"A casa non s'arriva mai, ma dove confluiscono vie amiche, il mondo per un istante sembra casa nostra" (H.Hesse)

martedì 10 dicembre 2024

Bangkok: 5 giorni per innamorarsi

Dopo l’esperienza tremenda in Malesia, che desideravo tanto vedere ma che ha finito per deludermi (un po’) e stancarmi (tanto), nutrivo poche speranze e molti dubbi sulla Thailandia.

Temevo di ripetere l’esperienza nefasta, soprattutto a causa del clima.

Non so se vale per la Thailandia intera (di cui ho visto poco e nemmeno il mare, ebbene no), ma Bangkok mi è letteralmente entrata dentro.

Non ci siamo passati di sfuggita, in un rapido scalo, prima di dirigerci altrove.

Ci siamo, scientemente, voluti fermare 5 giorni pieni.

E parliamoci chiaro: non è stato proprio amore a prima vista.


Il caldo asfissiante (con valori percentuali di umidità, nel mese di febbraio, prossimi al cento), quel traffico convulso, il frastuono incessante, lo smog, gli spazi ristretti, il formicaio umano dei suoi oltre 10 milioni di abitanti che si sentono e si vedono tutti, la scarsa luce che penetra dai suoi palazzoni e dall’intrico di strade e rotaie sopraelevate, non sono elementi di cui potersi innamorare facilmente.


Le  metropolitane non corrono solo sottoterra, ma su binari sopraelevati che si incrociano, sovrappongono, alternano e appaiano per chilometri e chilometri.

Ne consegue che di luce e di aria, a livello strada, ne arrivino in quantità veramente esigue.

A Bangkok non  ci sono grandi viali, spazi immensi e marciapiedi larghi dove poter camminare.

E come se tutto ciò non bastasse, l'ampiezza di carreggiate e  marciapiedi è  ridotta (ANCHE) dalla presenza di carretti, bancarelle e chioschetti dediti alla preparazione, cottura e vendita di cibo.


Come se, in un contesto del genere, fosse la prima cosa che, di norma, verrebbe in mente di fare…

Ma naturalmente non è l’unico paradosso di Bangkok: alla grazia delle ninfee e delle ghirlande di orchidee davanti ai templi, fanno da contraltare gli intrecci infiniti di cavi elettrici sopra la testa, sospesi tra un palo e l'altro lungo tutta la città. Che già non si respira. Già lo sguardo non riesce a spaziare oltre i due metri  per  la presenza di edifici, sopraelevate, mezzi di trasporto, scale, bancarelle e altarini votivi.

Già lo spazio vitale è veramente risicato e tocca fare lo slalom tra tutto ciò di cui sopra e gli infiniti chioschetti di cibo che spremono frutta, bollono zuppe e arrostiscono spiedini (e tutto questo tocca farlo schivando le proposte di giri in tuk tuk, crociere in barca e passaggi in taxi), che ci mancavano le matasse di cavi elettrici penzolanti sulla testa a facilitare la vita e donare serenità!

Per tutte le ragioni di cui sopra, e anche per la sua estensione e le conseguenti enormi distanze che la contraddistinguono, non è una città che si presta ad essere girata a piedi agevolmente.

Ecco, noi l’abbiamo fatto per la gran parte del tempo. Tra una metro e l’altra di cui abbiamo sperimentato ogni singola linea e snodo.

Abbiamo percorso una media di 15 km al giorno, senza poter tenere lo zaino troppo a lungo sulle spalle per non essere costretti a strizzare la maglietta ogni ora.

Ci siamo divertiti a contare i litri d'acqua (insieme a sali minerali e coca cola) che ci siamo scolati per compensare tutti i liquidi persi.

Abbiamo veramente annaspato a volte in mezzo al traffico, nell'umidità, tra l'afa e il rumore.

E ho stramaledetto ogni incrocio in cui non sai mai come attraversare perché è smisurato, con guida al contrario, senza semafori per i pedoni, sempre congestionato, e magari ti tocca aspettare sotto il sole (appannato) quando già ti manca il respiro

(l'alternativa sono le sopraelevate ma solo l'idea di salire dei gradini con l'umidità al 94% fa cedere le gambe).

