"A casa non s'arriva mai, ma dove confluiscono vie amiche, il mondo per un istante sembra casa nostra" (H.Hesse)

martedì 26 luglio 2011

Dritti al punto – Crostata di cocomerina baby al cioccolato fondente


Squilli di trombe e rulli di tamburi…oggi si va dritti alla ricetta! Niente post chilometrici, nessuna premessa interminabile, zero accessi di grafomania inarrestabile. Solo la ricetta, così, nuda e cruda. Da raccontare il più brevemente possibile dopo aver sciorinato puntualmente un chiaro elenco degli ingredienti...
Non sono stata colta da ravvedimenti tardivi o cambiamenti repentini di indole, né imputerei al caldo incipiente tale stramba (seppur saggia, forse) decisione; semplicemente (e qua sta il trucco!) la ricetta già di per sé necessita di lunghi e doverosi chiarimenti…………..
E se già pensavate di cavarvela con una mera lista di ingredienti e qualche monosillabico rigo sul “come se fa”, mettetevi comodi perché tutto ciò non rientra nella mia indole e un minimo di tributo se non altro a quello spettacolo della tecnologia applicata alla natura (?) che è la cocomerina baby, o cocomero nano o mini cocomero
a seconda di come lo trovate etichettato nei vari supermercati, me lo dovrò pur concedere, via. Lei è quella di destra nella foto, come ovvio.
Un filo inquietante lo è, devo ammetterlo, abituati come siamo a vedere mostri di cocomeri da svariati chili e strabordanti forme. Quella cosina piccola e perfettamente tondeggiante, del peso massimo di 3 chili (molto scarsi), ha un che di attraente ma anche di misterioso.
 Sarà un esperimento genetico? Un incassettamento strategico sul genere dei cocomeri cubici prodotti in Giappone? Pare di no, che cioè siano semplicemente frutto, come recita un articoletto appena scovato sul numero di agosto di Cucina Moderna, “di ricerche e incroci fra diverse varietà di angurie già presenti in natura, senza quindi ricorrere all’ingegneria genetica”.
Ma come sia sia, per me, queste angurie mignon sono state una vera svolta! Primo perché non sono costretta ad aspettare di andare a fare la spesa con mio marito (evento, peraltro, volutamente e scientemente assai raro..) per traghettare un singolo frutto dal bancone al carrello e da quest’ultimo al portabagagli della macchina; e secondo perché posso permettermi in tutta tranquillità di colmare una voglia sporadica di cocomero senza dovermi forzatamente nutrire per i 5-6 giorni successivi di quest’unico frutto, in tutte le salse e le forme pur di smaltirlo fino a farmelo venire a nausea.
E non è cosa da poco conto, la libertà di scelta! Questo perché ho una personale diffidenza verso le angurie vendute già tagliate a metà o, peggio, in “piccoli”, sgraziati e oblunghi quarti. Ma è una mia fissazione, sulla quale sorvolerei…
Tutto questo, quindi mi porta a dire: viva la cocomerina baby! Sfogliando la medesima rivista di cui sopra poi, mi sono imbattuta in questa ricetta gustosa e assai invitante. E a quel punto ho dovuto fare un’ulteriore scelta se soddisfare la voglia del frutto così, nature o se sacrificarlo (si fa per dire) impiegandolo appunto per il dolce in questione. Ha vinto la curiosità, per quanto, mentre versavo il liquido nel bricco misuratore, 
sperassi con tutta l’intensità possibile, che raggiungesse gli 8 decilitri richiesti prima di tagliuzzarla e frullarla tutta quanta.  Che me ne restasse almeno una fettina da addentare, insomma.

