"A casa non s'arriva mai, ma dove confluiscono vie amiche, il mondo per un istante sembra casa nostra" (H.Hesse)

martedì 14 aprile 2020

Disciplina - Zeppole di San Giuseppe



La cosa più difficile in questo periodo così assurdo di privazione totale della libertà è sedersi al pc e scrivere. Infatti ci riesco solo ora, dopo un mese e poco più.
Da quando ho smesso di lavorare (ultimo giorno: mercoledì 4 marzo 2020) e quindi di prendere il treno per raggiungere i “miei bambini” e farmi trascinare nel loro mondo fatto di gioia e semplicità e da quando ho smesso di andare in palestra (ultimo giorno: lunedì 9 marzo 2020) io non riesco più a stare ferma.
Da quei momenti cruciali in poi, fino all’ufficializzazione della chiusura totale, con una gabbia che abbiamo visto stringersi sempre di più intorno a noi, è stato tutto un profluvio di azioni e movimento.
Pulizia della casa innanzitutto: tiratura a lucido di ogni superficie possibile, ripetuta, inventata, spartita per camera e oggetto. Le tende, le tazze, sopra gli armadi, all’interno degli stipetti della cucina e del bagno.
Movimento fisico in seconda battuta, ma come primo  pensiero della giornata: i video tutorial del maestro condivisi in rete e via whatsapp sono solo la traccia da cui si dipanano flussi personalizzati di yoga/posturale/funzionale. Dieci minuti di riscaldamento canonici, sanciti dal cronometro dello smartphone, sulla base di ricordi nitidi di ciò che si faceva in palestra (in tanti anni avrò pure imparato qualcosa? No, vuoto totale, tutto buio, fammi vedere un tutorial); 30 minuti di allenamento intenso fra squat, crunch, burpees, chiusure laterali, affondi, controaffondi, squat monopodalici, che innanzitutto impariamo sti nomi poi facciamoli; per arrivare ai 10, anche 15 minuti finali di rilassamento che è un po’ yoga un po’ posturale e magari ci scappano ancora un paio di saluti al sole.
Il mio risveglio è così: razionale, controllato, programmato.
Pura azione. Poche ciance.
Sveglia un po’ più tardi del solito, sì, ma mai oltre le 8 durante la settimana. Per autodisciplina, per creare una routine, per non affacciarmi nemmeno per un secondo sul baratro dell’inerzia e dormire con più gusto il sabato e la domenica, giorni che  DEVONO continuare a distinguersi da tutti gli altri, per la sopravvivenza in una quotidianità che livella tutto, omologa tutto, appiattisce tutto. Che amplifica tempo e sensazioni.
Euforia e sconforto, positività e paura, ansia e fiducia, come onde che vanno e vengono senza sosta.
E via, si organizza la spesa. Per noi, per i genitori anziani, manca sempre qualcosa, pazienza, ci si fa flessibili, si trovano soluzioni, si impara a lasciare andare. Laddove tutto va, tutto è risucchiato in una fumosità surreale. E diventa inafferrabile. I pensieri, soprattutto, che si fanno macigni, se sfuggono al controllo.
Guanti, mascherina, abiti (tuta da ginnastica!) da togliere subito una volta rientrati a casa e lasciare fuori. Mani screpolate a forza di lavarle, odore di spirito, di amuchina (quel che rimane del flaconcino di gel dei viaggi, ricordi di momenti felici e spensieratissimi: che assurdo contrappasso), di vuoto.
Facce a metà, occhi angosciati, terrorizzati, diffidenti come minimo, in fila davanti al supermercato. Preghi di non incontrare nessun conoscente che parlare da dietro la mascherina è assurdo e complicato e sembra sempre di spandere inutilmente goccioline di contagio.