Sono stata per 3 giorni senza voce a causa della fortissima escursione termica fra l'esterno e la metro, i locali, ogni altro luogo chiuso.

E quindi, giustamente, tra caldo, smog, frastuono, rumori, odori, umidità, oscurità e senso di oppressione, chi penserebbe di trascorrere in questa città più delle due canoniche notti, di passaggio, prima di ripartire per le isole, giusto il tempo di vedere quattro templi, il Palazzo Reale e il Buddha gigante dalle barche lungo i canali?




Eppure io, Bangkok, questa pazza (ma DAVVERO pazza) megalopoli, nonostante tutti i suoi innumerevoli aspetti respingenti, l'ho amata veramente tanto.

Tre, i suoi elementi caratteristici:

-Canali,

-Grattacieli,

-Palafitte con tetti in lamiera.

E vederle tutte e tre insieme, queste tre cose, è veramente tanto strano eppure magnifico.

Infatti, quello che più mi è entrato dentro di questa città, sono i suoi incredibili e nettissimi contrasti.


Alla bolgia infernale di persone, mezzi di trasporto, fumi, odori, carretti, risciò, mototaxi e taxi normali (abusivi e non), grattacieli avveniristici e venditori di amuleti, fanno da contraltare una lunga  serie di aspetti ancora più  sorprendenti.

Come la calma, serafica, dei suoi abitanti. Quella stessa pacatezza che li porta ad arrivare nel punto più affollato e incasinato della città  con bacinelle, contenitori, borse frigo, taniche di acqua e di olio e a mettersi a friggere, grigliare, bollire, ripassare qualsiasi tipo di cibo.

E altri a comprarlo e accomodarsi a mangiarlo pure, questo cibo, nel contesto meno ameno e rilassante che si possa immaginare.


O lo stesso afflato che li spinge a recarsi nei tanti templi e portare doni, pregare e ringraziare bruciando incensi che tanto, fumo più fumo meno, nell'aria già rarefatta, passano quasi inosservati.

O ancora, quell'autocontrollo che porta fiumane di persone a mettersi in fila indiana aspettando con pazienza una, due, dieci metropolitane prima di riuscire a prenderne una senza dare in escandescenza e senza provare a passare avanti.




Si resta veramente colpiti dalla grande dignità  di questo popolo.

Dalla pulizia per le strade, nonostante tutte quelle persone che le solcano ogni giorno, tutto il cibo che viene cucinato, consumato, trasportato avanti e indietro. Eppure: non una cartaccia, non una cicca, non un rifiuto fuori da quelli, accatastati ordinatamente,  designati alla raccolta giornaliera.

E la sera carretti e chioschetti tutti in fila, puliti, riordinati, avvolti in teli di plastica. Come mai usati.

Come nulla fosse accaduto.

Come in un sogno.


Intanto le macchine continuano a correre, i treni a sferragliare, i bambini a giocare lungo i binari su cui affacciano le baracche nelle quali vivono.

Proprio a ridosso, che a guardarle vengono i brividi.



Ma il treno rallenta, fischia, annuncia il suo passaggio.

E la gente si scansa.



Questa città, in cui pare di muoversi dentro una dimensione onirica, paradossale, fuori da ogni logica,  è unica al mondo e non si vorrebbe mai smettere di scoprirla.

Infatti Bangok sono mille viaggi in uno e quando credi di aver visto tutto, solo prendendo una diversa linea di metro, ti si aprono improvvisamente davanti nuovi scenari e possibilità.


Da uno skyline degno delle più belle metropoli americane, 


a un parco cittadino, circondato da grattacieli e rotaie sopraelevate, schermi a Led e luci stroboscopiche, con al centro un laghetto artificiale completo di fontane zampillanti da cui escono…varani di ogni taglia e lunghezza!



Roba che uno se ne sta sulla riva e improvvisamente vede cerchi nell'acqua, nota sagome a pelo, avverte presenze…

"Uh guarda: deve essere una carpa proprio grossa!", pensi.

Invece ti esce un varano. Con coda lunghissima, lingua biforcuta, zampe tozze.