Sarà, inoltre, che nutro una certa repulsione per la frutta schiacciata, grattata, frullata, spiaccicata….mi piace morderla e sentirne i pezzi, le fibre e perfino i semi, tanto che trattarla e maneggiarla, fosse pure per un dolce, lì per lì, mi pare un sacrilegio! Ma tornando alla ricetta della crostata, alla fine, come spesso succede,  ne ho fuse ben 3 per ottenere il risultato che, almeno idealmente, pareva convincermi di più. Ed è così che:
1)      per la frolla ho usato la ricetta della suocera della mia amica Patrizia, perché le suocere (almeno qualcuna), si sa, hanno sempre qualche asso nella manica (lo so lo so, calma, recuperiamo la lucidità e il giusto distacco: ho detto qualcuna, non tutte!);
2)      per il “gelo” ho dato uno sguardo a un paio di altre riviste;
3)      infine ci ho messo il tocco personale (ma questa volta solo di carattere tecnico) usando due stampi da 20 anziché quello unico, grande da 28.
Una raccomandazione: fatela il giorno prima! È assolutamente indispensabile perché già, come ha avuto modo di raccontare qualcuno, fare la frolla in piena estate non è idea felicissima, ma poi a meno che non vogliate votarvi al suicidio, non pensate minimamente di mettervi a far addensare  il gelo di anguria mentre aspettate che cuociano le crostate nel forno sottostante (ho avuto anche questa di idea brillante, sì!)…e soprattutto, scegliete magari un orario diverso da quello in cui ho iniziato a farla io (le 14:30!!). Impiegherete l’intero pomeriggio, perché sì, è un po’ laboriosetta e con tanti tegamini e tegamelli da lavare dopo. Ma ne varrà sicuramente la pena.
È indispensabile prepararla il giorno prima, dicevo, perché la struttura intera ha bisogno di almeno un paio d’ore di frigorifero per stabilizzarsi, assemblarsi e acquisire un aspetto e una consistenza degni. Una delle mie dovevo portarla a una cena la sera stessa e fino all’ultimo il risultato non era così scontato, dunque per non rimanere con l’ansia di dover uscire a comprare un semifreddo bell’e pronto sul filo della chiusura dei negozi, organizzatevi per tempo. Alla fine, tra un trasloco e l’altro dalla parte alta alla parte bassa del frigo, un veloce passaggio in freezer (con annesse acrobazie per trovare un pertugio sufficientemente grande) e svariate preghierine ai santi più gettonati…la “cosa” mi ha fatto la grazia di addensarsi quel tanto che permetteva di trasportarla agevolmente da una casa all’altra senza pena di vederla arrivare “seduta” su una parte o direttamente implosa su se stessa.
E un’altra genialata estiva è andata!
(…..tutto sommato sono stata breve, no?)

Ingredienti
Per una crostata grande o due piccole (stampi da 20 cm)
350 gr di farina
125 gr di burro
85 gr di zucchero
1 bustina di vanillina
1 cucchiaino di lievito
2 cucchiai di marsala secco (o rum o grappa o altro liquore a piacere)
2 uova intere + 1 tuorlo
Scorza grattugiata di 1 piccolo limone
1 pizzico di sale

Per il gelo di anguria
8 dl di succo di anguria frullata e filtrata ( per ottenere il quale sono partita da una piccola anguria da 2 kg e me ne è avanzata poco meno di un quarto)
70 gr di amido di mais
75 gr di zucchero di canna
Una spruzzata di limone
3 cucchiai di gocce di cioccolato

Inoltre:
150 gr di cioccolato fondente
3 cucchiai di marsala

Procedimento
Tirare fuori dal frigo il burro una mezz’oretta prima di lavorarlo. Setacciare la farina con il lievito, la vanillina e lo zucchero quindi disporla a fontana sulla spianatoia e incorporarvi il burro morbido a pezzettini. Formare un cratere al centro e rompervi le uova, unire il marsala e sbatterle leggermente con il pizzico di sale incorporando progressivamente la farina. Impastare velocemente, formare una palla, coprirla con la pellicola e metterla a riposare in frigo per circa 30 minuti.
Nel frattempo preparare il gelo tagliando l’anguria a pezzetti, mondandola dai semi e frullandone la polpa per poi passarla al colino. 
Setacciare l’amido di mais con lo zucchero, trasferirli in un pentolino e unire il succo mescolando velocemente con la frusta per evitare che si formano grumi. Aggiungere la spruzzata di limone e cuocere sul fuoco sempre mescolando finché non si addensa (ci vorrà ¼ d’ora buono e acquisirà un colore molto bello!).
Far raffreddare bene mescolando ogni tanto perché non si formi la patina e solo poi aggiungere le gocce di cioccolato che saranno “i semi” dell’anguria.
Preciscaldare il forno a 180° , stendere la frolla in due dischi e disporli in altrettanti stampi da 20 cm di diametro precedentemente imburrati. Bucherellarli con una forchetta, coprirli con un foglio di carta forno e qualche manciata di legumi secchi e cuocere le crostate per circa 30 minuti, secondo il forno.
Lasciare raffreddare bene, togliendo la carta e i legumi 
quindi sciogliere il cioccolato a bagnomaria con il marsala e spennellarlo su tutta la superficie delle crostate.

