Nomini la capitale della Malesia e pensi alle sue torri
simbolo. All’eleganza e alla sinuosità di quelle Petronas Tower che ne sono
diventate l’icona riconoscibile in tutto il mondo.
Poi ci metti piede per la prima volta e scopri che quelle
torri sono solo uno dei suoi innumerevoli volti.
Il più trascurabile. Assolutamente non il più
rappresentativo.
Perché Kuala Lumpur è tutto ciò che di confusionario,
variegato, multirazziale e sfaccettato ruota attorno alla calma e alla palcidità
delle Petronas Tower e dei suoi curatissimi giardini sottostanti.
Un piccolo nucleo ordinato, elegante e postmoderno che pare
sospeso come una bolla protetta in mezzo a tutto il caos circostante.
Che è un ammasso di gente, grattacieli, catapecchie, vicoli,
stradine, superstrade, cantieri, sopraelevate che uniscono comodamente un grattacielo
all’altro
e la monorotaia che senti sferragliare puntuale ogni tre minuti
proprio sopra la testa.
e la monorotaia che senti sferragliare puntuale ogni tre minuti
proprio sopra la testa.
Perfino i muri esterni dei palazzi paiono sovraffollati, per
tutti i motori dei condizionatori che li occupano.
Il caldo è soffocante, l’umidità, unita allo smog di veicoli
tenuti costantemente accesi anche in sosta, rende l’aria irrespirabile.
La commistione di razze è evidente già nel breve percorso
che a bordo del treno Klia Express ti porta dall’aeroporto al centro città:
Tutti affastellati, uno sopra accanto all’altro, in
una convivenza (apparentemente) naturale e pacifica.
Te ne rendi conto anche guardando i cartelli disseminati per
i quartieri e sui mezzi di trasporto:
il divieto di alcolici nel quartiere islamico
La sfilza di divieti generali e onnicomprensivi tra cui quello
di baciarsi in pubblico (e in qualche caso anche di tenersi per mano).
Arriviamo a Kuala Lumpur in pieno capodanno cinese,
quando sono in corso festeggiamenti vari, per le strade, come nei locali, e la città è tutta ammantata di rosso.
quando sono in corso festeggiamenti vari, per le strade, come nei locali, e la città è tutta ammantata di rosso.
Ci incantiamo a guardare lanterne di ogni tipo,
cascate di fiori finti,
giardini di plastica,
alberi di stoffa con luci a led incorporate
e scimmie, simbolo dell’anno nuovo, sparse un po’ ovunque.
cascate di fiori finti,
giardini di plastica,
alberi di stoffa con luci a led incorporate
e scimmie, simbolo dell’anno nuovo, sparse un po’ ovunque.
La sobrietà non è di
casa da queste parti e ogni popolo ha il suo bagaglio di colori, usanze,
abitudini, ma i festeggiamenti cinesi uniscono tutti indistintamente e si
svolgono in ogni quartiere della metropoli.
Assistiamo ripetutamente, ma ogni volta incuriositi e affascinati,
alla Danza del Leone
che si compie in varie parti della città: pickup sgangherati, con 7-8 persone a bordo, sfrecciano per le strade sventolando bandiere e battendo piatti e tamburi. Poi si fermano davanti al locale prescelto (in cui sono stati convocati): quattro di loro indossano i costumi dei due leoni mentre gli altri li seguono battendo il ritmo con i loro rumorosi strumenti.
che si compie in varie parti della città: pickup sgangherati, con 7-8 persone a bordo, sfrecciano per le strade sventolando bandiere e battendo piatti e tamburi. Poi si fermano davanti al locale prescelto (in cui sono stati convocati): quattro di loro indossano i costumi dei due leoni mentre gli altri li seguono battendo il ritmo con i loro rumorosi strumenti.
I leoni entrano, agitano le teste, si alzano sulle “zampe” posteriori in tutta la loro imponenza,
salutano uno per uno i dipendenti dei locali, poi la folla, e se ne vanno dispensando
auguri e buoni auspici per il nuovo anno.
Scopriamo presto che è quasi inutile girare per la città
cartina alla mano: ogni quartiere fluisce nell’altro come corsi d’acqua che si
incontrano mescolandosi e sovrapponendosi.
Partiamo da quello cinese, al cui interno (infatti) si trova
uno dei principali templi indù della città, lo Sri Maha Mariamman Temple.
