi con le fauci spalancate, in cui far capolino
(perché la curiosità è tanta: che ci sarà nella bocca di un orco?)
Donne addormentate,
altre che giocano
altre ancora semplicemente sedute a riposare sotto un albero
prima di riprendere il lavoro nei campi.
Gli ingredienti di una favola ci sono tutti: il bosco
cinquecentesco voluto da Pierfrancesco Orsini (il cui fantasma, pare si aggiri
ancora fra i suoi alberi..), sembra una sorta di Gardaland del passato, con
case della paura, giardini labirintici e piscine animate da personaggi
acquatici.
Ma è anche la favola di un bosco incantato, i cui
personaggi, imprigionati in un sonno secolare, sembrano doversi risvegliare da
un momento all’altro…
Siccome il brivido oltre a stupire mette fame, ci facciamo
consigliare, dalla proprietaria del B&B a Soriano nel Cimino, un ristorante
in cui sciogliere tutta la tensione della mattinata.
E lei, forse perché è san Valentino, forse perché è romantica
di suo, ci consiglia un ristorante sul cocuzzolo dei Monti Cimini, al limitare
di un magnifico bosco di faggi secolari, in uno scenario che è quello di
un’altra favola.
Il locale si chiama, non per niente, “La faggeta” e mentre a
valle fa caldo e splende il sole, quassù il bosco è tutto ammantato di neve e
regala un’atmosfera ancora più suggestiva.
Una baita con vetrate immense da cui guardare la neve stando
al caldo,
assaporando piatti tipici e corroboranti come la zuppa di ceci e
castagne, piatto forte dello chef, e tutto ciò che abbia a che fare con il
prodotto principe del posto, ovvero Sua Maestà il fungo porcino.
Nemmeno la voglia di perdere tempo a fare foto decenti.
E la chicca finale è un magistrale tiramisù fatto in casa e
una torta ai frutti di bosco da animare anche le statue di Bomarzo.
Decidiamo di smaltire parte delle innumerevoli calorie
gironzolando per il borgo di Chia e
arrampicandoci verso la zona alta.
Un borgo minuscolo in cui convivono case abitate e vecchi
ruderi senza soluzione di continuità.
Un ristorante alla base più grande di tutto il paesino messo
insieme e un piccolo parco pubblico, sulla sommità del paese, che confina con un
giardino privato e che più che altro appare come una continuazione di questo,
un piccolo angolo messo a disposizione
di tutti, con giochi di tutti.
Perfino la piazza dedicata a Giordano Bruno appare come il
giardino privato di una casa qualsiasi.
Strano e affascinante nella sua particolarità.
La serata trascorre nella ricerca vana di un locale in cui mangiare,
ma due piccoli dettagli impediscono di trovare un solo tavolo libero a Viterbo
e provincia: è sabato ed è san Vallentino e noi non abbiamo prenotato niente.
Finiamo in uno sperduto agriturismo verso le dieci di sera,
dove è in corso un’animatissima e decisamente folcloristica festa gipsy per il
battesimo di un pupetto.
Nonostante musiche parossisitiche sparate nelle orecchie a
getto continuo e la difficoltà a comunicare da un lato all’altro del tavolo, ci
gustiamo comunque una pizza senza infamia né lode e osserviamo, curiosi e
divertiti, la festa in corso.
L’atmosfera ovattata del rifugio per la notte ci sembrerà
ancora più bella.
Il mattino dopo, una pantagruelica colazione preparata dalla
signora del B&B inaugura la giornata nel migliore dei modi: crostata con
marmellata di visciole, torta di ricotta, strudel di mele e biscotti, tutto
rigorosamente fatto in casa, confetture comprese.
E casomai non ci fossimo saziati a sufficienza, la squisita
padrona di casa ci prepara un vassoio da asporto contenente due fette di
ciascun dolce.
Meraviglioso congedo il cui ricordo porterò sempre nel
cuore.
Civita di Bagnoregio
ci aspetta con tutte le sue scale e la salita ripidissima per raggiungerla.
L’ingresso non è gratuito: si paga 1,50€ a persona (oltre al
costo del parcheggio per la macchina che va lasciata, per ovvie ragioni, alla
base).
Il fatto che sia una “città che muore” basta forse a
giustificare che si debba pagare per visitarla, ma la cosa ci lascia ugualmente
perplessi.
Certamente la meraviglia che riserva è incommensurabile.
Viene naturale pensare come qui Bonaventura abbia coltivato
il suo Itinerarium mentis in Deum.
Il colpo d’occhio è dall’inizio del ponte che la unisce alla
terraferma, quasi fosse un’isola in mezzo al mare.
