Eccoci.
Tra scatoloni, pile di quotidiani, rotoli di plastica “a
pallini” e scotch da imballaggio.
Che non è uguale al nastro adesivo, largo e marrone.
L’ho scoperto andando a comprare l’ennesimo rotolo e
restando mezz’ora davanti allo scaffale del negozio cinese, in contemplazione
di tutta la varietà.
Marrone scuro/bianco/beige/trasparente, non sono colori da
scegliere solo su ispirazione (estetica) del momento (come inizialmente ho fatto
io), ma vanno proprio in base all’uso che se ne deve fare.
E l’ho scoperto all’ennesimo cartone che, tirandolo su, mi
si riapriva nella parte inferiore rilasciando tutto il suo contenuto, delicato
o meno.
O quando tiravo una striscia di scoth da una parte all’altra
e scoprivo che mi aveva seguita fedelmente scollandosi all’istante.
Ecco: serve quello trasparente, proprio lo scotch da
imballaggio, il più resistente.
E poi sono scaffali vuoti, ripiani deserti, pareti
sconfinate.
Scatoloni, pieni e vuoti, accatastati in ogni dove
Che uno dice: quante cose mai potranno esserci in 45 metri quadri di casa?
Considerando che al momento (e sono trascorsi una decina di
giorni dall’inizio dello smantellamento), devono ancora essere affrontati:
piatti/bicchieri/pentole/padelle posate e poi vestiti/scarpe/biancheria per la
casa/borse...e che la cinquantina di scatoloni finora transitata da queste
parti è servita per libri (e poi libri…e ancora libri), soprammobili, quadri,
quadretti e fotografie, gingilli vari, più tutta la collezione di tazze da ogni
viaggio (la quale da sola ha richiesto una mezza giornata di lavoro fra: tira
giù, lava, riasciuga, imballa per bene, disponi gommapiuma intorno e trasporta
in angolo sicuro della casa dei suoceri affinché non abbia a subire botte e
scossoni), va da sé che il lavoro sporco
resta ancora tutto da fare.
Il bello deve venire insomma.
Per quanto mi riguarda mi sono lasciata il meglio.
Questioni spinose per le quali mi tocca chiamare a raccolta
tutto il coraggio e soprattutto aspettare che l’amato bene non sia in casa,
perché certe questioni vanno affrontate in solitudine, lontani da sguardi
indiscreti.
E sono:
-smontare tutta la scarpiera-portabigiotteria già sapendo
che non farò quella cernita che avevo promesso tutta fiera in uno slancio di
ottimismo, ma mi porterò dietro pure orecchini/collane/braccialetti rotti o
spaiati.
-esaminare tutto il settore
stampi/teglie/sparabiscotti/formine/sbattitori
elettrici/mandoline/setacci/vassoi e alzatine, cosciente che continuerà a
servirmi tutto, anche quello che non ho mai nemmeno aperto e perfino ciò del cui
modo di utilizzo non ho nemmeno idea.
-sottoporre a cernita tutte le 30-40 borse fra
tracolle/pochette/zaini/secchielli/shopper/accumulate negli anni (certa che
nemmeno gli esemplari dei tempi del liceo riuscirò a far fuori)
-mettere le mani nel cassetto della cancelleria (e in tutti
i cesti/cestini/raccoglitori/portapenne/astucci e scatoline di latta del Mulino
Bianco di quando avevo 12 anni, sparsi per la scrivania) traboccante di
post-it/block-notes/moleskine/biglietti d’auguri/appunti /numeri del dottore/massime
e aforismi/adesivi dei miei piccoli amici/strisce di fumetti e opuscoli vari,
disseminati in ogni dove che così come si trovano, verranno solo rimossi dalle
pareti della libreria, del cassetto, della scrivania e portati via per poter
essere poi riappiccicati, da qualche parte, nella casa nuova.
Ecco perché certe cose vanno fatte da sole: che come glielo
spieghi a lui che fra tutti i cartoni che a mano a mano si carica giù per le
scale e va a smistare tra casa dei miei e casa dei suoi in attesa di
incollarseli nuovamente uno a uno per portarli a casa nuova quando finalmente
ne avremo le chiavi, ce ne sono 3 pieni solo di vecchie riviste di cucina?
E una scatola traboccante solo di ritagli di giornale su
argomenti vari (libri/recensioni di film/suggerimenti di viaggio/luoghi da
vedere) e un’altra piena di gomme da cancellare dalle mille forme e mozziconi
di matita di quando andavo a scuola, ma pure di quando lavoravo con fogli, libri e, appunto, tante matite?
Certe cose non si confessano. Si fanno e basta.
Il mio contributo poi è come al solito fondamentale e
imprescindibile.
“Amore, tra sabato e
domenica acceleriamo un po’ e cerchiamo di imballare più roba possibile, eh?”
mi incoraggia lui tutto gaio, cercando di dissimulare un filo d’ansia che,
nonostante l’aria sempre calma e rassicurante, è pure la sua.
Che durante la settimana non abbiamo mai tempo, ci
incontriamo di rado e solo a tarda sera sfatti, e un po’ d’affanno, con una
scadenza precisa davanti, ci prende eccome.
“Sì sì certo!” –
lo rassicuro io credendoci pure.