Qui, come denuncia la macchina in sosta (vietata) riccamente
addobbata, abbiamo la fortuna di incappare subito in un matrimonio.
Lasciamo gli sposi ai loro riti e festeggiamenti
e torniamo in strada giusto il tempo di attraversarla per entrare in un tempio buddista,
dove si consumano incensi
e offerte votive a base di agrumi.
e torniamo in strada giusto il tempo di attraversarla per entrare in un tempio buddista,
dove si consumano incensi
e offerte votive a base di agrumi.
Quello indiano non è l’unico matrimonio del giorno e nella
turistica e affollatissima Jalan
Pataling,
strada pedonale che costituirebbe l’attrattiva principale di Chinatown ma che in realtà è solo un agglomerato di bancarelle che vendono falsi, due sposi occidentali si ritagliano lo spazio per un servizio fotografico sicuramente originale e fuori dal comune.
strada pedonale che costituirebbe l’attrattiva principale di Chinatown ma che in realtà è solo un agglomerato di bancarelle che vendono falsi, due sposi occidentali si ritagliano lo spazio per un servizio fotografico sicuramente originale e fuori dal comune.
Oltre a loro, stravaganti personaggi popolano la via
insieme a indovini che per pochi spicci leggono il futuro nelle mani e rivenditori dei cibi più disparati.
insieme a indovini che per pochi spicci leggono il futuro nelle mani e rivenditori dei cibi più disparati.
Proseguiamo lungo il quartiere indiano, ricco di tessuti,
sarong e monili di ogni tipo,
fino a raggiungere il centro storico coloniale della città, che ha il suo fulcro in Merdeka Square ( piazza Indipendenza)
enorme distesa erbosa al centro della quale svetta l’asta della bandiera malese.
fino a raggiungere il centro storico coloniale della città, che ha il suo fulcro in Merdeka Square ( piazza Indipendenza)
enorme distesa erbosa al centro della quale svetta l’asta della bandiera malese.
Unico tratto verde, forse, in una città in cui è evidente
che l’urbanizzazione folle e le stravaganze architettoniche hanno fatto tabula
rasa di ogni singola porzione di foresta tropicale.
La quale sorge però tutto attorno: dall’aereo infatti si
ammirano infinite distese di palme e tratti di verde a perdita d’occhio.
Salmastro, dolciastro: camminando per le strade di Kuala
Lumpur sono gli odori che guidano attraendo o suscitando repulsione,
soprattutto per il cibo.
Facciamo una capatina al Central Market Pasar Seni, senza
però trovare il coraggio di assaggiare il Durian, frutto vietato nella maggior
parte degli alberghi per via del suo odore, pare, di…carne in via di
decomposizione, ma dal sapore eccelso (purché si sappia sceglierlo bene, al
giusto grado di maturazione!). Ecco, decidiamo di fidarci sulla parola senza il
bisogno di testarlo personalmente.
Ci buttiamo invece all’assaggio dei Pow,
panini dolci cotti al vapore con ripieno di pollo, maiale o crema di fagioli rossi;
panini dolci cotti al vapore con ripieno di pollo, maiale o crema di fagioli rossi;
ma soprattutto le meravigliose Sesame balls, palle di riso gelatinoso ripiene di fagioli rossi,
loto o pasta di noccioline, ricoperte di sesamo e fritte.
Eleggiamo come nostro posto preferito in cui mangiare, una specie di magazzino sottoscala stracolmo di gente del posto e di chioschetti indipendenti che vendono ognuno le proprie specialità.
L’aspetto è poco invitante e ai limiti del claustrofobico, degno del peggior bar di Caracas, con soffitti bassi ed enormi tubi di aspirazione che incombono sulla testa, ma il cibo è ottimo e l’atmosfera, priva di un singolo occidentale al di fuori di noi due, ci fa sentire parte integrante della città.
Arriviamo a chiedere ad altri clienti il nome di un piatto particolare che ci attira moltissimo per poterlo ordinare a nostra volta.
Incappiamo in persone che non parlano inglese ma che, molto premurosamente, ci mostrano lo scontrino col nome del piatto e ci scortano fino al chiosco in questione, cosicché anche noi riusciamo ad assaggiare il Loh Sin Fan, di cui non troviamo la traduzione da nessuna parte ma che, tutti contenti, mangiamo per noodle di riso piuttosto grandi conditi con salsa di fagioli rossi e altre verdure.