 Riempirle con il gelo ormai fredo, livellare con il dorso di un cucchiaio, decorare a piacere e riporre in frigo per almeno 2 ore prima di servire (ma è meglio tutta la notte!)





martedì 19 luglio 2011

Sì, sei in vacanza….anzi, scusa, ancora no! - Ventagli di sfoglia con pomodori e olive nere

Sembrava! Ma era tutta apparenza…..
Tutto faceva propendere per questa ipotesi rafforzandola ogni giorno di più, sennonché, allo scoccare del 7° giorno, con una puntualità degna di Cenerentola a mezzanotte, la situazione, come nel peggiore degli incubi, si è completamente ribaltata: si torna al lavoro!
Soltanto per altri 5 giorni, per carità, ma sono un quantitativo sufficiente a stravolgere un certo stile di vita appena testato e subito, velocemente acquisito. Perfino il pensiero di ciò che questo significa fatica a prendere corpo. Che poi che sarà mai? Solo uscire dalla bolla ovattata (e intrigante, avvolgente, totalizzante) del dolce far niente, o perlomeno solo-lo-stretto-indispensabile, o al massimo giusto-quello-che-proprio-mi-va.
Appunto: che sarà mai?
Provate a immaginare di dover riavvolgere il nastro e recuperare tutta una serie di gesti dai quali, con una certa tranquillità (e il sorriso beffardo, ammettiamolo) vi eravate sentiti in sacrosanto diritto di congedarvi, più o meno educatamente, per un bel po’, tipo:
-Puntare la sveglia ancor prima che i galli delle campagne circostanti trovino la forza di annunciare il nuovo giorno;
-Fare a botte per riuscire a salire su un treno rigurgitante di turisti in short e borraccette al collo pronti a ricordarti che NO, tu ancora non sei in vacanza!
-Fare la spesona per tutta la settimana stipando il congelatore e archiviando mentalmente tutta una serie di ricette, di quelle più complicate, che avreste taaaanto voluto provare;
-Scarpinare per Roma sull’asfalto rovente e semiliquido gettando un pensiero, sull’orlo della commozione, a tutte le persone che conosci e che in quel momento, a differenza tua, sono alle prese con spruzzi d’acqua e granelli di sabbia che rotolano sulla pelle.
E mi fermo qua, anche se la lista potrebbe estendersi, in lungo e in largo, pressoché all’infinito.
Già, perché avevo appena iniziato a farci l’idea e tutto era diventato meravigliosamente abitudine fin dal primo giorno:
-pennichella dopo pranzo OGNI GIORNO e comodamente piazzata sul divano piuttosto che sulla sdraio in balcone…anziché  in bilico sul sedile di un autobus con la testa indecorosamente ciondolante verso il vetro sporco o la spalla della signora accanto!
-vestitini leggeri e infradito come massimo sforzo di “acchittamento” quotidiano;
-mare mattina e pomeriggio;
-giri per i mercatini senza tener d’occhio l’orologio
Per concludere con lussi sfrenati come poter puntare la sveglia a piacimento o lasciarne direttamente il pirulino abbassato che tanto…non ci sono impegni né orari!
Che poi non solo: quand’è così, in questo rutilante e giusto un filo adolescenziale stato di fancazzismo puro, si è talmente ben disposti che ci scappa pure la giornata delle pulizie pasquali ancora in sospeso! Tanta e tale è la gioia di essere in vacanza che, a tratti (e con molta cautela), affiora la voglia di dare fondo a tutte le energie e buttarsi sullo sporco più antico e recondito, su quegli strati di polvere così ordinatamente ammassata da passare inosservata, ma che almeno una volta l’anno ci si sente in dovere di sollecitare a cambiar casa mettendo in atto tutta una serie di comportamenti strambi e azzardati tipo che so, spostare i comodini, arrampicarsi sui lampadari, smontare la cornetta della doccia, perfino aprire il divano letto, quello sconosciuto, per passare l’aspirapolvere fra i suoi meandri di sbarre incastrate.
  E alla fine ci si sente così soddisfatti e fieri che il giorno successivo si ozia con ancora più gusto!
E invece, come dicevo, un drammatico stop di 5 giorni. Il panico! La disperazione!!
Vabbè che tra un improperio e una lamentela ne mancherebbero ancora solo 3 (visto che oggi non si conta perché già iniziato….), ma è davvero tanto, tanto dura!

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La ricetta di questi ventaglietti la trovai anni fa su una rivista e da allora li preparo abbastanza spesso. Fanno bella figura, sono poco impegnativi, anche se leggermente più laboriosi dei normali rustici ripieni di pezzetti di qualcosa e soprattutto molto gustosi. Provatelo anche nelle varianti zucchine/speck, tonno/peperoni, melanzane/provola.

