"A casa non s'arriva mai, ma dove confluiscono vie amiche, il mondo per un istante sembra casa nostra" (H.Hesse)

venerdì 20 febbraio 2015

A spasso fra mostri di pietra, borghi abbandonati e città sospese nell’aria


La fuga di san Valentino, organizzata dall’amato bene, è stata tutta all’insegna della praticità per vicinanza, durata e spostamenti, anche se nel volgere di un giorno e mezzo abbiamo scoperto luoghi, a due passi da casa, di cui quasi ignoravamo l’esistenza.
Passeggiare nel Sacro bosco di Bomarzo è costruirsi un racconto facendo vivere e interagire le gigantesche statue in peperino che lo popolano.
Un’ora di passeggiata, in un percorso obbligato tra saliscendi, sentieri nascosti e terra battuta in cui si fanno incontri dei più disparati, tra cascate,

 fontane e orche fameliche che spuntano dalle acque.

Case pendenti (in cui camminare è una divertente sfida all’equilibrio!)

Tartarughe giganti 

ed elefanti con tutto il baldacchino che spuntano fra gli alberi.

Ma anche orchi con le fauci spalancate, in cui far capolino (perché la curiosità è tanta: che ci sarà nella bocca di un orco?)

Donne addormentate,

altre che giocano

altre ancora semplicemente sedute a riposare sotto un albero prima di riprendere il lavoro nei campi.

Gli ingredienti di una favola ci sono tutti: il bosco cinquecentesco voluto da Pierfrancesco Orsini (il cui fantasma, pare si aggiri ancora fra i suoi alberi..), sembra una sorta di Gardaland del passato, con case della paura, giardini labirintici e piscine animate da personaggi acquatici.
Ma è anche la favola di un bosco incantato, i cui personaggi, imprigionati in un sonno secolare, sembrano doversi risvegliare da un momento all’altro…
Siccome il brivido oltre a stupire mette fame, ci facciamo consigliare, dalla proprietaria del B&B a Soriano nel Cimino, un ristorante in cui sciogliere tutta la tensione della mattinata.
E lei, forse perché è san Valentino, forse perché è romantica di suo, ci consiglia un ristorante sul cocuzzolo dei Monti Cimini, al limitare di un magnifico bosco di faggi secolari, in uno scenario che è quello di un’altra favola.

Il locale si chiama, non per niente, “La faggeta” e mentre a valle fa caldo e splende il sole, quassù il bosco è tutto ammantato di neve e regala un’atmosfera ancora più suggestiva.

Una baita con vetrate immense da cui guardare la neve stando al caldo, 

assaporando piatti tipici e corroboranti come la zuppa di ceci e castagne, piatto forte dello chef, e tutto ciò che abbia a che fare con il prodotto principe del posto, ovvero Sua Maestà il fungo porcino.

Nemmeno la voglia di perdere tempo a fare foto decenti.
E la chicca finale è un magistrale tiramisù fatto in casa e una torta ai frutti di bosco da animare anche le statue di Bomarzo.
Decidiamo di smaltire parte delle innumerevoli calorie gironzolando per il borgo di Chia e arrampicandoci verso la zona alta.

Un borgo minuscolo in cui convivono case abitate e vecchi ruderi senza soluzione di continuità.

Un ristorante alla base più grande di tutto il paesino messo insieme e un piccolo parco pubblico, sulla sommità del paese, che confina con un giardino privato e che più che altro appare come una continuazione di questo, un piccolo angolo messo a  disposizione di tutti, con giochi di tutti.

Perfino la piazza dedicata a Giordano Bruno appare come il giardino privato di una casa qualsiasi.
Strano e affascinante nella sua particolarità.
La serata trascorre nella ricerca vana di un locale in cui mangiare, ma due piccoli dettagli impediscono di trovare un solo tavolo libero a Viterbo e provincia: è sabato ed è san Vallentino e noi non abbiamo prenotato niente.
Finiamo in uno sperduto agriturismo verso le dieci di sera, dove è in corso un’animatissima e decisamente folcloristica festa gipsy per il battesimo di un pupetto.
Nonostante musiche parossisitiche sparate nelle orecchie a getto continuo e la difficoltà a comunicare da un lato all’altro del tavolo, ci gustiamo comunque una pizza senza infamia né lode e osserviamo, curiosi e divertiti, la festa in corso.
L’atmosfera ovattata del rifugio per la notte ci sembrerà ancora più bella.

Il mattino dopo, una pantagruelica colazione preparata dalla signora del B&B inaugura la giornata nel migliore dei modi: crostata con marmellata di visciole, torta di ricotta, strudel di mele e biscotti, tutto rigorosamente fatto in casa, confetture comprese.

E casomai non ci fossimo saziati a sufficienza, la squisita padrona di casa ci prepara un vassoio da asporto contenente due fette di ciascun dolce.
Meraviglioso congedo il cui ricordo porterò sempre nel cuore.
Civita di Bagnoregio ci aspetta con tutte le sue scale e la salita ripidissima per raggiungerla.