Ma ecco che incarto e
inscatolo solo il sabato mattina e precisamente dalle 9:45, ora in cui esco dal
bagno (con comodo, così come mi sono alzata) fino a circa le 14: in cui ci sediamo a mangiare, e
tolto pure il tempo di mettere su la pila dell’acqua, apparecchiare e condire
l’insalata.
Dopodichè: febbre/letto/aerosol, in ordine sparso e
alternato.
Io.
Lui impacchetta.
Smista
Porta scatoloni giù per le scale.
Li carica in macchina
Li riporta su dai suoi (che almeno hanno l’ascensore)
Sollevando e riposando ogni scatolone un numero imprecisato
di volte.
Quindi ora, in mezzo al delirio di scatoloni, carta, scotch,
cose da imballare e cose che devono rimanere fino all’ultimo (perennemente a
rischio di essere confuse e scambiate), ora c’è pure la macchinetta
dell’aerosol con tutti i suoi aggeggi.
Le scatole di medicine e quelle della soluzione fisiologica.
Il termometro e le scorte di fazzoletti.
E guardiamo i lati positivi però:
mezza casa è già smontata
all’altra mezza si penserà.
E per finire, qualche numero al volo:
Totale scatoloni fino ad ora
Miei: 28.
Suoi: 3.
(+ canne da pesca e cassetta degli attrezzi, però).
Totale cose buttate (con eroico coraggio)
Mie: 3
(-1 stampo da plumcake in disuso da 4 almeno anni perché
arrugginito
-1 mollettone di quando avevo i capelli lunghi (circa 3 anni
fa)
-1 copriasse da stiro mezzo bruciato e senza più l’elastico,
tenuto però prudentemente da parte)
Sue: un centinaio, considerando solo l’intera collezione di
musicassette dei maggiori cantautori italiani (di cui andava molto fiero, ma
che adesso “che ce faccio?”)
…posso mai dirgli che ho imballato perfino 3 esemplari di
rose (secche ovviamente) che mi aveva regalato nel lontano 2010 non ricordo
nemmeno più in che occasione?
O il biglietto della metro di Pechino e la bustina di zucchero
dell’agriturismo in Umbria?
Riservatezza, gente: o il divorzio è dietro l’angolo!
@@@@@@@
Confessargli certe cose no, ma preparargli un dolcetto a
scappar via è il minimo. Di quelli che proprio puoi fare in una manciata di
minuti, a parte cuocere la crema. Adottando tutte le scorciatoie possibili, a
cominciare dalla pasta sfoglia pronta, ma proprio pronta: nel senso, anche già
cotta, nemmeno lo sforzo di srotolarla, cospargerla di zucchero, ritagliarla e
metterla al forno!
Perché chi l’ha detto che non si possa fare un millefoglie
pure nel bel mezzo di un trasloco?
Io no di certo.
Ingredienti
3 basi di pasta sfoglia pronta (300gr)
0,6 lt di latte
65 gr di zucchero + 1 altro cucchiaio
3 tuorli
45 gr di farina
1 bustina di vanillina
120 ml di panna da montare
Inoltre:
1 confezione di biscotti di pasta sfoglia ripieni alla crema
Abbondante zucchero a velo
100 gr di gocce di cioccolato extrafondente
50 gr di pistacchi
Procedimento
Preparate la crema calcolando che dovrà riposare in frigo
per almeno due ore.
Mettete il latte a scaldare con l’aroma di vaniglia.
Sbattete i tuorli con lo zucchero e quando saranno un po’ spumosi aggiungetevi
progressivamente la farina setacciata, quindi il latte caldo a filo continuando
a mescolare.
Fate cuocere la crema su fuoco lento mescolando
continuamente finché non si addensa e per altri 5 minuti a partire dal momento
in cui comincia a fare le bolle.
Lasciatela quindi raffreddare ricordandovi giusto di
mescolare ogni tanto per far sì che non si formi la patina.
Una volta fredda riponetela in frigorifero per il tempo necessario.
Al momento di assemblare il dolce montate la panna (ben
fredda) con 1 cucchiaio di zucchero (e meno che non sia già zuccherata) e poi
aggiungetela alla crema amalgamando bene.
Scegliete un vassoio e sporcatelo con una cucchiaiata di
crema prima di sistemarci sopra il primo rettangolo di pasta sfoglia: servirà a
tenere ferma la torta che altrimenti scivolerà da tutte le parti rischiando di
rompersi o peggio di cadere! (a me ovviamente si è rotto giusto l’ultimo
quadrato, ma poi lo zucchero a velo copre tutte le magagne!)
Ricoprite con uno strato generoso di crema (avendo cura di
lasciarvene da parte un paio di cucchiai per “incollare” i biscotti alla fine),
cospargete con abbondanti gocce di cioccolato, quindi mettete il secondo
quadrato, altra crema e i pistacchi tritati grossolanamente.
Terminate con l’ultimo rettangolo e spolverizzate
abbondantemente di zucchero a velo.
Mettete un puntino di crema su ogni biscotto e
incollatelo facendo una cornice al millefoglie, allontanatevi un attimo per
ammirare il capolavoro (ed eventualmente utilizzare anche quel residuo di crema
facendo una cupoletta sulla sommità del dolce e ricoprendola di gocce di
cioccolato) e riponete in frigo.