Ingredienti per circa 18 ventaglietti
1 confezione di pasta sfoglia
100 gr di olive nere denocciolate
2 pomodori
1 cipolla
olio extravergine di oliva
1 manciata di prezzemolo
1 manciata di timo
sale
pepe
tanta carta forno


Procedimento
Tritare la cipolla e lasciarla appassire qualche minuto in una padella con un po’ di olio e due cucchiai d’ acqua. Lavare i pomodori e tagliarli a dadini piuttosto piccoli; unirli alla cipolla, aggiustare di sale e pepe e lasciare insaporire un paio di minuti, prima di togliere dal fuoco. Sminuzzare il prezzemolo e il timo quindi aggiungerli alla preparazione insieme anche alle olive tritate grossolanamente (la ricetta diceva di frullarle, io le sminuzzo con la lunetta perché mi piace che se ne sentano i pezzettini). Mescolare con cura e mettere da parte finché non si sarà raffreddata completamente. Dopodichè stendere la sfoglia, bucherellarla con una forchetta e ricoprirla uniformemente del composto di pomodoro e olive, aiutandosi con il dorso di un cucchiaio inumidito e badando bene a farne un sottile strato, altrimenti i rotolini si sfalderanno prima ancora di raggiungere la placca del forno....Una volta spalmato per bene il composto, ripiegare la sfoglia arrotolandola dalle due estremità verso il centro a formare due rotoli vicini (...più complicato a dirsi che a farsi!). Arrotolare il salsicciotto così ottenuto nella carta da forno e trasferirlo in frigorifero per ALMENO 20 minuti (con questo caldo, un passaggio anche nel freezer non guasta: bastano una decina di minuti  per tagliarlo molto più agevolmente). Trascorso questo tempo, preriscaldare il forno a 200°e rivestire la placca con un foglio di carta forno. Togliere il rotolo dal frigorifero, liberarlo dalla carta e tagliarlo a fette regolari di circa 1 cm (...vietato scoraggiarsi se apparirà tutto molliccio e sul punto di sfaldarsi...una volta in forno terrà, a patto che quello sia ben caldo!!). Infornare per circa 15 minuti o finché i ventagli appariranno di un bel colore dorato. Sfornare e lasciare riposare un po’ prima di servire.
 


venerdì 15 luglio 2011

Del femminile e del maschile nelle strategie di convivenza – Melanzane stuzzichine

Capitano periodi (come questo) in cui le spese si accumulano tutte insieme e magari convergono verso un unico punto. Se a questo dato di fatto si aggiunge anche l’ansia di un responso, il quadro è di quelli per nulla invitanti.
Controlli di routine. Qualche esame in più perché “ogni tanto va fatto” (e non sai mai se è vero o se serve solo a incrementare un certo tipo di mercato) e vai con conti astronomici che alla fine dici “ma mica avrò lavorato solo per questo, tutta la settimana??”.
Ma in effetti è così, visto che quella appena passata mi sono partiti la bellezza di 300 euro destinati tutti a questi nobili scopi. E siccome l’idea in sè non è per niente piacevole, con l’aggravante di cui sopra dell’ansia in attesa delle risposte (poi per fortuna sciolta e dissipata da un responso positivo)…prima e dopo ogni esame  mi sono data allegramente allo shopping!
Tanto per rassicurarmi del fatto che no, lo stipendio delle ultime due settimane non era servito solo per quello, che diamine!
Di notevole aiuto è stata l’ubicazione del laboratorio medico esattamente alla fine di una lunghissima via di Roma, strabordante di negozi e bancarelle per tutti i gusti e tutte le tasche. Poste tutte queste condizioni e congiunture astrali favorevoli, non si poteva certo rimanere indifferenti ai rutilanti richiami. L’esborso cospicuo di cui sopra anziché frenarmi ha funto solo da propulsore per spese decisamente più piacevoli ed appaganti. Che avessero un senso insomma. E nemmeno i 40° all’ombra registrati per l’occasione sono serviti da deterrente. Di fronte a negozi e bancarelle…la temperatura esterna, seppur desertica, è davvero poca cosa!
Ed è così che, alla fine della fiera me ne sono tornata a casa col seguente, prezioso bottino:
-          Un pigiama di puro cotone perché sono allergica (….mica perché è carino da morire e perché visto che ne ho almeno una quindicina ma di quel colore no, non potevo assolutamente lasciarlo lì!)
-          Una maglietta anche questa molto carina di un bel colore giallo ocra che desideravo da tempo (e i desideri vanno assecondati un po’ come le voglie delle donne incinta…..questa l’ho inventata sul momento, ma mi pare abbastanza convincente, se non altro per il riferimento inconfutabile)
-          Un anellino di bigiotteria con tanti pendagli tintinnanti compreso un campanellino che appena muovo impercettibilmente la mano sembro un gatto col collare)
Per concludere con:
Un barattolo di salsa Tahin e uno di crema di anacardi, dopo relativa incursione al Natura Sì.
Oh, e poi per la questione che il marito potrebbe mostrarsi poco entusiasta di tanta personale iniziativa, a fronte magari delle già cospicue spese doverose sostenute (rimpolpando così il vostro latente, piccolo, ma già fastidioso senso di colpa…) non facciamoci prendere dal panico e razionalizziamo!
Innanzitutto è estremamente probabile che della questione shopping compulsivo in sé gliene importi davvero pochissimo, ma poi, qualora avanzasse delle minime rimostranze, niente paura: basta mostrare con orgoglio e l’aria sufficientemente contrita di chi ha fatto una piccolissima marachella ma giusto perché non se ne poteva proprio fare a meno, la cosa di valore più trascurabile acquistata. Nella fattispecie: l’anellino di bigiotteria, avendo cura di cinguettare un coinvolgente: “carino, vero?!!” e nel frattempo riporre furtivamente tutto il resto (compresi i barattoli di salse e creme che potrebbero turbarlo nella prospettiva di una stramberia culinaria cui verrà chiamato a fare da cavia), che tanto, garantito, a meno che non chiediate in merito un suo preciso parere sbattendoglieli sotto il naso, non se ne accorgerà mai!
Al massimo, come il mio, un giorno qualsiasi esclamerà con aria assolutamente esterrefatta e compiaciuta (appositamente e lungamente studiata per l’occasione): “Ohhhhhhhhh amoooooooore!! Ma questo vestito è BELLISSIMO!!!!!”. E se per un attimo resterete basite ritenendo altamente improbabile uno spontaneo e miracoloso restyling  del vostro vestitino vecchio almeno di 2 anni, sappiate che non state impazzendo: è solo lui che CE STA A PROVÀ ! Gioca d’ attacco, insomma, della serie: io mi butto col primo complimento di circostanza rivolto alla prima cosa che indosserà dall’aspetto (per me) vagamente nuovo….magari prima o poi il vestito nuovo lo becco sul serio e allora sì che avrò fatto la mia degna, ganzissima figura di marito sempre attento e premuroso! E che non mi si dica “TU NON MI GUARDI MAI!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”