Il mondo fermo, a motori spenti, unito nella battaglia contro un unico, invisibile nemico. Siamo tutti uguali, per la prima volta nella storia. Tutti protagonisti, con la stessa angoscia, la stessa paura, lo stesso tangibile, smisurato punto interrogativo ad aleggiare sopra la testa, che pare quasi di vederlo.
Disciplina nel gestire le informazioni. Tv spenta o al massimo sintonizzata su tutto ciò che non è “Corona Virus”, per distrarsi, ma tanto poi non ci si distrae e allora meglio spenta. Si accende alle 18, per il bollettino ufficiale, le notizie del giorno, la speranza di ascoltare notizie che facciano tornare a respirare. Interrompendo l’apnea nella quale viviamo. Ma non è così, quindi via, si spegne. Sempre con quel peso sul cuore che non s’attenua neanche un po’.
I social un’ora dopo, quando il sindaco parla dalla sua pagina facebook aggiornandoci su nuovi contagi, vittime, nuove disposizioni.
E per sgridarci. Siamo tornati tutti bambini, tutti colpevoli, tutti responsabili di una cosa che nemmeno capiamo cosa sia.
Eppure siamo murati vivi da oltre 10, 20, mille giorni, ci affacciamo dal balcone e le strade di questo minuscolo paesino di mare sono vuote  e desolate. Stai a vedere che la colpa di tutto questo disastro è di quei poveri cristi che escono a camminare 200 mt intorno a casa o a portare fuori il cane. Come se l’incapacità di gestire una situazione nuova, drammatica e più grande di ognuno di noi dipendesse veramente da uno che si concede, da solo, una corsa sotto casa.
E comincia una caccia alle streghe surreale quanto la pandemia. Fatta di appostamenti, di foto rubate e pubblicate a tradimento, di una pratica infantile ma trasversale come quella di fare la spia. “Sindaco intervenga, che davanti alla tabaccheria oggi c’era una fila di gente per comprare i gratta&vinci”.
E  tu che ci facevi lì?
Che ne sai?
Come ti permetti di giudicare?
Tutti nemici di tutti, una guerra tra poveri, la frustrazione della reclusione, quella sottile malvagità che in fondo alberga in ognuno di noi e che non ci fa ritenere sufficiente fare la nostra parte.
Dobbiamo vedere e toccare con mano che tutti la facciano, arrivando alla violenza, fisica e verbale, se questo non accade. Smettendo di farla, se necessario.
Vomitando rancore e frustrazione.
Ecco, ci scopriamo tutti nemici di tutti, pur nell’uguaglianza suprema della stessa angoscia che accomuna tutti, da nord a sud, da est a ovest del mondo.
E intanto passano i giorni, si allungano i capelli, si infittiscono le sopracciglia, si storpiano un po’, nel tentativo di rimediare, che certo mica si può stare così in attesa che riaprano estetiste e parrucchieri.
E passano la festa del papà, compleanni importanti e perfino Pasqua e Pasquetta. Tutto isolati, tutto ognuno a casa propria.
Si studiano modi ugualmente belli di coccolarsi, perfino di stare insieme, anche se attraverso uno schermo.
Mancano gli abbracci, i baci, le cene tutti insieme, i caffè al bar e perfino prendere il treno.
Si vive giorno dopo giorno, minuto per minuto, che anche fare progetti pare assurdo.
Eppure qualcuno tocca farlo, o almeno cambiarlo. Come quello di partire per un viaggio prenotato un anno fa.
Si naviga a vista. E si coltivano ironia e gentilezza.
Una per scacciare il pianto, l’altra per accorciare le distanze.