L’ingresso non è gratuito: si paga 1,50€ a persona (oltre al costo del parcheggio per la macchina che va lasciata, per ovvie ragioni, alla base).
Il fatto che sia una “città che muore” basta forse a giustificare che si debba pagare per visitarla, ma la cosa ci lascia ugualmente perplessi.
Certamente la meraviglia che riserva è incommensurabile.

Viene naturale pensare come qui Bonaventura abbia coltivato il suo Itinerarium mentis in Deum.

Il colpo d’occhio è dall’inizio del ponte che la unisce alla terraferma, quasi fosse un’isola in mezzo al mare.

E del resto il sottilissimo e lunghissimo viadotto in cemento è l’unica via di accesso al borgo.
Uno sperone di tufo la sua fragilissima base d’appoggio.

Arroccato, appollaiato, aggrappato disperatamente alla roccia che frana e che a mano a mano, nel corso dei secoli, fra terremoti ed erosione delle acque, lo ha portato giù con sé.
Intorno, un paesaggio fatto di creste di argilla, come in un canyon con gole e picchi, che pure nella sua immobilità, pare in procinto di sormontare e inghiottire tutto il resto.

L’interno del borgo è un profluvio di deliziose case restaurate, piccoli locali in cui mangiare e tanti (troppi) negozietti di souvenir, 

però per fortuna tutti assolutamente integrati nel paesaggio, mai stridenti con la sua quiete.

Nonostante la denominazione di “città che muore” e il destino geologico di questo borgo, proprio nulla qui ha l’aspetto di morte e di abbandono.

Tutto è vivo, pulsante, magnifico.
A cominciare dalla circostante Valle dei Calanchi, che pure incombe sull’abitato come una perpetua minaccia.

La via del ritorno è placida e lentissima.
Un’ultima sosta mangereccia (nemmeno a dirlo), questa volta a Montefiascone, nell’unico ristorante che troviamo aperto e che però ci delizia con al sua calda e rustica atmosfera e soprattutto dei magistrali tortellacci di grano saraceno con ripieno di capriolo e salsa di noci.
La pioggia ci impedisce purtroppo di fare un giro per il paese che pure dovrebbe essere molto carino.
E sempre lentamente ci rimettiamo in viaggio, questa volta senza soste intermedie.
Un giorno e mezzo: vissuto con tale intensità da sembrare una settimana, per un viaggio dietro l’angolo bello come dall’altro capo del mondo.


Qualche indirizzo:
B&B Il Boschetto di castagni, via Papa Giovanni XXIII, 26 – Soriano nel Cimino (VT)
Ristorante Baita La Faggeta, Loc. Faggeta – Soriano nel Cimino
Ristorante Borgo Antico, Corso Cavour, 20 Montefiascone (VT)


12 commenti:

  1. Che spettacolo!!!!! quel bosco.. con quei brevi corsi d'acqua. le statue.. la natura.. il ristorante immerso nel verde.. che meraviglia!! E Bagnoregio.. ci son stata la riordo bene.. quel ponte.. un vento da portarti via... Bella gita davvero.. un bacione :-D buon w.e.

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    1. Io ne avevo tanto sentito parlare ma non ci ero mai stata e confesso. non pensavo fosse così suggestiva!
      Tanti baci Cla, buon weekend

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  2. Un mondo parallelo e sospeso..............semplicemente fantastico!!

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  3. Spesso si vanno a cercare posti lontani e invece abbiamo delle meraviglie proprio a due passi da casa! Civita di Bagnoregio è splendida, ma io da Roma non ci sono mai andato. Però conosco bene la zuppa di ceci e castagne che è tipica delle zone intorno ai Monti Cimini! Ciao

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    1. Anche io non ci ero mai stata, andrea, pur trovandosi proprio a due passi da casa mia. e non conoscevo nemmeno la zuppa di ceci e castagne...ma che meraviglia!!
      Mi sono ripromessa di tornare in quei posti (e specialmente alla faggeta) in primavera-estate: mi hanno detto che i faggi, pieni di foglie, sono ancora più suggestivi e fiabeschi!
      ciao, buona giornata e grazie!

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  4. Sapevo che la tua fuga d'amore sarebbe stata un sogno ad occhi aperti..e non mi ero sbagliata :-)
    Meno male che avete camminato tanto o con tutti quei prelibati piattini altro che tour de force in palestra ^_*
    Grazie x la tua condivisione e x le splendide foto <3

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    1. Sì infatti...dopo quelle mangiate, altro che palestra ci vuole!!
      Grazie a te, cara Consu, tanti baci<3<3<3

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  5. Mamma mia quante bellezza nascoste nella nostra Italia! Grazie per averle fatte scoprire!!

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    1. Proprio vero, nadia. ma grazie a te, che invece, dopo i deserti dell'Arabia, ci porti in giro per Lima!!
      e tanti baci!!

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  6. oddio ! partirei subito!
    buon fine settimana

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  7. bellissimo spunto per una piccola gita, appena il piede ritorna quello di prima una bella camminata non me la leva nessuno.

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