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Con la coppia e le sue strategie, queste melanzane hanno poco a che vedere, per quanto, sulla chimica a tavola non si possa mai dire con certezza assoluta... L’aggettivo è per la loro bontà: stuzzicano il palato, si lasciano mangiare che è un piacere, abbinandosi perfettamente con piatti di pesce ma anche con la carne. Sarebbero un contorno, ma con un’acciughina più grande sopra e una bella insalatona di accompagnamento io ci pranzo spesso e volentieri.

Ingredienti per 4 persone
3 melanzane lunghe
3 pomodori san marzano rossi, belli maturi
3 filetti di acciughe
1 manciata di origano (o prezzemolo, o basilico, secondo quello che preferite)
 olive nere snocciolate (meglio se baresane)
olio extravergine d’oliva
sale
peperoncino
 
Preparazione
Tagliare i pomodori a cubetti, quindi condirli con olio, sale, pepe e origano. Tagliare a metà le melanzane nel senso della lunghezza e intaccarle internamente con tre taglietti orizzontali per favorirne la cottura e far prendere meglio il condimento. Salarle e peparle leggermente, quindi ricoprirle con i pomodori disponendole man mano in una teglia precedentemente irrorata di olio. Adagiare su ogni melanzana dei pezzetti di acciuga e di olive e infornare per circa 30 minuti a 180° e gli ultimi 5 minuti in funzione grill.


martedì 12 luglio 2011

Un paesaggio che ti mette a nudo e i regali autentici di una terra antica – Penne ricce con zucchine, pistacchi e cacioricotta lucano

Paesaggio affascinante e inaspettato, di un bianco abbagliante e una struttura che pare sfidare la legge di gravità. Un vero presepe a cielo aperto, questo sembrano i Sassi di Matera a un primo sguardo. 
Carico di fascino, di mistero e sapore antico. Dove il nulla circostante crea disagio perché racchiude, costringe, rende immobili. Apre le porte soltanto all’infinito spazio interiore, che diventa tutt’uno con i grandi silenzi della natura, i crepacci, le rocce, gli anfratti più nascosti.
Da qualunque parte la si guardi, 
e a qualsiasi ora del giorno, il senso di mistero profondo pervade ogni fibra di questo paesino arroccato, accatastato, con le case una sopra all’altra. 
Perfino il saliscendi per arrivarci crea stupore e qualche domanda: dalla città nuova si percorre una strada in discesa, quasi nascosta, 
fino a trovarsi davanti questo scenario, che per raggiungerlo bisogna però risalire, e girare tornanti, serpentine, stradine labirintiche.
Non si fatica a comprendere la scelta di Mel Gibson di girarci il suo impegnativo film sulla Passione di Gesù. Le immagini di quel film scorrono incessanti sul video all’ingresso della Casa-Museo, ma sembrano stridere con l’aura di antico e genuino che pervade ogni cosa.
Un paesaggio che rimane dentro, che non si dimentica e che si ha voglia di tornare a guardare, che è un po’ come guardarsi dentro perché esattamente questo paiono suggerire quelle pietre, i corsi d’acqua appena visibili in fondo alla valle, le voragini scavate nei sassi che ingoiano fino all’ultimo raggio del sole che tramonta.
Grazie Matera, dei tuoi silenzi e della tua bellezza così pura. Resta sempre così.