Eleggiamo come nostro posto preferito in cui mangiare, una specie di magazzino sottoscala stracolmo di gente del posto e di chioschetti indipendenti che vendono ognuno le proprie specialità.
L’aspetto è poco invitante e ai limiti del claustrofobico, degno del peggior bar di Caracas, con soffitti bassi ed enormi tubi di aspirazione che incombono sulla testa, ma il cibo è ottimo e l’atmosfera, priva di un singolo occidentale al di fuori di noi due, ci fa sentire parte integrante della città.
Arriviamo a chiedere ad altri clienti il nome di un piatto particolare che ci attira moltissimo per poterlo ordinare a nostra volta.
Incappiamo in persone che non parlano inglese ma che, molto premurosamente, ci mostrano lo scontrino col nome del piatto e ci scortano fino al chiosco in questione, cosicché anche noi riusciamo ad assaggiare il Loh Sin Fan, di cui non troviamo la traduzione da nessuna parte ma che, tutti contenti, mangiamo per noodle di riso piuttosto grandi conditi con salsa di fagioli rossi e altre verdure.
Scegliamo invece un ristorante con raviolatori in vetrina,
per assaggiare dim sum e soprattutto, la versione dolce di questi, ripieni, ancora una volta, degli squisiti fagioli rossi.
per assaggiare dim sum e soprattutto, la versione dolce di questi, ripieni, ancora una volta, degli squisiti fagioli rossi.
Siccome alloggiamo nel cuore del Golden Triangle,
esattamente sulla via commerciale Bukit Bintang non ci viene difficile
girare per gli innumerevoli centri commerciali della zona che ben presto però,
data la loro somiglianza e il ripetersi degli stessi marchi ci vengono a noia.
Tra l’altro si pone la questione, affatto trascurabile, degli enormi sbalzi
termici tra l’esterno, in cui si è attanagliati dall’umidità e i locali chiusi,
metropolitana compresa, in cui campeggiano temperature siberiane. Eppure: siamo gli
unici a indossare una felpa!
Molto meglio un giro per le strade, e i negozi, più caratteristici
Molto meglio un giro per le strade, e i negozi, più caratteristici
Per cercare di ristabilire un ordine, guardare la città da
una diversa prospettiva, allontanandosi per un attimo dal suo caos che confonde e disorienta.
Eleganti, imponenti, mettono quasi soggezione a guardarle
dal basso, senza riuscire a vederne la fine.
E sono ancora più emozionanti dall’interno, passeggiando
lungo lo sky bridge, fino poi a
raggiungere il piano più alto
da cui guardare giù,
accarezzandone con lo sguardo il profilo sinuoso di vetro e acciaio.
da cui guardare giù,
accarezzandone con lo sguardo il profilo sinuoso di vetro e acciaio.
Si viene divisi in gruppi di 30 persone, la visita è guidata
e dura 40 minuti in tutto. Bisogna lasciare gli zaini all’ingresso e passare i
controlli al metal detector.
Fondamentale
acquistare i biglietti prima: sul loro sito, con carta di credito oppure
direttamente al bancone all’arrivo in città, per la prima data utile. Quelli
per la giornata infatti vanno esauriti già alle nove del mattino.
Non posso definire Kuala Lumpur una bella città. Me la
aspettavo diversa, molto moderna e proiettata al futuro.
L’ho trovata confusionaria, piuttosto arretrata e con molta strada ancora da fare, nell’aspetto e nella mentalità. Come una città che guarda al futuro ma senza progettualità,
senza pianificazione, un po’ come i suoi palazzi, i grattacieli, i luoghi di culto e le strade buttate lì a casaccio, accatastati gli uni sugli altri.
L’ho trovata confusionaria, piuttosto arretrata e con molta strada ancora da fare, nell’aspetto e nella mentalità. Come una città che guarda al futuro ma senza progettualità,
senza pianificazione, un po’ come i suoi palazzi, i grattacieli, i luoghi di culto e le strade buttate lì a casaccio, accatastati gli uni sugli altri.
Qualche suggerimento
Din Tai Fung,
ristorante con varie sedi in città, tra cui quella all’interno del centro
commerciale Pavillon KL.
Lot 10 Hutong, al
piano seminterrato del Lot10 Mall, ambulanti cinesi e chioschi tradizionali
alcuni in attività dagli anni 30. Se non ci si formalizza per il contesto, i
piatti sono ottimi e tutti cucinati espressamente.
foto bellissime per luoghi unici per una città che vista così sembra davvero molto affascinante !!!grazie per la condivisione e un abbraccio...