Ma la stranezza non è nemmeno questa.

È che nessuno ci fa caso! E c'è chi continua a stare a testa in giù praticando yoga, chi a leggere sdraiato, una coppietta appartata, un gruppetto che fa ginnastica a ritmo di musica...e in mezzo a una siepe un altro varano che gusta un malcapitato rospo.

Abbiamo capito che Bangkok ha mille volti, infiniti quartieri, ognuno diverso dall'altro e che, seppure distanti anni luce ognuno finisce per confluire nell'altro.


Perché  in questa stramba città  c'è posto per tutti e per tutto: palafitte e grattacieli, baracche e templi dorati, varani e persone, fiumi e strade, binari e bancarelle, limousine e risciò, frastuono e relax, caldo asfissiante e gelo polare, fiori intrecciati e cibo da strada.



Da vedere, oltre alla vita delle persone (che è già una sorta di film), c’è moltissimo:

Il TEMPIO DEL BUDDA DI SMERALDO (Wat Phra Kaew) è la più grande attrattiva turistica di Bangkok.


Un enorme e fiabesco complesso di più di 100 bellissimi edifici (e innumerevoli statue) tra cui l'antica residenza dei reali tailandesi (che oggi usano ancora solo in occasione ufficiali).

Ma certamente non l’unico né il più stupefacente.

Esistono infatti un Buddha alto quanto un grattacielo,  una stupa interamente costruita in giada, la torre più  alta della città, a sua volta dotata di ascensore a vetri più alto della Thailandia e piattaforma girevole -all'aperto- all'84esimo piano.


Ma esistono anche svariati mercati galleggianti.

Noi scegliamo di visitare quello di Taling Chan

dove dal nostro albergo arriviamo dopo solo 4 cambi di metro e 45 minuti di camminata fiancheggiando una baraccopoli costruita proprio a ridosso di un binario tutt'altro che morto.


Bachi da seta e grilli fritti fanno solo da contorno turistico alla enorme quantità  di prodotti ortofrutticoli locali, piante, dolcetti tradizionali e manufatti originali costruiti con i più disparati materiali  di riciclo.

Oltre ovviamente a tante prelibatezze da gustare.



Ma volendo, tra un acquisto e l'altro, ci si può  accomodare anche a farsi fare i capelli in uno spazio comune, all'aperto, appositamente allestito.


Sempre da qui partono delle barche addobbate a festa e dotate di potenti motori, verso tutto il mondo parallelo fatto di palafitte costruite sui canali che attraversano questa stramba città.




Non è facile capire la logica dei giri proposti ma una cosa l'abbiano imparata: che sia un autobus, un minivan o una lancia sul fiume non c'è verso che si parta prima che si sia raggiunto un certo numero di persone.

Oppure ci si affida a " imbarcazioni private" ...che sono sempre le stesse, ma pagando il triplo si parte subito.

Il bigliettaio, vedendoci perplessi, prende l'iniziativa di associarci a una giovane coppia di indiani, in fila dopo di noi e perplessi più di noi, proponendoci di dividere la spesa.

E quindi partiamo, allegramente in 4, senza scambiare mezza parola né fra noi né con il barcaiolo, non avendo neanche l'inglese come lingua comune.

La crociera dura un'ora e mezza in cui è compresa anche una sosta di 20 minuti (di cui il barcaiolo ci avvisa mediante un cartello scritto a caratteri cubitali) presso un altro mercato galleggiante.

Ed è talmente bella e suggestiva da valere, da sola, un viaggio.

Per pranzo un gelato al matcha condito con fagioli azuki e per tornare alla metro più vicina decidiamo che non faremo la strada a ritroso lungo la baraccopoli e il binario che la attraversa, ma prenderemo un'altra barca, stavolta "comune" (infatti aspettiamo circa un'ora). E senza più i nostri amici indiani.

Difficile andarsene da una città del genere. 

Impossibile dimenticarla.


Per dormire: True Siam Phayathai, hotel in stile locale, situato in ottima posizione a pochi metri da una fermata metro, ideale per raggiungere sia il centro sia l'aeroporto. Camere spaziosissime, personale gentile, colazione (locale) ottima.

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