Come il tuo pane a forma di cuore

 e le orecchiette cosparse delle briciole allegre e colorate dei peperoni cruschi.

Quello per il cacioricotta è stato amore a prima vista, sbocciato un anno fa e fatto rivivere ogni volta che mi capita l’occasione, molto rara, di trovarne una piccola formella, portata magari da qualcuno del posto.

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Ingredienti per 2
250 gr di penne ricce
4 piccole zucchine (o due medie)
1 spicchio d’aglio
1 manciata di pistacchi
4-5 foglie di basilico
1 etto di cacioricotta lucano (o, in mancanza, di ricotta dura salata)
Sale
Pepe
Olio extravergine d’oliva

Procedimento
Portare a ebollizione abbondante acqua salata per la pasta. Nel frattempo lavare e spuntare le zucchine, tagliarle a rondelle sottili e farle soffriggere a fiamma vivace in una padella antiaderente con l’olio e lo spicchio d’aglio tagliato a metà, girandole ogni tanto.
Quando hanno preso un bel colore  dorato, salarle, profumarle con il basilico spezzettato con le mani e unire i pistacchi, mescolando e togliendo dal fuoco.
Cuocere le penne molto al dente, scolarle mettendo via qualche mestolo di acqua di cottura e saltarle nel condimento di zucchine facendo amalgamare bene tutti gli ingredienti, per un paio di minuti. Fuori dal fuoco mantecare con una manciata generosa di cacioricotta grattugiato, impiattare e servire con una spolverata di pepe nero macinato al momento e una foglia di basilico.

domenica 10 luglio 2011

L’arringa di una coraggiosa insalata di mare in vaschetta - La pasta fredda di Manu

Di modi per condire una pasta fredda, si sa, ce ne saranno pressoché infiniti. Dai più raffinati, ai più raffazzonati, dai più spartani ai più ricchi e arzigogolati. Con una scelta di ingredienti dai più classici ai più sperimentali e azzardati. Ognuna però, con il tocco personale, inconfondibile e sempre nuovo dato da chi la prepara. Perché ammettiamolo: anche davanti alla ricetta più collaudata e garantita e assicurata, fosse pure una piccolissima variante, ciascuno di noi, cascasse il mondo, la deve apportare…. Almeno io sono così!
E non è diffidenza, o arroganza o narcisismo, è che proprio ce l’ ho nel DNA, il fatto di voler “personalizzare” e declinare secondo l’umore, i gusti, il momento.
In questa miriade di proposte, dunque, comprese quelle suggerite da una mente sempre in fervido movimento (l’ultima volta, mentre concludevo il pasto con una manciata di rosse e succosissime ciliegie davanti a un piatto che fino a poco prima conteneva una montagnetta di trenette al pesto, mi è balenata l’idea di osare un gemellaggio….fortunatamente la cosa si è dissolta lì, seduta stante e in religioso silenzio mentre mio marito preparava il caffè…ma ciò non esclude, naturalmente, che prima o poi riprenderò l’argomento di conversazione con me medesima…guardandomi bene dal comunicare a lui la strampalata pensata…), ecco qua che spunta la sorpresa, quella che l’assaggi e dici: ma come mai non ci ho pensato prima?!
E che poi da’ la stura a una sacco di altri accostamenti e aggiunte e ritocchini secondo il gusto personale o l’estro del momento o, molto meno poeticamente, ammettiamo pure questo, secondo quello che c’è in frigo…perché, pur con tutta la buona volontà, mica possiamo sempre farci trovare preparati e sull’attenti!
E quindi un’olivetta di qua, un sottacetino di là, un’erbetta aromatica di sopra, una scatolettina di qualcos’altro di sotto, ecco là che te la personalizzi e te la declini come ti pare.
L’autrice della pasticedda in questione è mia cugina, che tra un urlo all’indomabile figlioletto maggiore e una cambio di pannolino alla piccoletta nuova arrivata, ha trovato anche il tempo e l’estro di sfornare questa variante fresca e deliziosa.
E visto che ormai siamo in tema di confessioni scopriamo tutte le carte e via: perché è vero che con il pesce fresco sarebbe meglio e sano e rigorosamente più figo, ma è anche vero che certe volte il tempo di andare dal pescivendolo, pur con tutto il più fervente desiderio di farti, con l’occasione, pure un giro all’annesso mercato ortofrutticolo…..proprio non ce l’hai! Allora che si fa? Si rinuncia a sperimentare? No, mai sia!
Rifilare una balla e dire che l’insalata di mare arriva dritta dal barcone che è uscito in mare stanotte e  che ho diligentemente sciacquato, sbollentato con una fettina di limone a insaporire annusandone tutto il profumo dell’estate (tanto da una foto chi se ne accorgerebbe?) ? No, troppo complicato, già fa caldo, perché sprecare tanta energia ad arrampicarsi sugli specchi?
Dunque mi sia concesso lo scivolone sull’acquisto del “già pronto” (ARGHH!!), dell’insalata di mare in vaschetta (MISERICORDIA!), del gesto di andare, prelevare, pagare e una volta a casa alzare la linguetta della confezione e scaravoltare tutto nell’insalatiera (INVOCO CLEMENZA E UMANA SOLIDARIETA’..).
Dopodichè, espletata pure la pratica del bis (perché è davvero molto buona!), la terremo certamente in sospeso da qualsiasi valutazione, per una futura, più degna sperimentazione col pesce rigorosamente fresco!
Ah e un’insalata di mare veramente buona e ricca (come suggerito sempre dalla stessa Autrice), la trovate (in confezioni grandi o piccole) sempre al solito, sorprendente Todi’s.
Uff. Jaamo fatta.
Che fatica, co sto caldo!
E via, tutti al mare!