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E poi si cucina. Tanto, di tutto, con più attenzione e più cura. Stando sempre molto attenti all’alimentazione, certo, ma anche sgarrando un po’.
Per esempio preparando per la prima volta in tutta la mia vita le zeppole di san Giuseppe. Nella duplice versione al forno e fritte.
Per fare contenti papà, suocero, marito. Mentre fino a poco fa sarebbe bastato chiamare in pasticceria per ordinarle e passare poi a ritirarle, che chi ce l’ha il tempo di farle in casa? Ed eccole qua, le mie zeppole della quarantena. Con un giorno di ritardo, nella preparazione, fuori tempo massimo nella pubblicazione della ricetta, ma con una soddisfazione enorme. Che poi dove sta scritto che si possono fare solo per il giorno di San Giuseppe?
Ho seguito questa ricetta, anche per la crema pasticciera fatta con le uova intere. Ecco, quest’ultima non mi è piaciuta e per la prossima volta mi riservo di usare la ricetta tradizionale della crema fatta di soli tuorli, ma per il resto, la pasta è venuta perfetta sia fritta sia al forno, anche apportando trascurabili variazioni.

Ingredienti (per 12 zeppole)
Per le zeppole
150 g di acqua
150 g di farina
100 g di burro
5 uova medie
1 cucchiaio di grappa (facoltativo)
Un pizzico di sale

Per la crema pasticciera
1 litro di latte
4 uova
8 cucchiai di zucchero (160g)
8 cucchiai di farina (140g)
Scorza di 1 limone

Inoltre
Olio di semi di arachidi per friggere
Ciliegie sciroppate (che io non avevo e ho sostituito con una punta di marmellata ai frutti di bosco)
Zucchero a velo
Sac a poche con punta a stella

Procedimento
Preparare innanzitutto la crema. Mettere a scaldare il latte insieme alla scorza di limone tagliata a strisce grandi (per poterle poi eliminare).
Rompere le uova (intere) in una pentola capiente. Unire lo zucchero e la farina setacciata e mescolare con l’aiuto di una frusta.
Quando il latte è bollente unirlo un po' alla volta al composto di uova, continuando a mescolare con la frusta, porre la pentola sul fuoco e, sempre mescolando, portare a ebollizione fino a che la crema si sarà ben addensata. Dopodiché eliminare le scorze del limone e lasciarla raffreddare mescolando ogni tanto.
Passare ora alle zeppole: versare l'acqua e il burro a pezzetti in una pentola capiente, aggiungere un pizzico di sale e portare sul fuoco. Mescolare fino a completo scioglimento del burro e, non appena inizia a bollire, unire di colpo tutta la farina  e rimestare per qualche minuto fino a che l'impasto inizierà a  staccarsi dai bordi e formerà una palla compatta. Togliere dal fuoco e lasciare intiepidire.
Nel frattempo preriscaldare il forno a 200° in modalità ventilato.
A questo punto riprendere la pentola con il composto e unire, una alla volta, le 5 uova medie, avendo cura di amalgamare bene ogni uovo prima di aggiungere il successivo. L'impasto dovrà risultare piuttosto denso. Attenzione: a seconda della grandezza delle uova potrebbero volercene solo 4. Lo si capirà se il composto dovesse essere eccessivamente cremoso: in quel caso, evitare di aggiungere il quinto uovo.
Riempire una sac a poche con una punta a stella e, in una teglia rivestita di carta forno, dare forma alle zeppole, disponendo due giri sovrapposti di impasto, lasciando vuoto il centro e tenendo un po' di distanza tra una e l'altra perché gonfieranno molto in cottura.

Io ne ho cotte 6 al forno e 6 le ho fritte.

Per quelle al forno: infornare a 200°C per i primi 15 minuti, poi abbassare a 190°C per altri 10 minuti. Quindi spegnere il forno e tenere lo sportello socchiuso, a spiffero. Tenere le zeppole in forno fino a raffreddamento, pena il vederle smosciarsi irrimediabilmente.
A quel punto si potranno guarnire con la crema aiutandosi con la sac a poche, cercando di riempire prima il centro e poi facendo un bel ricciolo di crema sopra. Completare con un'amarena sciroppata al centro di ogni zeppola (o come nel mio caso con mezzo cucchiaino di marmellata scura) e spolverare di abbondante zucchero a velo.

Per quelle fritte:
Ritagliare con le forbici il foglio di carta forno in corrispondenza di ogni zeppola. In una padella capiente scaldare l'olio e quando è pronto immergervi le zeppole 2 o 3 per volta insieme alla carta forno. 

Dopo qualche secondo il foglio si staccherà e si potrà eliminare con l'aiuto delle pinze. 
Continuare a friggere le zeppole girandole di tanto in tanto finché saranno belle gonfie e dorate. 



Quindi scolarle su carta assorbente, lasciarle intiepidire e procedere alla medesima decorazione di quelle cotte al forno.



2 commenti:

  1. Ma sai che con la marmellata non le ho mai provate? Devono essere ottime, visto che i frutti di bosco ci stanno alla grande.
    Comunque, abbiamo in comune la data di fine lavoro (fine momentanea, ovvio).
    Per il resto, sì, inutile dire che un po' di paranoia c'è... ma credo sia normale.
    E persisterà anche quando le restrizioni saranno allentate...

    Moz-

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    1. Te lo confermo: persiste anche ora, a inizio fase2. Incrociamo le dita e speriamo bene, Moz!

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