RispondiEliminaGrazie a te mammalorita! Felice che ti sia piaciuto! Un bacione
EliminaFamtastiche foto Luna! Wow wow wow! Baci da Philadelphia! ;-)
RispondiElimina<3<3<3<3<3 che bello ricevere baci da Philadelphia!!!!!! Salutamela tanto e anche tutti i suoi dintorni! Grazie amica mia, tanti baci a te e buon weekend!
EliminaChe meraviglia, praticamente è come se ci fossi stata anch'io . Grazie mille di questo splendido reportage . Un abbraccio
RispondiEliminaGrazie a te Lisetta, sono contenta che ti sia piaciuto! Tanti baci!!
EliminaGrazie del bellissimo viaggio che ho fatto con te anzi mi sembrava di essere li. Un abbraccio forte e buona serata.
RispondiEliminaGrazie a te cara Edvige, dell apprezzamento e delle belle parole. Abbracci stritolosi a te e bacioni grandi
EliminaQuante emozioni, quante foto e quante abitudini diverse ed insolite ai nostri occhi :-) Grazie x questo viaggio sensoriale :-)
RispondiEliminaNe ho messe tantebe avrei voluto metterne molte di più! Scegliere le foto è sempre difficilissimo: io poi fotografo tutto, ogni cosa che vedo e che mi attira o mi incuriosisce! Grazie a te Consu sono felice che ti sia piaciuto!! Tanti baci buon weekend!!
EliminaMa che belle cose che ci hai mostrato (a parte quel pentolone dove non ho ben capito cosa ci stessero cuocendo dentro...ma a volte è meglio non sapere!!!), grazie per averle condivise!!!
RispondiEliminaSai che non l ho capito nemmeno io, Mila? Somigliavano a caldarroste ma non lo erano. L odore era molto ( troppo) aromatico e a tratti un po fastidioso. Non ho avuto la tentazione di assaggiare!! Grazie a te, Felice che ti siano piaciute. Un bacione e buon weekend!!
Eliminami hai affascinato!
RispondiEliminaDoppiamente contenta, perché Kuala Lumpur non è bella, ma affascinante, nella sua stranezza e nelle sue contraddizioni sì, hai ragione! Allora sono contenta di essere riuscita a trasmetterlo.
EliminaSempre molto belli e coinvolgenti i tuoi reportage... dopo la giungla qui mi sentirei decisamente più a mio agio, forse un po' troppo caos (soprattutto per i gusti del maritino che andrebbe di corsa sulle Petronas..) ma ideale per qualche giorno di vagabondare assaggiando specialità del posto.. grazie degli spunti, io come sempre prendo appunti e magari un giorno mi serviranno!! Bacioni e buona settimana :-)
RispondiEliminaTroppo caos, dici bene eyra. Ma vale comunque sempre la pena vederla, perché è una città proprio strana nelle sue contraddizioni. E poi si il cibo è un vero tour in ogni tipo di sapore e odore e consistenza. Ma ti dirò: io ho mangiato meglio in Cina, o forse semplicememte non siamo stati molto fortunati questa volta. Un bacione e grazie!
EliminaIn effetti dà la sensazione di essere un gran caos e privo di qualsiasi progettualità per il futuro, eppure quello che ti invidio è la possibilità di assaggiare dei piatti così diversi dai nostri (anzi, io quasi quasi avrei assaggiato anche il frutto puzzoloso)!
RispondiEliminaUn bacione :)
Ma guarda, ne son stata tentata più volte soprattutto per tutti i divieti che leggevo in giro, sulla metro e negli alberghi di portarsi appresso questo famigerato frutto che non facevano che aumentare la mia curiosità. Ma ho letto che bisogna saperlo scegliere molto bene: deve essere al giusto punto di maturazione, altrimenti oltre ALL odore terribile ( pare, di carne in decomposizione) anche il sapore è pestilenziale!! Guidata da uno del posto lo avrei assaggiato! Così da soli allo sbaraglio non me la sono sentita. Come il tofu puzzolente due anni fa in Cina: lo sentivamo sfrigolare a ogni angolo di strada. Ci veniva da rimettere ogni volta per l odore ( che al confronto la gorgonzola è acqua di rose) ma non abbiamo mai trovato il coraggio di assaggiarlo! Eppure mi è rimasta addosso questa curiosità.
EliminaBacioni a te Tatiana e grazie sempre!