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Ingredienti (x 6)
500 gr di fusilli
1 kg di preparato per insalata di mare (o di insalata di mare già pronta, sottolio, in vaschetta…reperibile al banco frigo dei supermercati)
3 scatolette di tonno da 80 gr
2 scatolette di mais
1 vasetto di olive verdi snocciolate
Mezzo barattolino di insalatina sottaceto (julienne di sedano, carote, peperoni)
Olio extravergine d’oliva
Pepe nero (o peperoncino)

Procedimento
Mettete a bollire abbondante acqua salata sul fuoco e lessatevi, molto al dente, i fusilli, avendo cura poi di scolarli bene, di condirli subito con un paio di cucchiai di olio e di metterli su un piatto piano, largo, possibilmente in un unico strato in modo che si raffreddino rapidamente senza bisogno del passaggio traumatico sotto il getto gelato che pare non faccia troppo bene (ma io l’ho sempre fatto…confessato candidamente ciò: regolatevi come ritenete più conveniente per una rispettabile pasta fredda degna di questo nome).
Nel frattempo scolate bene la vostra insalata di mare, tagliando eventualmente i pezzi troppo grandi, tagliuzzate a metà le olive, sbriciolate il tonno, unite i chicchi di mais e quando la pasta sarà completamente fredda unitela al condimento mescolando bene e aggiungendo, a piacere, pepe, peperoncino o un trito profumato di prezzemolo e basilico.

Poi riponetela in frigorifero, andate al mare e quando tornate, gustatevi il piacere di trovare anche voi il pranzo pronto!

mercoledì 6 luglio 2011

Giocando e riprovando - Plumcake alla marmellata di limoni con anacardi e zenzero