E del resto il sottilissimo e lunghissimo viadotto in
cemento è l’unica via di accesso al borgo.
Uno sperone di tufo la sua fragilissima base d’appoggio.
Arroccato, appollaiato, aggrappato disperatamente alla
roccia che frana e che a mano a mano, nel corso dei secoli, fra terremoti ed
erosione delle acque, lo ha portato giù con sé.
Intorno, un paesaggio fatto di creste di argilla, come in un
canyon con gole e picchi, che pure nella sua immobilità, pare in procinto di
sormontare e inghiottire tutto il resto.
L’interno del borgo è un profluvio di deliziose case
restaurate, piccoli locali in cui mangiare e tanti (troppi) negozietti di
souvenir,
però per fortuna tutti assolutamente integrati nel paesaggio, mai
stridenti con la sua quiete.
Nonostante la denominazione di “città che muore” e il
destino geologico di questo borgo, proprio nulla qui ha l’aspetto di morte e di
abbandono.
Tutto è vivo, pulsante, magnifico.
A cominciare dalla circostante Valle dei Calanchi, che pure
incombe sull’abitato come una perpetua minaccia.
La via del ritorno è placida e lentissima.
Un’ultima sosta mangereccia (nemmeno a dirlo), questa volta
a Montefiascone, nell’unico ristorante che troviamo aperto e che però ci
delizia con al sua calda e rustica atmosfera e soprattutto dei magistrali
tortellacci di grano saraceno con ripieno di capriolo e salsa di noci.
La pioggia ci impedisce purtroppo di fare un giro per il paese che pure dovrebbe essere molto carino.
E sempre lentamente ci rimettiamo in viaggio, questa volta senza soste intermedie.
Un giorno e mezzo: vissuto con tale intensità da sembrare
una settimana, per un viaggio dietro l’angolo bello come dall’altro capo del
mondo.
Qualche indirizzo:
B&B Il Boschetto
di castagni, via Papa Giovanni XXIII, 26 – Soriano nel Cimino (VT)
Ristorante Baita La Faggeta , Loc. Faggeta
– Soriano nel Cimino
Ristorante Borgo
Antico, Corso Cavour, 20 Montefiascone (VT)
Che spettacolo!!!!! quel bosco.. con quei brevi corsi d'acqua. le statue.. la natura.. il ristorante immerso nel verde.. che meraviglia!! E Bagnoregio.. ci son stata la riordo bene.. quel ponte.. un vento da portarti via... Bella gita davvero.. un bacione :-D buon w.e.
RispondiEliminaIo ne avevo tanto sentito parlare ma non ci ero mai stata e confesso. non pensavo fosse così suggestiva!
EliminaTanti baci Cla, buon weekend
Un mondo parallelo e sospeso..............semplicemente fantastico!!
RispondiEliminaProprio così, Fabiana! Bacioni grandi!!
EliminaSpesso si vanno a cercare posti lontani e invece abbiamo delle meraviglie proprio a due passi da casa! Civita di Bagnoregio è splendida, ma io da Roma non ci sono mai andato. Però conosco bene la zuppa di ceci e castagne che è tipica delle zone intorno ai Monti Cimini! Ciao
RispondiEliminaAnche io non ci ero mai stata, andrea, pur trovandosi proprio a due passi da casa mia. e non conoscevo nemmeno la zuppa di ceci e castagne...ma che meraviglia!!
EliminaMi sono ripromessa di tornare in quei posti (e specialmente alla faggeta) in primavera-estate: mi hanno detto che i faggi, pieni di foglie, sono ancora più suggestivi e fiabeschi!
ciao, buona giornata e grazie!
Sapevo che la tua fuga d'amore sarebbe stata un sogno ad occhi aperti..e non mi ero sbagliata :-)
RispondiEliminaMeno male che avete camminato tanto o con tutti quei prelibati piattini altro che tour de force in palestra ^_*
Grazie x la tua condivisione e x le splendide foto <3
Sì infatti...dopo quelle mangiate, altro che palestra ci vuole!!
EliminaGrazie a te, cara Consu, tanti baci<3<3<3
Mamma mia quante bellezza nascoste nella nostra Italia! Grazie per averle fatte scoprire!!
RispondiEliminaProprio vero, nadia. ma grazie a te, che invece, dopo i deserti dell'Arabia, ci porti in giro per Lima!!
Eliminae tanti baci!!
oddio ! partirei subito!
RispondiEliminabuon fine settimana
bellissimo spunto per una piccola gita, appena il piede ritorna quello di prima una bella camminata non me la leva nessuno.
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