E sì che avevo appena finito di mettervi amorevolmente in guardia dalle insidie cucinifere di inizio estate! Fa caldo di qua, è afoso di là, ecchè accendiamo il forno, ma siamo matti? Chi ce lo fa fa’…e via di questo passo….
Non è passata nemmeno una settimana che rieccomi qua, alle prese coll’amatissimo elettrodomestico. Ventilato per giunta! Non sia mai che di calore ne faccia poco o si limiti a diffonderlo in un’unica direzione.
Il fatto è che io lontano dal forno proprio non so stare e se calcoliamo, per esempio, che le verdure più belle, più colorate e più buone ci sono proprio d’estate e che tutte le mie ricettine preferite prevedono cotture a temperature non inferiori ai 180°, va da sé che di mandarlo in vacanza, proprio non mi passa per la mente.
Anzi: pare che d’estate per non so bene quale insita legge personale del bastian contrario, io il forno lo accenda anche di più!
Con buona pace di tutti quelli che, fra amici, parenti e conoscenti non osano più mettere piede nella casetta fino al sopraggiungere del solstizio d’inverno. Pausa visite insomma. E al massimo consegne a domicilio.
Ma quella delle verdure poi in realtà è una scusa bella e buona. Perché io, in barba a miraggi di fresche cheesecakes, rinvigorenti bavaresi, invitanti sorbetti e assai più indicati semifreddi e mattonelle, insisto imperterrita con torte e plumcakes, muffins e crostate, in un allegro inforna e sforna a prova di temperature desertiche o quasi.
Anche se a essere sinceri quest’anno il tempo aiuta pure, giacchè tre giorni filati di sole non li fa manco a pagarlo….
Mi astengo dai biscotti, ecco, ma giusto perché non sono la mia passione nemmeno col freddo.
Sì li faccio, ne sperimento qualcuno, lo scorso inverno ho pure avuto in prestito una simpatica “sparabiscotti”, ci prendo anche gusto, via, e magari per una manciata di giorni di seguito ne sforno a badilate distribuendoli fra tutto il vicinato.
Ma sono fuochi fatui, ecco. La vera passione è il dolce rustico, grande, che lievita, cresce, si trasforma e dà il meglio di sé una volta tagliato e farcito di qualcosa.
E le passioni mica possono andare in vacanza solo perché magari, come oggi, dopo un’acquazzone che pareva non voler più finire è salita su un’afa da serra tropicale, vi pare?!

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La colpa dell'ossessione per questo dolce e di tutte le sue successive varianti, in tempi non sospetti, quando cioè ero lontana anni luce dall’idea di aprirmi un blog, è stata tutta della bravissima Federica!
E di questa sua ricetta al solito molto ben fatta, con indicazioni precise, dosi esatte, insomma, una garanzia. Tant’è che l’ho realizzata quasi subito dopo la pubblicazione del suo post ed essendo rimasta colpita dalla morbidezza e dalla consistenza molto particolare di questo dolcetto (rimane un po’ umido ma risulta cotto alla perfezione e invoglia a mangiarne ancora e ancora….), da allora ne ho preparate varianti tra le più disparate e fantasiose, giocando allegramente sulla base di alcuni dati però assolutamente certi.
Perché sì, il gioco è proprio questo: stesse quantità, medesimi ingredienti (magari variando giusto un po’ le farine, se proprio si vuole strafare..), identiche proporzioni, solo infinite altre combinazioni di gusti e sapori secondo quello che la fantasia, di volta in volta suggerisce.
E allora, nel tempo, ho provato:
-Albicocca più gocce di cioccolato
-Ciliegia più mandorle
-Frutti di bosco/fragole  più cioccolato bianco
-Fichi più noci
-Crema di marroni più nocciole, con yogurt alla nocciola o al caffè (questo è buonissimo!!)
Questa è stata la volta della  marmellata di limoni di Sicilia, dello yogurt dello stesso gusto e dello zenzero al posto della cannella.
Ah e poi occhio che il gioco finirà per prendere la mano un po’ a tutti: io avrei messo i pistacchi al posto delle noci, ma c’è chi ha tifato strenuamente per gli anacardi e allora, per una volta…accontentiamoli sti mariti, va!


Ingredienti (x uno stampo da 30 cm di lunghezza)
100 gr di farina 00
100 gr di farina integrale
50 gr di maizena
150 gr di zucchero di canna
150 gr di marmellata di limoni di Sicilia
75 gr di olio di semi
50 gr di anacardi al naturale (non quelli salati!) tritati grossolanamente
2 uova
1 yogurt al limone (o agli agrumi di Sicilia o bianco cremoso)
1 bustina di lievito
1 bustina di vanillina
½ cucchiaino di zenzero in polvere
1 pizzico di sale

Procedimento
Preriscaldare il forno a 170°.
Sbattere le uova con lo zucchero e il sale finché non diventano gonfie e spumose; unire l’olio, lo yogurt e la marmellata continuando a mescolare. Aggiungere anche le farine setacciate con il lievito, la vanillina e lo zenzero formando un composto omogeneo.
Foderaro lo stampo da plumcake con carta forno e versarsi il composto dopo avervi amalgamato anche gli anacardi tritati con l’aiuto di un cucchiaio di legno e far cuocere per circa 35 minuti.
Fare sempre la prova stecchino: nel caso in cui dovesse uscire ancora umido, coprire il plumcake con un foglio di alluminio e proseguire la cottura per altri 5 minuti.
Servire spolverizzato di zucchero a velo.
..Non paga l’ho tagliato a metà nel senso della lunghezza e farcito con un po’ di lemon cheese rimasto dal viaggio a Londra!

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